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A scuola di francese

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Ma siamo allievi svogliati e indolenti

L’interlocutore privilegiato in Italia per il presidente francese Emmanuel Macron rimane il capo dello Stato Sergio Mattarella. Non è una scoperta odierna, dato che da tempo il filo diretto tra Eliseo e Quirinale ha portato a un continuo confronto diplomatico e politico e negli ultimi anni la presidenza della Repubblica ha aumentato da tempo la sua postura da referente internazionale del sistema-Paese. Ma le parole del presidente francese in occasione di un incontro con la stampa europea, alla presenza anche di Repubblica, sono significative visto il contesto di crisi che vive l’Italia.
Macron, parlando con la stampa, vuole evitare qualsiasi riferimento che possa dare adito a un tentativo di inserimento nella crisi italiana, ma dichiara che a suo parere grazie alla supervisione di Mattarella l’Italia è in buone mani: “Esprimo il mio sostegno e la mia amicizia al presidente Mattarella, che ancora una volta avrà un ruolo molto importante nelle prossime ore e nei prossimi giorni per trovare un equilibrio politico”. Mattarella è ritenuto uomo capace di dialogare in maniera raffinata con Parigi, avendo mediato la trattativa per risolvere l’incidente aperto da Luigi Di Maio dopo l’incontro coi Gillet gialli nel 2019 e portato avanti le discussioni per il complesso Trattato del Quirinale. Al contempo, Macron si augura che “la soluzione venga trovata presto e che l’Italia possa beneficiare del Recovery Fund”, sottolineando quale sia in questo momento la principale preoccupazione della cancellerie europee: vedere un sistemico ritardo dell’Italia che ostacoli la ripresa comunitaria.

Parigi nel corso della crisi del Covid-19 ha perseguito i suoi interessi su diversi piani: da un lato, ha mostrato apertura verso le istanze degli altri Paesi mediterranei e del Sud Europa (Italia, Spagna, Grecia, Portogallo) sul contrasto all’austerità e la mutualizzazione del debito; dall’altro, assieme alla Germania ha scritto autonomamente le regole del gioco mettendo ai margini l’Italia di Giuseppe Conte, che ha potuto sì beneficiare delle istanze comuni ma è stata esclusa dalle principali negoziazioni (dalla prima bozza del Recovery Fund al rilancio della strategia politica sulla riforma del Mes). Utilizzando i buoni uffici della sua donna al timone della Bce, Christine Lagarde, il governo francese ha contribuito a schermare il debito pubblico italiano con una serie di acquisti di titoli e politiche di alleggerimento delle tensioni, contribuendo a difendere i bilanci delle sue banche, ma non ha mai cessato di ritenere Roma un interlocutore di secondo piano: il recente stop all’affare Fincantieri-Stx, che è stato promosso in nome dell’interesse nazionale di Parigi, segnala come la Francia veda il nostro Paese come un junior partner.
Ciononostante, la Francia avrebbe molto da perdere da un’Italia eccessivamente indebolita, non fosse altro che una crisi sistemica del nostro Paese sul fronte politico e finanziario travolgerebbe anche gli importanti asset industriali e finanziari da essa detenuti oltre le Alpi. Chiarificati i ruoli, Macron può dunque permettersi di augurare ogni successo all’Italia sul Recovery Fund, terreno in fin dei conti di un comune interesse.
A ben guardare, l’auspicio di una pronta risoluzione della crisi (che di nuovo governo o di ritorno alle urne si tratti non ha importanza) e di una fine delle ambiguità della crisi in corso è in un certo senso anche il nostro. Perché? Basta vedere al proseguio dell’intervista di Macron alla stampa europea. Ennesima certificazione del fatto che l’inquilino dell’Eliseo, al pari della collega tedesca Angela Merkel, ha le idee chiare sui piani per il rilancio del suo Paese dopo la pandemia e per il suo ruolo negli scenari internazionali, oltre che una comprensione delle problematiche odierne. Tutto ciò che mancava al declinante governo Conte II, collassato dopo mesi di tentativi di sopravvivere a sé stesso e alla crisi sistemica del Paese.

Macron conferma di avere una visione globale. La stessa che ha presentato nella recente intervista a Le Grand Continent sulla sua “dottrina” per le relazioni internazionali e la sovranità europea, nei progetti strategici per la Difesa francese del futuro e nell’intervento al recente Forum di Davos in cui ha lanciato una forte critica agli eccessi del capitalismo contemporaneo e messo in dubbio la sua sostenibilità sul lungo periodo. Ragiona a mente fredda sulla crisi delle forniture di vaccini all’Europa e salomonicamente ammette le difficoltà nel costruire una catena produttiva, industriale e logistica per evitare che si verifichino casi come quelli delle inadempienze delle case chiamate a scegliere tra diversi destinatari delle dosi: “Quello che questa crisi ci sta dicendo è che la Twingo impiega più tempo per essere prodotta rispetto alla Tesla che non era mai stata prodotta prima. È esattamente quello che è successo”, ragiona attraverso una metafora automobilistica rasserenato dall’incasso del contratto di produzione su licenza del vaccino Pfizer da parte della francese Sanofi.

Macron parla da statista a capo di una nazione con ambizione di rilevanza globale: elogia i primi dialoghi intercorsi con Joe Biden (che ha snobbato platealmente l’Italia), parla di “dialogo strutturante” con la Cina e non esclude aperture alla creazione di legami tra la solidarietà occidentale fondata sulla Nato e i disegni di sovranità europea tratteggiati dalla Francia, che nelle ultime settimane stanno espandendosi dal cloud dati (Gaia-X) alla partita per lo spazio. Non mostra alcun imbarazzo sul tema della Legion d’Onore concessa al presidente egiziano al-Sisi, “alleato contro il terrorismo”, immagina un dialogo triangolare con Iran, Israele e Arabia Saudita sul fronte mediorientale e il ritorno in auge degli accordi sul nucleare.
Insomma, Macron ha una precisa agenda, al contrario di quanto possa dire il governo italiano uscente o delle eventuali ambizioni di una futura coalizione simile a quella giallorossa. Le taglie differenti della potenza italiana e di quella francese non giustificano gli stop sulla riflessione di politica internazionale dell’esecutivo di Giuseppe Conte, il pressapochismo di fronte ai grandi cambiamenti globali, il trinceramento provincialista sulle beghe di condominio interne. Non a caso Macron preferisce il dialogo con Mattarella come molti altri leader internazionali: il Quirinale rappresenta il potere solido, che dura e può pensare strategicamente oltre le proprie competenze istituzionali esplicite. Leggere ogni intervista-fiume concessa da Macron significa entrare nei flussi di coscienza di un leader che, indipendentemente dall’opinione che si possa avere a suo riguardo, ha un quadro completo della complessa dinamicità del mondo contemporaneo. E plasma strategie politiche volte a preparare la sua nazione alle sfide del presente e del futuro. Quel che ci auguriamo possa accadere in Italia, per quanto le soluzioni prospettate per la fine della crisi tra cui Mattarella dovrà scegliere appaiono come ispirate a un piccolo cabotaggio e non al rilancio del Paese dopo la pandemia di cui l’Italia ha bisogno.

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