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Alemanno è preoccupato

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Istanbul conta di togliergli l’unico successo tangibile del suo mandato

L’arrivo di Istanbul nella corsa olimpica per il 2020 è, per Roma, Madrid e Tokyo che già si erano candidate, l’occasione di una riflessione. La città turca rappresenta un Paese in espansione economica, il che non vale per le altre tre città capitali, tutte alle prese con manovre, indignados e catastrofi varie. Il tasso di crescita, che in Turchia dicono sia stato dell’11 per cento e non dello zero virgola come negli altri casi, è una buona carta, ma non la sola che conti. E’ un buon argomento, ma non è quello decisivo. O almeno: non dovrebbe esserlo più della sostenibilità, che può essere garantita in altro modo. Come quello di Roma, per esempio, città che già olimpica è per molte strutture sportive e che ha fatto di una modernizzazione non sprecona una bandiera per il futuro. Un altro buon argomento per Istanbul è la sua stessa collocazione geografica: un ponte fra due continenti e due culture, l’Europa e l’Asia, il cristianesimo e l’Islam, un mondo quest’ultimo nel quale i Giochi non si sono mai organizzati.
Certo, da qui al 2013, 7 settembre, giorno dell’assegnazione, il mondo potrà ben essere un altro, con la velocità alla quale sta cambiando. Roma deve superare l’incognita che sempre ci accompagna, noi guelfi e ghibellini, Coppi e Bartali, Roma-Lazio, Milan-Inter, Juve-Toro, Genoa-Samp, Callas e Tebaldi, Lollo e Loren. L’unione di tutti è la precondizione. E la possibilità di vedere in questa sfida olimpica un altro piccolo-grande- rinascimento, come quello di cui fu emblema Roma ’60. Era l’Italia del dopoguerra che voleva uscire alla ribalta mondiale. Ora non c’è stata una guerra fortunatamente, ma un disastro sì: e per uscirne l’idea dei Giochi del 2020 può essere non una buona, ma un’ottima idea. Non per dar spazio ad affari o cricche (trasparenza e procedure ordinarie prima di tutto), ma per dare una spinta, anche etica, alla volontà di non lasciarci travolgere, tutti noi e le generazioni che verranno. La candidatura olimpica è una speranza: non buttiamola a mare. Non rappresenta un sogno ma una possibilità: non molte ce ne sono rimaste.

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