lunedì 13 Ottobre 2025

Penso a voi o morti di febbraio

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altSessantasei anni fa hanno ucciso il poeta

Robert Brasillach. Imputazione: poeta.
Nel sabba della “liberazione” i delinquenti ebbri di odio che somministrano la giustizia sommaria vogliono la sua pelle. Ne catturano la madre minacciando di assassinarla. Lo scrittore e poeta allora si consegna.
Nel novembre 1944  viene trasferito nel carcere di Fresnes. Il processo è una farsa: accusato di intelligenza col nemico, Robert Brasillach viene condannato a morte. Alla lettura dell’incredibile sentenza una voce dal pubblico urla indignata: “E’ una vergogna!”. Calmissimo, Brasillach ribatte: “E’ un onore!”.
Verrà fucilato a Montrouge il giorno 6 di febbraio. Esattamente undici anni dopo la massiccia manifestazione popolare antiparlamentare ad opera delle destre francesi repressa nel sangue dal governo democratico, sangue che diventa il simbolo e la semente della Francia nationaliste.
I “liberatori” che hanno codici morali da mafiosi di basso livello, vogliono che sia ucciso proprio quel giorno, per aggiungere la beffa e lo sfregio all’assassinio.
Robert lo aveva intuito. Il primo febbraio aveva lasciato scritto:

Le ultime fucilate continuano a lampeggiare
Nel giorno indistinto in cui sono caduti i nostri.
Con undici anni di ritardo, sarei dunque uno dei vostri?
Io penso a voi stasera, o morti di febbraio.

Il poeta verrà assassinato alle 9,38 di mattina, gridando “Vive la France!”
Aveva lasciato scritto:

Il mio Paese mi fa male per le sue vie affollate,
per i suoi ragazzi gettati sotto gli artigli delle aquile insanguinate,
per i suoi soldati combattenti in vane sconfitte
e per il cielo di giugno sotto il sole bruciante.
Il mio Paese mi fa male in questi empi anni,
per i giuramenti non mantenuti,
per il suo abbandono e per il destino,
e per il grave fardello che grava i suoi passi.
Il mio Paese mi fa male per i suoi doppi giochi,
per l’oceano aperto ai neri vascelli carichi,
per i suoi marinai morti per placare gli dei,
per i suoi legnami troncati da una forbice troppo lieve.
Il mio Paese mi fa male per tutti i suoi esilii,
per le sue prigioni troppo piene, per i suoi giovani morti,
per i suoi prigionieri ammassati dietro il filo spinato,
e tutti quelli che sono lontani e dispersi.
Il mio Paese mi fa male con le sue città in fiamme,
male contro i nemici e male con gli alleati,
il mio Paese mi fa male con tutta la sua giovinezza
sotto bandiere straniere, gettata ai quattro venti,
perdendo il suo giovane sangue in rispetto al giuramento
tradito di coloro che lo avevano fatto.
Il mio Paese mi fa male con le sue fosse scavate,
con i suoi fucili puntati alle reni dei fratelli,
e per coloro che contano fra le dita spregevoli,
il prezzo dei rinnegati piuttosto che una più equa ricompensa.
Il mio Paese mi fa male per la sua falsità da schiavi,
con i suoi carnefici di ieri e con quelli di oggi
mi fa male col sangue che scorre,
il mio Paese mi fa male. Quando riuscirà a guarire?

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