Presentata nell’aula B della Facoltà di Scienze Politiche della Sapienza, a Roma, un’opera a più mani che indaga sullo stato e sull’avvenire dell’Europa. Europa che significa ? S’interroga uno degli autori.
Partiamo da un dato certo e parzialmente confortante: l’intellighentia s’interroga sul divenire europeo, ci crede, o prova a crederci e si dimostra trasversale al di là degli schieramenti preconcetti.
È quanto è emerso nel dibattito di mercoledì mattina nell’aula B della facoltà di Scienze Politiche in cui è stata presentata l’opera e, con essa, il suo coordinatore, Gianfranco Lizza, professore di Geografia politica ed economica presso la facoltà. Coautori: Sergio Balanino, Edoardo Boria, Giancarlo Giorgi, Emanuele Saltalamacchia, Paolo Sellari e Giuseppe Spezzaferro. Paneuropa è edito dalla Utet.
Il professor Lizza – che ha propagandato la rivista FP di derivazione del Cfr – ha presentato un’ipotesi di duopolio euro/americano sostenendo che una maggior forza al nostro continente darebbe più forza anche agli Usa.
Scettici in proposito i relatori, prof. Silvestri e prof. Spinelli che hanno fatto notare quanto gli americani ci mettano i bastoni tra le ruote, ci osservino in modo maniacale e, attualmente, ostacolino ogni cammino.
Le diverse scuole di pensiero dei due relatori non hanno impedito loro – e questo è il dato positivo – di concordare sui timori e sulle speranze e, soprattutto, di mostrare la convinzione della necessità di alimentare la vocazione all’Europa, una realtà in continuo divenire, per dirla alla Spezzaferro.
Il Viceministro agli esteri, Mancini, ha forse fatto il discorso più interessante. Con toni pacati ma fermi e tutt’altro che vaghi, Mancini ha sollevato la problematica americana ed ha caldeggiato un’emancipazione europea scartando di fatto la positività di un prolungato vassallaggio.
Quest’ultimo intervento, unitamente a quelli degli altri relatori, lascia intravedere la possibilità di una convergenza oggettiva, al di là dagli schieramenti elettorali, in una politica estera comune e coerente, così come accade in gran Bretagna ed in Francia da tempo immemorabile.
Che una politica estera italiana non possa prescindere da una compattezza europea e, soprattutto, da una visuale mediterranea, è evidente. Che non possa resuscitare se non viene ridotta l’ingerenza americana e quella del grande alleato mediterraneo del Pentagono è altrettanto chiaro.