Forse, chissà!
- MISTERI E MERAVIGLIE DEL MONDO BLU
Gli oceani sono ancora in parte sconosciuti. Quali meraviglie ti hanno più colpito nella tua carriera?
Più che singoli episodi, mi colpisce ogni volta la sensazione di essere davanti a qualcosa di immenso e vivo, in continuo movimento. La prima volta che ho visto un canyon sottomarino in tempo reale, attraverso le immagini di un robot sottomarino, i canti delle balene che risuonano per migliaia di chilometri, il continuo frangere delle onde sulla costa. Ma forse la cosa più sorprendente è la capacità degli oceani di essere insieme archivi della storia del pianeta e motore del suo futuro. Ogni prelievo di sedimento racconta eventi di milioni di anni fa, mentre ogni corrente trasporta calore, vita e segnali che riguardano il nostro domani. È questo equilibrio fra memoria e trasformazione che, ancora oggi, continua a meravigliarmi.
E cosa, invece, ancora non conosciamo? Cosa ci manca per scoprire davvero gli abissi?
Solo il 5 percento dei fondali oceanici è stato davvero esplorato, e meno del 30 per cento è stato mappato a una risoluzione di 100 metri. La stragrande maggioranza dei fondali del mondo è conosciuta con risoluzioni molto basse, oltre il chilometro. Per conoscere, proteggere e anche sfruttare in modo sostenibile le risorse dei nostri mari dobbiamo innanzitutto sapere come sono fatti e come è organizzata la vita che li popola. Negli abissi si celano ecosistemi straordinari, catene montuose sommerse più alte dell’Everest e canyon più profondi del Grand Canyon. Ma anche specie ancora sconosciute, adattate a condizioni estreme di pressione, buio e temperatura. Comprendere come funzionano questi ambienti significa anche capire meglio il ruolo degli oceani nel sistema climatico globale, il ciclo del carbonio, il trasporto di calore e nutrienti. Significa individuare nuove risorse genetiche, minerarie e alimentari, valutandone con attenzione rischi e opportunità. E significa, infine, riconoscere agli oceani il loro ruolo centrale non solo per il pianeta, ma per il futuro delle comunità umane.
Come si esplora e si misura un ambiente così vasto e mutevole come il mare?
Esplorare l’oceano significa affrontare una sfida tecnologica e logistica senza paragoni. Si utilizzano satelliti per osservare la superficie e rilevare temperatura, salinità, livelli del mare e correnti su scala globale. Navi oceanografiche equipaggiate con strumenti acustici ed ecoscandagli per mappare i fondali raccolgono campioni di acqua, sedimenti e forme di vita. Veicoli autonomi, robot subacquei e droni marini raggiungono profondità e zone troppo remote o pericolose per l’uomo. Boe e “glider” (alianti marini) misurano in continuo parametri come temperatura, ossigeno e acidità, seguendo le correnti per mesi o anni. In aggiunta, complessi modelli matematici restituiscono una visione dinamica di come il mare si muove, respira, cambia. È un mosaico complesso di osservazioni, tecnologie e saperi diversi che, messi insieme, raccontano la storia quotidiana e millenaria dell’oceano.
- IL CLIMA CHE CAMBIA E IL RUOLO DEGLI OCEANI
Si sente spesso dire che “il clima è sempre cambiato”. Che cosa rende diverso il cambiamento che viviamo oggi?
È vero, il clima della Terra è sempre stato in movimento, tra ere glaciali e periodi più caldi. La differenza, oggi, sta tutta nella velocità, nella causa e nelle dimensioni globali di questo cambiamento. In passato, i mutamenti climatici avvenivano su migliaia o milioni di anni, spinti da fattori naturali come variazioni orbitali o attività vulcanica. Ora, invece, in poco più di un secolo — un battito di ciglia su scala geologica — le temperature stanno salendo a un ritmo mai visto, e per conseguenza diretta delle azioni dell’uomo. Le emissioni derivanti dall’utilizzo di combustibili fossili, la deforestazione e l’inquinamento atmosferico stanno alterando gli equilibri del sistema climatico in modo rapido, profondo e generalizzato sul Pianeta. È come se avessimo premuto l’acceleratore su una macchina senza sapere bene dove porterà la strada.
Qual è il ruolo specifico degli oceani nel regolare il clima del Pianeta?
