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Alleanza addio

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L’equinozio di primavera è coinciso con la fusione tra Forza Italia e Alleanza Nazionale nel Pdl. Questo matrimonio avrebbe potuto celebrarsi nel noventesimo della fondazione dei Fasci di Combattimento, il che avrebbe fatto balzar giù dalla sedia i dirigenti alleanzini, ma il caso ha voluto che si sugellasse il 22, una data più cara agli anarchici e ai gappisti di Feltrinelli. Sicché la struttura quindicennale che ha coronato il lungo trasformismo almirantiano assiste da defunta alla celebrazione di San Sepolcro. Il caso a volte ama il decoro.  

I nostaglici di AN

AN ha chiuso il suo ciclo e già c’è chi la rimpiange e  ne rivendica la continuità: gli stessi che fino a ieri le sbraitavano contro. Questo matrimonio annunciato non ha mai cessato di suscitare  mugugni e rimpianti. Come avevamo previsto già diversi anni addietro, la destra refrattaria, quella che a Fiuggi aveva urlato al tradimento, ha finito, un passo dopo l’altro, col rimpiangere quel che l’indignava ieri, con il considerarne un delitto la  scomparsa fino a proporsi di relizzarne una rifondazione. C’è già una chiamata al, solito, ultimo quadrato. Come sovente accade,  i reazionari sempliciotti difendono sempre l’ultimo passo compiuto, dimentichi che  lo detestavano un attimo prima. Chi vive di torcicolli e di autobus mancati cerca sempre altri con cui condividere il piagnisteo ed è così che, immancabilmente, ogni refrattario si sposta, anno dopo anno, sulle posizioni che solo dodici mesi prima riteneva inaccettabili perché lì spera di trovare altri ritardatari e altri sbandati con i quali blaterare insieme.

La miglior prova dello spirito con cui i refrattari si oppongono alla confluenza di AN nel Pdl sta nel genere di accuse che le rivolgono:  di aver rinunciato a definirsi esclusivamente di destra e di avere metodi di gestione politica  poco democratici. Se le ragioni di critica fossero quelle che le vengono rivolte dalle sue appendici a destra, personalmente non avrei il minimo dubbio a schierarmi con la trapassata AN, oggi corrente del Pdl, piuttosto che con i suoi lamentosi emuli.

Ma le cose della politica sono molto diverse da come le vedono i refrattari della destra terminale e non c’è alcuna ragione per lasciarsi coinvolgere negli schemi astratti e fuorvianti che questi prospettano. Né per condividerli né per schierarsi al polo opposto di una dualità davvero insignificante e virtuale.

Cos’è il Pdl

Il Pdl, questo ?partito di plastica? come lo hanno definito la Santanché e la Poli Bortone, è in realtà un partito trasformista, populista, semplificatore, con il gusto del cesarismo, dell’efficientismo e del decisionismo. Esso è, insieme con la Lega, che deve però rispondere ad altre esigenze, il solo soggetto politico che abbia finora colto le tendenze psicologiche ed emotive generali. Le ragioni per le quali le sinistre, i micro-centri e le piccole appendici di destra lo contestano ? che poi sono  tutte ragioni dettate da una cultura politica di Prima Repubblica ? sono precisamente i suoi punti di forza e non, come i paleolitici credono, i suoi lati deboli. L’essere perfettamente in sintonia  con il trasformismo ristrutturatore, come altrove capita a Zapatero, Sarkozy o Putin, fa la forza di Berlusconi e spiega come mai, in piena aria di crisi, perdono più colpi le opposizioni del governo, che anzi finora cresce nei consensi; al punto che persino la protesta degli studenti contro la riforma Gelmini si è paradossalmente accompagnata con un aumento di voti negli atenei per le liste governative e la scomparsa, o quasi, di quelle d’opposizione.  

Luogo di faglia

Prendere atto di ciò, che è doveroso, non significa fare il tifo per il Pdl, né confonderlo con un partito peronista italiano. Nel Pdl confluiscono sia uomini di mediazione come Berlusconi, sia uomini di mediazione e appartenenza, come Tremonti, sia uomini con le idee chiare, eredi di una linea craxiana, come Sacconi e Brunetta, sia tanti arrivisti di piccola statura, sia uomini garanti di poteri forti, come Pisanu, Martino, Fini. IL Pdl non è un diamante aguzzo è un luogo di faglia nel quale confluiscono conflitti e conflittini, né più né meno di quanto accade nella maggioranza presidenziale francese.

