lunedì 14 Ottobre 2024

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Ma si pensa di controllare i fondali

Raggiunto in extremis all’Onu un accordo sul Trattato per la protezione dell’Alto mare (lo spazio marino che si estende oltre le acque territoriali), ecosistema che produce metà dell’ossigeno che respiriamo, rappresenta il 95% della biosfera terrestre e assorbe anidride carbonica come nessun altro bacino sulla terra.
L’accordo è stato definito un giorno dopo la scadenza prevista per la sessione di negoziati iniziata al Palazzo di Vetro lo scorso 20 febbraio, dopo una maratona di 38 ore di trattative non stop. La presidente della conferenza Rena Lee ha annunciato il raggiungimento di un accordo. Prossimamente, i delegati dei Paesi si incontreranno per adottare formalmente il testo che non può essere rinegoziato.

L’intesa, raggiunta grazia a una inedita coalizione fra Ue, Usa, Gb e Cina, prevede la protezione di un terzo dei mari entro il 2030, come previsto dall’impegno, tuttavia non vincolante, preso dalla Conferenza dell’Onu sulla biodiversità. E’ stato formalizzato il quadro giuridico per istituire zone marine protette e prevista una conferenza delle parti (Cop) che si riunirà periodicamente per discutere di biodiversità e governance. L’accordo riguarda quasi i due terzi degli oceani oltre le acque territoriali dei Paesi.

I negoziati si erano incagliati sulla condivisione delle risorse genetiche marine (il genoma di coralli, spugne, batteri) e gli eventuali profitti generati dalla loro commercializzazione in farmaci e cosmetici per esempio, e la procedura per la creazione di zone marine protette. L’Unione europea ha messo sul tavolo 40 milioni di dollari per facilitare la ratifica e l’attuazione iniziale dell’accordo. Il Trattato segue la Convenzione Onu sul diritto del mare sottoscritto nel 1982.

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