Gli oceani sono i veri direttori d’orchestra del clima terrestre. Assorbono circa il 90% del calore in eccesso che l’atmosfera trattiene a causa dei gas serra e funzionano come un gigantesco serbatoio termico, capace di ridistribuire questa energia su scala globale. Attraverso correnti come la Corrente del Golfo o la AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation, la Circolazione Meridiana Atlantica), spostano calore dalle zone equatoriali verso i poli, contribuendo a mantenere gli equilibri climatici. Ma non finisce qui: gli oceani assorbono anche un quarto della CO₂ emessa ogni anno, rallentando l’impatto del cambiamento climatico. In cambio, però, si acidificano e si scaldano, con conseguenze su ecosistemi e popolazioni costiere. In sintesi, senza oceani il clima impazzirebbe, e anche noi con lui.
In che modo il riscaldamento globale sta alterando le correnti marine?
Il riscaldamento globale sta dando una bella scossa al motore invisibile degli oceani: le correnti profonde che si basano sull’equilibrio tra salinità e temperatura. Quando il ghiaccio ai poli si fonde (e se ne sta fondendo davvero tanto) riversa acqua dolce e fredda nei mari, alterando il delicato equilibrio di densità che guida i grandi nastri trasportatori oceanici. Le correnti rallentano, cambiano percorso o addirittura rischiano di fermarsi. Un esempio concreto? La AMOC, la circolazione dell’Atlantico che nella sua parte settentrionale tra le altre cose tiene l’Europa più mite di quanto la sua latitudine consentirebbe, è già oggi in affanno. Se si indebolisse troppo, il clima di interi continenti potrebbe stravolgersi in modo catastrofico. Gli oceani reagiscono, e noi sentiamo l’eco di quei cambiamenti ovunque.
- L’IMPATTO DELL’UOMO SUL SISTEMA MARINO
Parli spesso di un sistema climatico interconnesso. Quali danni stiamo arrecando agli oceani?
Quando parliamo di cambiamento climatico, spesso guardiamo solo al cielo, ma i danni più grossi li stiamo facendo sotto la superficie dei mari. Nel tentativo di regalarci più tempo per contrastare il riscaldamento climatico globale, gli oceani stanno assorbendo calore in eccesso e CO₂ come una spugna, e questo li sta cambiando in fretta. Si alzano di livello, si scaldano, diventano più acidi e perdono ossigeno, mettendo in crisi interi ecosistemi. Le barriere coralline sbiancano, i pesci migrano verso acque più fredde, le specie più deboli scompaiono, l’ossigeno nelle lor acque si riduce. Importanti correnti alla base della stabilità climatica iniziano a dare segnali di sofferenza. È soltanto un anticipo, già molto salato, del conto che questo sistema che abbiamo sfruttato senza misura sta iniziando a presentarci. E ci ricorda che oceano, atmosfera, terra e ghiacci sono un unico, fragile meccanismo.
Hai scritto molto sull’innalzamento del livello del mare. Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi anni?
In media oggi i nostri mari si alzano di quasi 5 millimetri l’anno, un valore in continua accelerazione. Le cause vanno cercate nell’espansione termica delle acque, che aumentano di volume come tutti i liquidi riscaldati, e nelle enormi quantità di ghiaccio che si fondono dai Poli. Dalla sola Groenlandia finiscono in acqua ogni anno 290 giga tonnellate di ghiaccio, ovvero 290 miliardi di migliaia di chilogrammi (!): più di tremila volte il peso del Colosseo ogni giorno. Gli scenari prima di fine secolo sono tutti concordi nel dire che il mare si alzerà di molte decine di centimetri rispetto all’inizio, con una forbice più probabile che oscilla tra i 50 e i 110 centimetri, a seconda di quanto bravi saremo nel cercare di limitare le emissioni di gas serra, o addirittura nel diminuire la loro concentrazione in atmosfera. Cosa che però non sta per nulla avvenendo. In sintesi, l’innalzamento del livello del mare è un fenomeno in accelerazione che richiede azioni immediate per mitigare i rischi e adattarsi a enormi cambiamenti in atto; già ora assistiamo ad allagamenti ed erosioni sempre più intense e frequenti. E sarà un immenso problema globale, che interesserà oltre 300 milioni di persone che vivono nelle città costiere prima del 2050;
Guardando al nostro Mediterraneo: che segnali ci sta dando? In che stato di salute si trova?
Il Mediterraneo è un mare piccolo, ma incredibilmente sensibile, e sta lanciando segnali chiarissimi. E’ senza ombra di dubbio un vero “hot spot” per i cambiamenti climatici. Si scalda più in fretta della media oceanica globale, con un aumento di temperatura di oltre 1 °C negli ultimi 30 anni, un’enormità (quasi il doppio rispetto agli oceani globali). Questo provoca migrazioni di specie tropicali che arrivano dal Canale di Suez e sconvolgono gli equilibri ecologici, e favorisce la presenza di meduse, mentre pesci tradizionali come acciughe e sardine faticano. Un mare più caldo significa anche un mare meno ricco di ossigeno, significa coste che arretrano sotto l’innalzamento del livello del mare e mareggiate sempre più violente. Anche gli eventi estremi, come ondate di calore particolarmente intense, sono in continuo aumento. Il Mediterraneo, insomma, è una cartina di tornasole perfetta di quello che accade su scala globale, ma in versione accelerata. Se vogliamo capire cosa potrebbe presto accadere nel resto del mondo, basta guardare qui.