Chi vuol fare politica per ambizioni nazionali, per amore di popolo e con il desiderio d’incidere sulla realtà, deve prendere atto di tutto questo. E, una volta preso atto, deve saper giocare di cuneo, di sponda, di leva. Per un’azione a domino, incentrata sulla trasversalità e che, ovviamente, avvantaggi i mediatori e i craxiani sui rappresentanti-impiegati dei poteri coloniali.

Un moncherino

Trasversalità sottintende attraversamento: di movimenti sociali e culturali ma anche di rappresentanze politiche. Ora, fino a quando non cambierà registro, è evidente che, Lega a parte, fuori del Pdl ci sono solo ectoplasmi che inseguono farraginosamente strade tortuose e che rivendicano, ciascuno a modo loro, la Costituzione (antifascista), la democrazia delegata (oligarchica e anti-nazionale). Fino a quando le due appendici non usciranno dal proprio torpore e dal loro spirito controrivoluzionario, incentrato sulla routine borghese e sull’ inseguimento/spartizione dei rimborsi elettorali, un sistema di forze rigeneratore resterà zoppo, anzi mutilo perché ha un moncherino al posto di una gamba.

Presa d’iniziativa

Le imminenti elezioni europee potrebbero fornire una buona occasione. Per le sinistre per uscire dall’antifascismo/antiberlusconismo e proporre infine nuove mobilitazioni sociali. Per le destre per esprimere una proposta di Maggior Europa, prospettando le linee di un nazionalismo imperiale che sia sommatoria e sintesi dei nazionalismi rivoluzionari e che si esprima su almeno due direttrici: quella dell’asse boreale come lo definisce Le Pen (da Brest a Vladivostok) e quella del Mare Nostrum (Roma + Atene). Sulla base di una critica positiva e di un’azione di concorrenza accelerata con la Ue e non di framentazione ghettistica; non alla ?no euro? per intenderci.

Una presa d’iniziativa in avanti e non all’indietro sarebbe salutare e potrebbe costituire qualcosa di più di un contrappeso al neocesarismo.  

Purtroppo  

Purtroppo temo che la dialettica elettorale delle appendici di sinistra sarà ancora una volta improntata sul vittimismo unito all’esaltazione di linciaggi e idi di marzo. Il che, a prescindere dalle valutazioni morali, sarà politicamente angusto e sclerotico. Quella della destra sarà ancora una volta incentrata sul tradimento elettorale della truppa di Fini, un tradimento presunto e del tutto soggettivo dal momento che fino ad oggi gli elettori non sembrano essere stati di questo avviso. Spero di sbagliare ma sono del parere che tutta la vis polemica delle destre sarà ancora una volta a targa terminale. Critiche soggettive alla casa madre (perché a quanto pare si sentono tutte figlie della Scrofa), battute tra il comico e l’insolente, denuncia di pericoli di dittatura (magari fosse vero!), rifiuti di ogni novità, antieuropeismo, ripiego nei cliché più ovvi dettati dalle nevrastenie borghesi, una serie di no e, ogni tanto, qualche auto/inganno, magari cercando sponda contro l’immigrazione  nel ?quadrato cristiano?, ignorando che la Chiesa ne è la principale attrice e che se ne vanta pubblicamente. O ipotetiche panacee come l’uscita dagli accordi di Shengen. Una soluzione che farebbe di certo comodo ai nostri vicini visto che tratterrebbe da noi qualche centinaio di migliaia di immigrati in più che oggi possono invece recarsi in paesi più ricchi ed accoglienti.

Valori e bottino

Se le cose, di qui a giugno, resteranno tali e quali, assisteremo all’allargarsi ulteriore di una forbice tra chi in qualche modo (in qualunque modo) è in politica e chi, invece, dalla politica è sempre più lontano. Quanto più è lontano tanto più si abbarbica a cristalli sloganistici, a chimere e a malintesi. E mentre alcuni, oltre a spartirsi il bottino elettorale, se non altro amministreranno, i loro critici ?puri e duri?, come accade dal 1994 senza soluzione di continuità, non potranno fare altro che sbranarsi tra loro per i soldi che l’odiato sistema regala puntualmente agli ?antagonisti?. Ovviamente si sbraneranno come sempre in nome dei Valori. Con la v maiuscola.

Buona primavera!

Gabriele Adinolfi

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