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I droni in Ucraina sono stati parte del conflitto dagli inizi, a partire dai famosi Bayraktar turchi, che avevano persino ispirato una canzone diventata un inno. Ma col passare degli anni, e sono tre proprio in questi giorni, la necessità di far fronte alla scarsità di materiale bellico ha spinto la popolazione e l’esercito a ingegnarsi.
Il ronzio delle eliche è incessante e resta nelle orecchie per tutta la giornata. Fuori da Kyiv in una località segreta i volontari di Social Drone arrivano al mattino presto e si danno il cambio di continuo per testare senza sosta quanti più droni possibile, fin quando fa buio. Quello che viene spacchettato qui al mattino, la sera viene mandato alle brigate al fronte e poi utilizzato per attaccare postazioni russe con esplosivi caricati sul velivolo. I droni che volano in quest’area non vengono montati qui e non sono acquistati da un fornitore: arrivano via posta già assemblati da ogni parte dell’Ucraina – e non solo -, e sono costruiti in casa da chiunque decida di dare una mano all’esercito. Seguendo tutorial online.
“Siamo come un service”
“Come diciamo noi, tutti possono assemblare un drone nella loro cucina. Basta una serata”, racconta Yuz, a capo della ricerca e sviluppo del progetto, a Wired. Parla dal magazzino che lui e i colleghi usano come quartier generale proprio di fianco al poligono di volo. “Non costruiamo noi i droni: siamo come un service che aiuta le persone a provare quelli che loro stessi assemblano. Abbiamo istruzioni video su YouTube, e anche istruzioni scritte con tutti i passaggi per assemblare i dispositivi”, spiega Yuz.
Rispetto ad acquistare lo stesso modello già confezionato e montato, costruirsi i droni in casa costa meno della la metà. E l’idea alla base di tutto il progetto è che, con una spesa di circa duecento euro, si può attaccare un tank o una postazione russa con uno di questi droni facendo lo stesso lavoro di un colpo di Javellin. Che però ne costa settantamila. Yuz definisce i droni Fpv (sta per “first-person view”, visuale in prima persona) “giocattoli” molto economici, che però possono fare seri danni e distruggere un carroarmato che costa centinaia di migliaia di euro. E, in più, per costruirli basta un’ora.
Cos’è un drone Fpv
I droni Fpv sono dotati di un sistema di trasmissione video di base che invia immagini in tempo reale a uno schermo, permettendo al pilota di vedere esattamente l’obiettivo. Viaggiano a circa cento chilometri orari e nelle ultime settimane sono stati sempre più utilizzati come arma su scala molto ampia.
Per dare un’idea della loro importanza e della necessità del loro impiego al fronte – che include ridurre il bisogno di soldati di fanteria esposti al fuoco diretto nemico – a dicembre le forze armate ucraine hanno condotto il primo attacco mai effettuato utilizzando esclusivamente robot e droni Fpv in un’area vicino a Lyptsi, a nord della città di Kharkiv, come riportato da fonti citate dall’Institute for the Study of War. Anche il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky ha sottolineato l’importanza di questa arma, affermando di recente che i droni in Ucraina “sono diventati uno degli strumenti più importanti nella lotta contro l’invasore, sia in prima linea che dietro le linee nemiche”. Zelensky ha inoltre evidenziato il loro ruolo, affermando che i droni “salvano la vita della nostra gente e compensano la carenza di altre armi, compresa l’artiglieria, permettendoci di difenderci e distruggere gli invasori”.
Per montare un drone fatto in casa “made by you for the Armed Forces of Ukraine” – come recita lo slogan – e che poi verrà mandato sulla linea del fronte, la community di Social Drone (che include utenti attivi dai 12 ai 68 anni) si scambia consigli su Telegram. Tutto ciò che serve viene consigliato lì: chi sceglie di cimentarsi nel montaggio ordina a spese (e a casa) propria pezzi da fornitori a basso costo – come AliExpress – e si procura da sé un kit di utensili. Cacciaviti, pinzetta, saldatore, fascette, tronchesi, accendino e uno spazzolino possono bastare. Poi va sui canali YouTube di Social Drone, apre uno dei tutorial e segue tutti i passaggi. “Salve a tutti, mi chiamo Vadim e oggi registreremo una video-guida per l’assemblaggio di un drone da dieci pollici”, comincia un tipico contenuto. I modelli proposti sono in grado di portare fino a tre chili di esplosivo. E in meno di un’ora e un quarto Vadim – uno dei diciotto volontari che prendono parte al progetto – monta uno a uno componenti, eliche, antenne, videocamera analogica e batteria. Alla fine, il velivolo si accende. “Il drone ha riprodotto la sua melodia, riconosce il controller di volo, tutto funziona perfettamente”, dice. A questo punto, il drone va imballato e spedito al team di Social Drone, da cui verrà testato per capire se è tutto ok e se può volare ai comandi un soldato per essere impiegato nel giro di qualche giorno in uno scenario reale. In altre parole, per volare e schiantarsi con una carica esplosiva su un bersaglio nemico.