- VITA NEGLI ABISSI E SCOPERTE SORPRENDENTI
Cosa sappiamo oggi degli abissi? È vero che ospitano creature straordinarie e in parte ancora sconosciute?
Nei mari profondi non arriva luce, la pressione è spaventosamente alta, le temperature sono molto basse e quasi costanti, quindi le forme di vita per noi abituali non esistono. Gli abissi sono, di fatto, l’ultima vera frontiera del nostro Pianeta, anche se la tecnologia degli ultimi decenni sta permettendo di arrivarci sempre più spesso e, purtroppo, in modo sempre più invasivo.
Da sempre e per moltissimo tempo sono stati considerati dei deserti liquidi, di fatto senza vita e fondamentalmente inutili. In realtà non è per nulla così, ma lo si è capito solo a fine anni ’70 dello scorso secolo!
Sono zone ricche di sorgenti idrotermali profonde e ricche di biodiversità, che stiamo scoprendo molto lentamente: batteri, gamberi, pesci e altre forme di vita incredibili per forma e dimensione; tutti adattati a vivere a molte centinaia di metri di profondità. In sintesi, gli abissi sono pieni di vita “complessa” che può esistere anche senza la luce solare, altro che deserti liquidi! Ma sono anche molto fragili, soprattutto di fronte a ipotesi di un loro sfruttamento incontrollato, ipotesi che diventa sempre più concreta.
Che ruolo gioca la biodiversità marina nel mantenimento dell’equilibrio del Pianeta?
La biodiversità marina è fondamentale per l’equilibrio del Pianeta. Gli oceani, ricchi di specie diverse, svolgono ruoli cruciali: producono circa il 50% dell’ossigeno che respiriamo, grazie al fitoplancton e alle alghe, e aiutano a catturare il carbonio, riducendo il CO₂ atmosferico. Ecosistemi come le barriere coralline, le praterie di posidonia e le mangrovie immagazzinano carbonio, contrastando il cambiamento climatico. Inoltre, le catene alimentari marine mantengono l’equilibrio tra le specie: se una specie scompare, l’intero sistema può collassare. In breve, la biodiversità marina è un pilastro per il nostro clima, la nostra alimentazione e la salute degli oceani. Se la perdiamo, rischiamo di compromettere questi equilibri vitali.
- NON SOLO SCIENZA: SVILUPPO, POLITICA, GIUSTIZIA
Il rapporto tra oceani e cambiamento climatico è anche una questione sociale. In che modo?
Il rapporto tra oceani e cambiamento climatico è anche una questione sociale, basti considerare quanto le comunità costiere dipendono direttamente dal mare per la pesca, il turismo e la sussistenza. In generale, il riscaldamento globale minaccia queste risorse vitali, colpendo soprattutto le persone più vulnerabili. Come sottolineato da Papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’, la crisi ecologica ha risvolti sociali profondi, amplificando le disuguaglianze. Le popolazioni più povere, spesso meno preparate ad affrontare i cambiamenti, subiscono le conseguenze più gravi. Proteggere gli oceani è, quindi, anche una questione di giustizia sociale, poiché difendere l’ambiente significa tutelare i diritti e il benessere delle persone più vulnerabili. E la questione ambientale non può in alcun modo essere divisa da quella sociale.
Quali sono le connessioni invisibili tra salute degli oceani, modelli economici e giustizia climatica?
Le connessioni tra salute degli oceani, modelli economici e giustizia climatica sono profonde e spesso invisibili. La salute degli oceani dipende dall’equilibrio ecologico che, a sua volta, è influenzato dai modelli economici che sfruttano risorse naturali senza considerare le conseguenze a lungo termine. Lo sfruttamento eccessivo della pesca, il turismo aggressivo senza rispetto dell’ambiente, l’ipotesi di sfruttare in modo non sostenibile le risorse dei fondali marini… sono tutte pratiche legate a un’economia che non tiene conto dei limiti ecologici del Pianeta. Questo crea disuguaglianze, esponendo dapprima le comunità più povere, che dipendono direttamente dagli oceani, a queste crisi. La giustizia climatica richiede quindi un’economia che integri la sostenibilità e la protezione delle persone vulnerabili, mettendo al centro la salute degli oceani.
