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A Nord ma senza bussola

Incontro al sessantaseiesimo parallelo

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“Sembra che tutto si presenti due volte, una come tragedia e una come farsa” scriveva il lucidissimo Engels. La sua frase, leggermente modificata, è stata poi erroneamente attribuita a Marx.

Nei prossimi giorni analizzeremmo l’incontro “al vertice” in Alaska, ispirato al copione di Jalta, che per il momento mostra tratti grotteschi che ricordano la caricatura “Il grande dittatore” in cui Charlie Chaplin attribuiva al Cancelliere e a Sua Eccellenza un mentale e una logica di gestione che non ebbero mai, ma che in compenso sono molto vicini a quelli di Trump.

Non possiamo mettere la mano sul fuoco che l’incontro odierno in Alaska sia una grande buffonata


Se è stato preceduto da contatti segreti multilaterali per tessere la trama di quello che verrà posto sul tavolo, potrebbe anche avere un senso che non sia quello della spettacolarizzazione del vorrei ma non posso di due narcisisti.
Perché però quest’incontro possa davvero realizzare qualche cosa, le condizioni multilaterali da soddisfare sono così tante che è lecito dubitarne.

Cosa vuole Trump o chi per lui?

Fare accettare ai russi la totale subordinazione e un ruolo non più di secondi ma di gregari. In pratica una degradazione rispetto a Jalta.
La Russia dovrebbe accettare di ammettere (non pubblicamente ma in privato) gli effetti disastrosi del suo tracollo che, da quando si è impantanata nella “operazione speciale” non le è costata soltanto enormemente in termini economici e diplomatici, ma l’ha vista estromessa dal Mediterraneo, messa ai margini del Mar Nero, e perdere il grosso dell’influenza nello spazio eurasiatico.

L’ultima pugnalata nel fianco della Russia in disarmo è stata la firma la scorsa settimana del TRIPP tra Usa, Azerbaijan e Armenia, con l’approvazione di Ankara, che toglie a Mosca per 99 anni la presa sul Caucaso e l’intero Turkestan.
Il tutto mentre la Cina si sta mangiando il resto del vicinato eurasiatico dei russi.

Quindi

La sola cosa sensata che Trump può offrire ai russi sempre più ridimensionati è chiedere loro una sottomissione di fatto – sia pure contrabbandata da revival anni quaranta da vendere alle masse – e pretendere che accettino il loro totale ridimensionamento per poter essere usati come cerniera negoziale con la Cina.
Che poi è il vero obiettivo americano: andare a trattare con la Cina potendo avere dei sostegni separatamente da Europa, Russia e Giappone.

In cambio di questo, la Casa Bianca può offrire due cose al Cremlino: un’intesa sul Mare Artico, che è il solo in cui i russi ancora hanno un peso, e una chiusura dignitosa della guerra in Ucraìna.

Ma quali elementi ha Trump per poter dare seguito alla sua offerta?

Quella sul Mare Artico è una formalità o meglio una mascherata, perché di fatto le cose stanno già così, può solo arricchire un po’ un piatto che già c’è.

Per l’Ucraìna che può fare? Bloccare l’invio di armi? Prima che si realizzi, l’autunno sarà già inoltrato e se la Russia non sarà riuscita in quello sfondamento che fallisce da tre anni e mezzo, starà già nei guai.
Dare il suo sostegno satellitare all’esercito russo per vincere in Ucraìna?
L’acquisto di armi in Usa da parte degli europei e il rilancio a spese nostre dell’industria americana è già in discussione in tutte le cancellerie che davanti a tanto cinismo contrario a tutti i nostri interessi potrebbero rivolgersi altrove, come già ipotizzano.

Senza contare che lo strapotere di Trump è limitato e non è assolutamente certo che possa imporre una scelta così sfacciata all’establishment americano.

Potrebbe Mosca accettare di fungere da viceré macroregionale di fronte alla Cina per conto degli americani?

Considerato quanto si è legata mani e piedi a Pechino cui ha venduto le natiche addirittura a strozzo, è difficile immaginare che abbia margine di manovra sufficiente per seguire i desiderata trumpiani. Senza contare che in un simile scenario dovrebbe mettersi a giocare di fino con gente intelligentissima, essendo la propria particolarmente rozza e pesante.

Va bene che in Russia sono presuntuosi e ottusi, ma ci sarà pure un limite?

E cosa vuole Putin?

Uscire dal disastro nel quale si è infilato, riuscendo a spacciare all’opinione pubblica il suo capolavoro suicida come un trionfo.
E quali possono essere le concessioni che è disposto a fare?
Praticamente nessuna, giusto qualche presa in giro che possa essere impugnata dai chiacchieroni per dimostrare che l’Ucraìna non vuole la pace. Ovvero che non vuole capitolare senza aver perso la guerra.

Lo scambio di territori può esserci?

Trump ha annunciato urbi et orbi che raggiungerà la pace offrendo uno scambio di territori.
Come battuta è carina.

Allo stato attuale delle cose nessuno ha perso la guerra e non c’è ragione perché accetti di cedere.
A parte il fatto che Zelensky non avrebbe neppure l’autorità per firmare la rinuncia alle terre ucraìne occupate, cosa potrebbe mai offrire la Russia in cambio?
Assolutamente niente visto che ha addirittura messo in costituzione l’annessione di oblast ucraìni mai conquistati per ora.
Peraltro Mosca è chiarissima sul futuro che pretende per Kyev: una sovranità limitata sotto controllo russo e l’esclusione sia dalla Ue che dalla Nato.

L’Ucraìna potrebbe capitolare solo se sconfitta, e non lo è. In quanto a Putin, se accettasse di accordarsi a metà strada (ovvero con il riconoscimento della sovranità sul Donbass e la Crimea, ma con l’evacuazione di altri territori semicontrollati e la libertà per Kyev di dotarsi di una difesa militare occidentale o europea), avrebbe grosse difficoltà a spiegare in casa sua il senso di una guerra così lunga, dissanguante e disastrosa soprattutto nelle conseguenze esterne, per ottenere poco più di quello che fattualmente esisteva quando ha scatenato la guerra.

E per quanto l’opinione pubblica abbia poca memoria e poca concentrazione e, specie in Russia, sia abituata ad essere mandria pascolante, troverà sempre qualcuno tra i suoi rivali al vertice che gli ricorderà che se avesse accettato le condizioni di Macron e Scholz, si sarebbe risparmiato tutto questo.

Francamente non si capisce a quale “scambio di territori” possa pensare Trump.

Vedremo oggi se il “pacchetto” offerto da Trump e la conclusione raggiunta con Putin

saranno la risultante di un lungo lavoro sotterraneo e multilaterale o se, cosa più probabile, sarà solo una sceneggiata volta, magari, a giustificare qualche vigliaccata americana verso gli europei.
Ma se il secondo scenario è quello reale, si sta facendo i conti senza tutti gli osti.

Sicché potrebbe perfino verificarsi che il suo effetto sia l’opposto di quello perseguito.
Ovvero che a prendere quota sarà proprio il vertice europeo messo in moto all’antivigilia e che gli europei e i cinesi finiranno con l’intendersi direttamente tra loro.


Sarebbe il gran fallimento in Alaska

Sui media e per diversi giorni Trump canterà comunque vittoria, ma gli effetti saranno probabilmente diversi.
Per poter realizzare quello che ha in mente, deve prima accordarsi con cinesi ed europei e poi permettere ai russi di cambiare padrino al Cremlino al fine di avere le mani più libere per trattare i termini del nuovo vassallaggio.

Altrimenti non ci sarà una via d’uscita solida e duratura.

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