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Bambini soldato in Siria

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Ma almeno loro hanno la possibilità di combattere per il proprio paese.

 

Il kalashnikov si intravede appena. Ma è lì, stretto nella mano di un bambino che non avrà più di dieci anni. Un braccio adulto, probabilmente quello di un ribelle, lo «conforta» per farlo smettere di piangere. Al collo del ragazzino un tascapane con le munizioni, più grande di lui. E più grande di lui è il massacro della guerra civile, che ormai da più di un anno sta insaguinando la Siria. Con una scia di morte che si allunga sempre di più.

RECLUTATI DAI RIBELLI – Quest’immagine, che arriva dalla Siria ed è presa dal filmato dell’Afp girato vicino al villaggio di Azzara durante i combattimenti di fine giugno e andato in onda sulle televisioni francesi, parla più di mille parole e di mille negoziati internazionali. Fino ad oggi a nulla sono valsi gli appelli delle Ong e delle organizzazioni umanitarie che ogni giorno denunciano le stragi di bambini, gli stupri e le torture perpetrati dal regime di Assad. Ora a questi orrori si aggiunge anche quello dei bambini soldato, utilizzati dai ribelli per far fronte all’esercito ufficiale. Il crimine è già stato denunciato agli inizi di giugno dalle Nazioni Unite. Radhika Coomaraswamy, rappresentante speciale delle Nazioni Unite per i minorenni e i conflitti armati aveva detto che si trattava di un’informazione ancora da verificare e che richiede va«il recupero di ulteriori dati». Ora, ahimè, ogni dubbio pare scomparire di fronte a questa immagine.

NESSUNO FA NIENTE – Quello dei bambini soldato è un dramma che siamo stati abituati a vedere nelle regioni centrali dell’Africa. E di cui si e parlato molto con la campagna Stop Kony 2012 contro il generale ugandese Joseph Kony. In quel caso gli Usa venivano invitati a intervenire dall’opinione pubblica mondiale. Ma per la Siria nessuno si mobilita. Anche se a fianco di quel bambino ce ne saranno altri costretti a impugnare il kalashnikov e subire traumi da cui non si riprenderanno mai più. Nemmeno quando la guerra sarà finita.

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