- TRA SPERANZA E CONSAPEVOLEZZA
Possiamo ancora credere che gli oceani possano aiutarci ad affrontare la crisi climatica?
Gli oceani sono una risorsa fondamentale nella lotta contro la crisi climatica, ma la loro capacità di aiutarci non è infinita. Dipende da quanto saremo in grado di proteggerli e gestirli in modo sostenibile. Certo, possiamo ancora contare su di loro, ma sono sempre più esausti e minacciati. Per evitare il rischio, sempre più concreto, di perdere il loro aiuto, dobbiamo ridurre la nostra impronta su di essi e farlo senza indugi. Conoscere meglio gli oceani, istituire aree protette e interconnesse, limitare al minimo le attività dannose che esercitiamo su di essi, proteggerli dall’inquinamento e ridurre le emissioni di gas serra sono azioni imprescindibili. Solo con un impegno serio e immediato possiamo sperare che gli oceani continuino a svolgere il loro ruolo cruciale (e gratuito) nel contrastare la crisi climatica.
Da uomo e da scienziato, come vivi questa trasformazione globale? Cosa provi nel vedere un mare che cambia?
Da un lato, sono preoccupato e triste nel vedere come i cambiamenti climatici stiano trasformando gli oceani in modo così rapido e tangibile. Il mare che cambia è un segnale forte di un problema globale che riguarda tutti noi. Tuttavia, dall’altro lato, sono anche speranzoso. Vedo crescere l’interesse e la consapevolezza su questi temi, e questo è un passo importante. In fondo, conosciamo bene le cause del riscaldamento globale del Pianeta e della crisi ecologica dei nostri oceani: l’emissione smodata di gas serra e il nostro approccio non rispettoso degli ecosistemi marini. È quindi il momento di passare dalla comunicazione alla vera e propria azione. Abbiamo le conoscenze, le tecnologie e la motivazione per fare la differenza, e ora è il momento di agire, davvero: non abbiamo molto tempo per cambiare rotta.
- COSA POSSIAMO FARE NOI?
Quali azioni concrete può compiere ciascuno di noi per proteggere mari e oceani?
Innanzitutto possiamo essere più consapevoli di quello che accade ai nostri amici oceani, comunicarlo in modo adeguato, fare ricerca, divulgarla bene. Dobbiamo avere la consapevolezza che viviamo su un Pianeta che non ha risorse infinite, e che è inutile cercarne un altro dove poter replicare la complessità meravigliosa della vita che qui ha avuto modo di fiorire in miliardi di anni. Ovviamente serve anche investire in nuove tecnologie, pensare a nuovi modelli economici, a economie più circolari, a cicli di vita dei prodotti “dalla culla alla tomba”, di modo che siano riutilizzabili e riciclabili.
E’ necessario un approccio multilivello, non possiamo pensare che il consumatore finale da solo possa invertire la situazione: le scelte del singolo contano tantissimo, ma servono anche politiche economiche nazionali e azioni diplomatiche globali capaci di cambiare la rotta.
C’è un messaggio che vorresti lasciare a chi ci legge per ispirare un cambiamento?
Non rimaniamo fermi ad attendere una tecnologia che ci salverà tutti. La pandemia ha evidenziato che non esistono problemi circoscritti geograficamente, ma anche che nell’emergenza le persone sanno sopportare drastici cambiamenti di stili di vita. Dobbiamo tirarci su le maniche, tutti, limitare le emissioni di gas serra nella quotidianità e pianificare la nostra vita futura senza mai dimenticare questo tema, confidando anche nella ricerca scientifica, che potrà affrontarlo proponendo nel tempo soluzioni oggi non ancora immaginabili. Ma stare fermi e aspettare, quello no, proprio non ce lo possiamo permettere.
Sandro Carniel: oceanografo, dirigente di ricerca presso l’Istituto di Scienze Polari del CNR di Venezia, si occupa del rapporto tra oceani, clima e sicurezza climatica, con particolare attenzione agli scenari che interessano le regioni polari ei sistemi oceanici.
Autore di oltre 250 pubblicazioni e contributi scientifici su riviste internazionali, è anche un divulgatore scientifico: il suo ultimo libro, “Rotte Mediterranee” (Ediciclo), sarà in libreria a partire dal prossimo giugno.
Membro del comitato scientifico di One Ocean Foundation, nel 2022 gli è stato attribuito il prestigioso riconoscimento internazionale “Tridente d’Oro” per meriti scientifici, e dal 2024 è uno dei pochissimi italiani ammessi come International Fellow nell’esclusivo Explorers’ Club.