venerdì 19 Luglio 2024

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 Obama in caduta libera: non convince più gli americani

Quella che è non la sorprendente, ma certamente straordinaria vittoria di un candidato repubblicano nel più che liberal Massachusetts, è l’epilogo di sei mesi di dubbi crescenti da parte dell’elettorato progressista americano su Barack Obama. E’ sul presidente e sulle sue politiche e non su questioni locali che si sono espressi gli elettori. Ed è il risultato della disaffezione degli indipendenti che sono un terzo abbondante dell’elettorato e che nel novembre 2008 avevano votato a grande maggioranza democratico. I repubblicani Obama li ha sempre avuti contro, ma non sono loro che hanno consegnato ieri al repubblicano Scott Brown il seggio senatoriale che era dei democratici dal lontano 1952, prima con John e poi fino all’estate scorsa con Ted Kennedy.
E’ amaro per i democratici che il seggio di Ted Kennedy, da sempre a favore di una riforma sanitaria, sia andato perso per colpa prima di tutto di una riforma sanitaria che la netta maggioranza degli americani disapprova e solo una minoranza sostiene. Ma se si solleva un attimo il velo sul provvedimento, che aspetta solo il voto conclusivo di Camera e Senato su un testo unificato, tutto diventa più chiaro.
“Siamo sul punto di approvare un gigantesco regalo alle compagnie assicuratrici della sanità e a chiamarlo riforma”, dice Arianna Huffington del giornale online Huffington Post, ormai convinta che solo dalla base potrà venire un vero cambiamento, con Washington impantanata e sotto il dominio delle lobby anche con Obama.
La riforma non avrà la public option promessa (o che si è lasciato intendere lo fosse). La public option sarebbe stata una polizza pubblica per calmierare quelle private. Una famiglia spende circa 12mila dollari l’anno per assicurarsi.
La riforma imporrà a circa 30milioni dei 47 milioni di americani oggi non assicurati di acquistare una polizza, con aiuti per i meno abbienti, dando alle compagnie mille miliardi in dieci anni. In cambio la riforma dice che le compagnie non possono più rifiutarsi, con cavilli e altro, di pagare le cure, come spesso fanno adesso nei casi costosi. Ma chi farà rispettare quest’obbligo? La riforma non lo dice. Le compagnie, che assicurano in vario modo la copertura a oltre il 60% degli americani, hanno ottimi avvocati e li usano molto già ora.
Anche la riforma finanziaria, ugualmente in dirittura d’arrivo, è monca e ambigua. L’elettore fa più fatica a seguirne i contorni, ma stampa (progressista, non repubblicana), tv e internet gli dicono che è insufficiente e confusa, scritta troppo dai lobbisti di Wall Street, e che se fosse stata in vigore due anni fa il crack di Wall Street e delle banche d’investimento, di Citigroup e di Aig, ci sarebbe stato lo stesso.
L’elettore poi capisce benissimo il messaggio dei superbonus pagati da banche, tutte come ha detto il ministro del Tesoro Geithner, salvate dal contribuente. Washington li ha criticati, ma senza intervenire. L’annuncio di una tassa sulle maggiori banche è sembrato tardivo, la settimana scorsa, per calmare gli animi, e insufficiente.
“Obama si trova con addosso l’etichetta peggiore del momento, quella di Wall Street Liberal”, ha scritto nei giorni scorsi E. J. Dionne Jr. sul Washington Post. Come liberal non piace ai conservatori e si sapeva, come Wall Street liberal, non entusiasma più parte crescente della sua base progressista..
Una delle mosse di politica interna è stata buona, nel febbraio scorso: il piano di stimolo da quasi 800 miliardi, messo insieme alla meglio, ma alla fine efficace, anche se insufficiente. Una serie di altre scelte non sono piaciute, soprattutto a sinistra.
Riforma a maggio del regime delle carte di credito: passi avanti, ma senza toccare il nodo centrale, la facoltà per le banche di porre tassi da vera usura sui ritardi di pagamento.
Immobiliare, legge sugli aiuti ai mutuatari, sempre a maggio: la reiterata promessa di prevedere il cramdown, la facoltà per i giudici di cambiare i termini del mutuo, cancellata in Senato senza che la Casa Bianca muovesse un dito né esprimesse rammarico.
Finanza, a giugno, con la bozza di legge della Casa Bianca giudicata ambigua e non una vera riforma.
Già in estate il quadro era critico. “Ma Obama ci prende mica in giro?” scriveva ad agosto il New York Times. Poi la riforma sanitaria, che non era una priorità mentre ancora l’intero sistema finanziario è tenuto a galla dal grande salvagente generosamente offerto dal contribuente. Una riforma contrattata con le compagnie assicuratrice, che non sono esattamente popolari.

 

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