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Attenti ai nemici della Nazione

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Nella nostra italianità alberga la pienezza del nosto spirito

Si usa fissare la data dell’unificazione nazionale nel 1861 e più precisamente il 17 marzo di quell’anno, quando veniva ufficialmente proclamato il Regno d’Italia, prima forma di governo nazionale italiano moderno.
Mancavano però Roma, parte del Triveneto e la definitiva demarcazione del confine orientale. E’ solo con la prima guerra mondiale, con la poetica ed eroica impresa di Dannunzio ed i suoi legionari e con la ripresa di Zara, che possiamo ritenere concluso il competo processo di unificazione nazionale, avvenimenti occorsi negli anni 1918, 1919 e 1924. Atteniamoci comunque alla data ormai consacrata ed approfittiamo di questa celebrazione per riflettere su cosa sia oggi la nostra Italia e quanto voglia ancor significare l’idea di unità nazionale.
Quell’ormai lontano 17 marzo 1861 si realizzava il sogno di una élite intellettuale ed economica, il sogno di colti sognatori, di nobili patrioti e di commercianti lugimiranti. Molte le idee circa il modello di stato italiano, molte le teorie, ma alla fine, comunque, si fece l’Italia. Non era l’Italia sognata dal Mazzini (repubblicana), non era l’Italia progettata dal Cavour (con sfere di influenza francesi e borboniche), come non era quella del Cattaneo (federalista) e di altri personaggi che animarono il Risorgimento. Nonostante le tipiche divergenze all’italiana un primo esempio di sStato italiano moderno fu sancito e quel primo marco della nostra Italia contemporanea non può esser messo in discussione da chiunque si ritenga italiano. Molto si disquisì, da subito dopo l’unificazione nazionale, sul fatto che l’Italia fosse in realtà una colonia del Piemonte, sul fatto che sarebbe stato meglio uno stato federale, sul fatto che la gente del sud fosse stata meglio sotto i Borboni e cose del genere, ma tutti questi discorsi, siano essi fondati o meno nuociono all’idea di nazione, perché è di questo che si tratta. La nazione è un concetto mentale, questo concetto mentale era vivo nelle menti colte e sensibili dei pochi patrioti del Risorgimento, era vivo nelle menti altrettanto colte e sensibili degli irredentisti che vollero la prima guerra mondiale, l’impresa fiumana e la ripresa di Zara e in questi ultimi 150 anni si estese alla maggior parte degli italiani. Oggi si definiscono Italiani i Lombardi ed i Piemontesi, i Valdostani ed i Friulani, i Sardi ed i Calabresi, i Pugliesi e gli Abruzzesi. Quell’idea romantica ed elitaria è oggi l’idea comune di quasi sessanta milioni di anime. L’idea è divenuta una nazione, ma dei periocoli sono visibili all’orizzonte. A 150 anni dalla sua prima unificazione l’Italia è oggi minacciata da gravi pericoli. Non mi riferisco alle sottoteorie regionaliste delle varie leghine, non mi riferisco ai circoletti culturali “pro-borbonici” o a tutte quelle idee folcloristiche che non raggiungeranno mai la pienezza che l’ideale risorgimentale riuscì a realizzare, ma mi riferisco ai veri nemici della nazione. Sono quei nemici che ci privarono dei nostri confini orientali annettendo ad uno stato comunista appena creato (Jugoslavia) territori millenariamente italici quali l’Istria, Fiume e la Dalmazia. Sono quei nemici che usarono Cosa Nostra per facilitare l’occupazione siciliana durante la Seconda Guerra Mondiale e così facendo consacrarono il potere di questa terribile organizzazione antinazionale. Sono quei nemici che crearono un’Europa sovranazionale ed antinazionale come sono quei nemici che vogliono minare la nostra autonomia energetica boicottando i rapporti con il mondo arabo e la Russia.
I veri nemici della nazione sono coloro che sostengono l’internazionalizzazione. I nemici della nazione sono i fautori del mercato globale e della politica globale, perchè se l’ideale risorgimentale, che diede forma al sentimento nazional,e vede nel nazionalismo la sua giusta forma mentis, sono i nemici del nazionalismo, i nemici della nazione. I nemici di tutte le nazioni, i nemici del concetto stesso di sovranità nazionale, i nemici della nostra Italia.
Durante questo 150? anno della nostra unità nazionale consiglio dunque ai lettori di affiancare alle celebrazioni momenti di riflessione su come contrastare il perverso disegno di chi vuole distruggere la nostra nazione, ricordandoci che è nella nostra italianità che alberga la pienezza del nostro spirito.
Se da un lato molti possono affermare che l’eccesso di nazionalismo abbia dato origine a terribili guerre oggi possiamo pensare ad un nazionalismo diverso, ad un nazionalismo dover ogni stirpe nei suo confini naturali, organizzata in nazione, sappia contribuire al progresso dell’umanità senza perdere la propria autonomia, senza perdere la propria autodeterminazione. Pensare alla nazione come qualcosa contrapposto ai progetti di internazionalizzazione non è esser retrogradi o nostalgici è, al contrario, esser futuristicamente proiettati verso un mondo equo dove tutte le tradizioni vengano rispettate, dove tutte le nazioni vivano in armonia, senza voler creare ridicoli concetti di ibridi blocchi sovranazionali senza anima. Celebrare il 150? della nostra unità nazionale è riaffermare la propria italianità con quel pizzico di “orgoglio ai limiti della presunzione” (dal decalogo del bersagliere) che fa di ogni cittadino un degno italiano.
 

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