lunedì 1 Luglio 2024

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Fini e Bersani da Fazio: due mummie nel deserto.

 

Non succede spesso di vedere il presidente della Camera e il segretario del Pd nell’insolita veste di portavalori. Eppure, nella vertigine della lista in cui li ha precipitati il programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano, i due hanno accettato di andare in tv proprio nel giorno in cui i futuristi finiani hanno preso congedo dal governo. Ma prima dei valori c’è il disprezzo dei valori.

Saviano ha messo in scena, con l’aiuto di Antonio Albanese, la leggenda delle tre organizzazioni criminali (mafia, ‘ndrangheta, camorra), ha parlato dei loro irremovibili codici d’onore. Per descrivere l’oggi è risalito al racconto di Osso, Mastrosso e Carcagnosso i «padri fondatori» della mafia che ordinavano vendette sanguinose salutandosi nel nome dei santi. Ieri sera era molto didascalico, quasi da powerpoint, sembrava Alberto Angela che spiega le catacombe. Gli è sfuggita persino l’espressione «il mio pubblico». Ha radiografato la mafia del Nord (immaginiamo con quanta gioia Roberto Formigoni e il ministro leghista Maroni abbiano ascoltato l’orazione), l’ha descritta come un centro internazionale del narcotraffico, ha citato un po’ a sproposito Gianfranco Miglio, ha fatto un appello alla «parte sana» dei calabresi. Saviano meglio dell’esordio, ma l’inchiesta che Roberto Iacona aveva fatto a settembre sullo stesso argomento era parsa più efficace. Questione di codici. Linguistici.

Ma il clou della serata sono stati gli elenchi di Pier Luigi Bersani e di Gianfranco Fini, definiti rispettivamente «valori della sinistra» e «valori della destra». Senza un briciolo di espressività, Bersani ha fatto la lista dei classici luogocomunismi: lavoro, giustizia sociale, energia pulita. Un po’ più vivace Fini: la destra è aver fiducia negli italiani, essere solidali e generosi, la destra è avere istituzioni politiche autorevoli, rispettate. La cosa che lascia perplessi è che ormai «destra» e «sinistra» sono vecchie e agonizzanti categorie storiche, da tempo inutilizzabili come categorie del pensiero. Parlare ancora di «valori di destra» o di «valori di sinistra» è una sorta di coazione karmica o, come direbbe Daria Bignardi, di pesantezza karmica. Ha ancora senso andare avanti con queste etichette? Siamo ancora al chi è lento e chi è rock?

Il gusto della lista non deriva solo dal libro di Umberto Eco. Già ai tempi di Anima mia, Fazio lo ricercava con ardore. Solo che allora si trattava di cianfrusaglie nostalgiche, di oggettistica del cuore, di arredo sentimentale. Qui, signore e signori, si parla di valori. Nell’era rischiosa della convergenza.

 

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