Uno a uno
“Controlliamo tutti i droni, uno a uno”, racconta Anna da un’area del magazzino dove ogni weekend arrivano decine di scatoloni pieni di droni. Un volontario apre uno di questi cartoni durante l’intervista, sul mittente c’è scritto Irlanda. Il drone sembra perfettamente assemblato, ma mancano le eliche che verranno aggiunte qui nel giro di qualche minuto. “Controlliamo ogni dettaglio, come è assemblato, controlliamo le saldature, controlliamo che tutte le parti siano nei posti giusti”, racconta Anna mentre prova con le mani a forzare la tenuta del telaio. Lei si occupa del marketing del progetto, e di controllo qualità. “Se c’è qualcosa che non va, possiamo aggiustarla qui velocemente, altrimenti li possiamo portare ai nostri ragazzi che chiamiamo ‘fixer’ che possono fare dei lavori di saldatura”, indicando il piano di sopra dove lavora un’altra parte della squadra. Dopo il controllo, i velivoli vengono portati in un’altra stanza, dove sono pronti per essere testati all’esterno dalle squadre di piloti collaudatori.
Tra loro c’è proprio Vadim, che questa mattina si occupa di supervisionare le attività di collaudo e assistere i piloti. “Il mio compito oggi qui è preparare i droni per farli volare”, racconta da un gazebo che serve a ripararsi da vento e pioggia e a montare i monitor per i test video. Qui si fa un altro test: si montano le batterie e i pesi che in questa fase sostituiscono e simulano il carico di esplosivo che poi verrà effettivamente trasportato. Poi il drone passa all’abbinamento con il controller del pilota. “La nostra responsabilità è testare i droni in diverse condizioni” spiega Vadim, per capire se ci sono anomalie di funzionamento tecnico e di bilanciamento, cercando di fare una sorta di “stress test” che simuli gli scenari più improbabili. “Al fronte il drone vola direttamente sul bersaglio, ma qui li testiamo in maniera più aggressiva per essere sicuri che quando saranno in prima linea funzioneranno al meglio e faranno il loro lavoro”, spiega Vadim. “Abbiamo un protocollo, controlliamo il consumo di corrente, la qualità del video e la qualità della radio”, racconta Serhii con il controller appeso al collo. Lui si occupa di testare i droni da pilota. “Era un hobby che avevo, quello di volare con questi aggeggi, almeno prima della grande guerra: così, quando ho sentito di questa iniziativa, mi sono unito immediatamente”, spiega tra un test e l’altro. Droni di questo tipo possono volare per circa una decina di chilometri, e viaggiare a una velocità fino a 120 chilometri orari, a seconda del carico. Per bilanciare gli apparecchi si utilizza il peso della batteria.
Sticker verde
Se i piloti danno l’ok e il drone riesce ad atterrare in sicurezza dalla piattaforma da dove è partito senza danni o anomalie, viene apposto uno sticker verde. Se qualcosa va storto, invece, si attacca un bollino rosso e il drone va nella stanza dei fixer. “A volte si tratta solo di alcuni elementi difettosi, altre volte di connessioni con i cavi”, racconta Roman dal suo tavolo di lavoro. Roman fa il “fixer” volontario nei weekend. “Poi torniamo a testarli e, se tutto va a buon fine, vengono consegnati all’esercito”, spiega. Per lui i droni, in Ucraina, sono essenziali, perché “salvano la vita ai nostri militari, che non devono colpire i bersagli personalmente ma possono inviare un drone Fpv”, racconta.
Duemila droni al mese
“Comunichiamo continuamente con le brigate”, racconta Yuz. Chi manda i droni qui può scegliere poi a chi verranno consegnati, altrimenti viene tutto gestito dal team di Social Drone. “Attualmente siamo in costante contatto con 12 brigate e inviamo loro droni”, spiega. Tra queste ci sono la terza brigata d’assalto – una delle più riconoscibili in tutta l’Ucraina, formata anche da veterani Azov – ma anche il 505esimo battaglione dei marines separati, la 59esima Brigata d’assalto, la 111esima Brigata di difesa territoriale. Cerchiamo di raccogliere feedback e capire di cosa hanno bisogno, quanti velivoli servono, come migliorarli o aggiornarli per renderli più efficienti, racconta Yuz. “Attualmente inviamo e testiamo 2.000 droni al mese”, racconta Yuz. In più, viene chiesto ai soldati di mandare i video delle azioni compiute da questi droni “Ogni drone ha un numero e nel video puoi vedere questo numero, così puoi capire se è il tuo drone o quello del tuo amico”, dice. “Tutti qui siamo volontari”, spiega Yuz.
Invisibile e diffusa
Un’altra struttura simile a questa è stata aperta a Leopoli. Il progetto va avanti da circa un anno e cresce continuamente nei numeri: tutto si regge grazie al lavoro e alle donazioni, anche perché non ci sono costi fissi. I volontari riescono a fare arrivare i droni in Ucraina sulla linea del fronte come se partissero da una normale catena di produzione. Che, però, avrebbe costi molto più alti – si stimano 500.000 euro di spese ogni due mesi soltanto per gestire gli acquisti di componenti –. Ma il vantaggio determinante è soprattutto quello di non offrire un bersaglio statico: con questa strategia si decentralizza la produzione ovunque, un’industria invisibile e diffusa che acquista componenti non in stock ma pezzo per pezzo, e che apre tutte le sere nelle cucine, potenzialmente, di qualsiasi casa in Ucraina (ma anche all’estero). Chiunque può sedersi al tavolo e costruire un drone per l’esercito di Kyiv, e avere la garanzia che qui un bollino verde certificherà che sarà pronto per il combattimento. I test vanno avanti continuamente: a metà giornata le mensole con i droni pronti per essere consegnati al fronte formano una parete di antenne, eliche e cavi che arriva quasi fino al tetto. “Abbiamo un sogno: dopo la vittoria organizzeremo finalmente una vera gara di droni in Ucraina, e ci divertiremo”, dice Anna con un sorriso. “Ma per ora è solo il nostro lavoro”.