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Basta che non li chiamate mostri

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A pochi giorni da un orrendo delitto, la richiesta di perdono. é ormai moda avanzare a mezzo stampa le scuse ai familiari. La prima preoccupazione è quella di non essere definiti mostri.

FOGGIA – «Ha confessato di aver ucciso, ma non è un mostro. È pentito di quello che ha fatto e sta maturando l’idea di chiedere scusa alla famiglia della piccola Giusy»: gli avvocati difensori di Giovanni Potenza, il pescatore di 27 anni che ha confessato di aver ucciso la ragazzina a Manfredonia il 12 novembre scorso fracassandole il volto con due massi, raccontano le ansie e le angosce che in queste ore – dicono – attraversano l’animo del presunto assassino. Giovanni Potenza è stato interrogato ieri in carcere dal gip di Foggia Enrico Di Dedda, alla presenza del pm inquirente, Vincenzo Maria Bafundi. L’interrogatorio è durato due ore, dalle 9.30 alle 11.30. Assistito dai suoi due legali, Raffaele Di Sabato e Sandro Mondelli, l’uomo ha ripetuto la propria versione dei fatti: lui, sposato e con due figli – ha detto ancora una volta – ha ucciso la quindicenne in un accesso d’ira provocato dal fatto che lui voleva troncare la relazione che aveva con la ragazzina e lei si è opposta, minacciandola di raccontare tutto a sua moglie. Dopo l’interrogatorio, i due avvocati hanno parlato per un po’ con i giornalisti e hanno raccontato di un uomo pentito, profondamente addolorato per quanto aveva fatto: «Giovanni Potenza – ha detto Sandro Mondelli – non è un mostro, è una persona umana che ha sbagliato, ma non è un mostro». «Giovanni è depresso e addolorato – ha affermato l’altro legale, Raffaele Di Sabato – e al più presto potrebbe chiedere scusa, con una lettera, alla famiglia di Giusy». «E’ pentito di quanto ha fatto», ha aggiunto, precisando poi che durante l’interrogatorio l’uomo ha ribadito le dichiarazioni già fatte nei giorni scorsi agli inquirenti. L’avvocato ha poi pregato i mezzi di informazione di non acuire gli attriti tra le due famiglie, quella della vittima e quella dell’omicida. E in realtà è proprio la famiglia di Giusy a mettere in questa vicenda, oltre alla rabbia, alla disperazione per la perdita della loro piccola, anche tanti dubbi, perplessità, interrogativi che finiscono col pesare sulle indagini. Anche per loro parla il loro avvocato, Innocenza Starace. La famiglia di Giusy – dice – non ha ancora chiari diversi aspetti della vicenda e chiede che vengano chiariti: «Si chiede, ad esempio – dice – che fine abbiano fatto i cd che Giusi aveva comprato al negozio Bernini e che fine abbiano fatto le scarpe della ragazza». «Inoltre – aggiunge – mi pare di capire che non vi siano riscontri telefonici, perchè dai tabulati non sono venute fuori telefonate tra la vittima e il suo presunto assassino». Ma soprattutto la famiglia non crede che la loro piccola possa avere avuto una relazione con quell’uomo, perchè era già fidanzata, e poi perchè lui era quasi sempre per mare, al lavoro. Altri dubbi? «Gli inquirenti – dice la rappresentante della famiglia – non hanno ancora dato una spiegazione a proposito delle punture che sono state rilevate sull’addome di Giusy. Tutti questi elementi, secondo la famiglia, non sarebbero compatibili con le tesi degli investigatori. E poi i genitori della vittima continuano a ritenere che la ragazza abbia subito una violenza sessuale». Ma non sono solo i familiari di Giusy ad avere di questi dubbi: il sottosegretario alla Salute Antonio Guidi nei giorni scorsi ha parlato di una versione dell’omicidio «costruita» a svantaggio di una immagine della vittima che era solo una bambina e ha espresso per questo «indignazione e rabbia».

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