lunedì 1 Luglio 2024

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Oramai guerra etnica in Kirghizistan


Una strage e poi il suo inevitabile, tragico strascico della fuga di massa, dei profughi che scappano dalle violenze, dalla fame, dalla  morte, dalle fosse comuni. Le vittime dei feroci contrasti etnici in Kirghizistan sono per ora contati a “centinaia”. E’ la stima della Croce Rossa Internazionale sugli scontro tra kirghizi e la comunità uzbeka nel sud del Paese. “I nostri uomini sul posto – scrive la CRI –  ci hanno comunicato che centinaia di persone sono morte negli scontri,  ma è ancora presto per dire quante siano le vittime  perchè molti corpi non sono stati ancora identificati ed altri decessi non sono ancora venuti alla luce”. Intanto, sarebbero circa 300mila le persone in fuga che chiedono aiuto, dopo la decisione dell’Uzbekistan di chiudere le frontiere con il Paese confinante dal quale si riversava un flusso inarrestabile di persone che fuggono. Secondo l’UNHCR – l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati – le persone ammassate in Uzbekistan sono 75mila, ma è un numero in aumento e destinato a superare presto 100mila”I confini meridionali del Kirghizistan sono così invasi da centinaia di migliaia di persone, tutti uzbeki che cercano di sottrarsi agli spietati loro vicini kirghizi. Ed è salito, di ora in ora, il numero dei morti nei cinque giorni di violenze scoppiate la notte del 10 giugno a Osh, seconda città del paese. Le autorità temono che la situazione possa estendersi anche al nord e alla capitale Bishkek, mentre la comunità internazionale fa il conto della tragedia e ripete a tutti appelli alla calma.

Il governo, retto dalla premier ad interim Roza Otunbaieva, chiede intanto la consegna dell’ex presidente Kurbanbek Bakiev e del figlio Maksim, accusati di avere finanziato e fomentato la tragedia in atto nel paese: ma per il primo, la Bielorussia di Aleksandr Lukashenko, che in aprile ha accolto il fuggitivo ex leader, non vuole nessuna estradizione. Il secondo è in stato di detenzione in Gran Bretagna, fermato dagli agenti su ordine dell’Interpol.

Il ministero della sanità kirghizo si è fermato oggi alla cifra di 178 morti per le insurrezioni scoppiate fra giovedì e venerdì scorsi. Ma la stessa Otunbaieva ammette che “il numero reale è assai maggiore”. Fosse comuni sono state viste in molti quartieri di Osh e della vicina città di Jalalabad, e diversi abitanti parlano di almeno un migliaio di cadaveri. Restano anche, secondo il ministero kirghizo, 836 persone ricoverate in diversi ospedali, alcune in gravissime condizioni e molte senza le necessarie trasfusioni.

La zona di confine fra Kirghizistan e Uzbekistan è stata chiusa per ordine di Tashkent, perchè non ci sono più le condizioni per accogliere i rifugiati. Gli inviati dell’Onu hanno accertato che al momento almeno altre 200.000 persone – oltre ai 75 mila rifugiati – sono ammassati nella zona kirghiza. La comunità mondiale guarda con allarme a quello che sta succedendo in Kirghizistan, e che potrebbe allargarsi a tutta l’Asia centrale. Onu, Ue e Osce hanno invitato le autorità di Bishkek a tenere referendum ed elezioni come previsto, per calmare la tensione. Gli Usa e la Russia sono in contatto con il governo kirghizo, e hanno entrambi offerto aiuti umanitari.

Il Kirghizistan, per mezzo della Otunbaieva, ha affermato che il referendum costituzionale del 27 giugno si terrà, come si terranno le elezioni presidenziali dell’ottobre 2011. Una “tregua armata” stasera resiste, e una calma silenziosa ha preso il posto delle violenze di questi giorni. Ma gli uzbeki continuano ad accusare Bishkek delle tragedie subite, e il paese che nel 2005 era riuscito a rovesciare senza tumulti, con una “rivoluzione dei tulipani”, la semi-dittatura ereditata dalla ex Urss, torna oggi alle armi come mezzo politico.
 

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