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Battisti e la gran puttana

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Ragionamenti in margine, e nemmeno troppo

La sua razza la sappiamo, così le sue eroica gesta giovanili. Così i suoi compagni e le tv e i salotti dei francesi – oggi cauti perchè richiederebbe coraggio difenderlo ed è materia loro estranea.
Sappiamo la sua vanità decadente, il ciuffo vezzoso dell’attore d’essay, tronfio alle telecamere.
Squallida feccia lo sostanzia, l’occhio lacrimoso a tentare una difesa, accusare compagni e abbozzare scuse. Combattere non si addice alle signorine.
L’Italia rivuole il suo parto marcio per rimproverargli la nascita, scaricargli la responsabilità di essere stata quello che è stata, la puttana dell’invasore, dell’aver generato e coccolato l’immonda prole antifascista.
Se la godeva, dalla stanzetta del casino che i liberatori le avevano costruito – con l’insegna lampeggiante “repubblica italiana” – se la godeva, la puttana, a gettare in strada giovani vergini folli di sacra libido, fame di lei. Cosa non fare
per renderla felice e congiungersi, nel nome degli ideali assassini che lagenerarono!
Sparare, uccidere, brigare.
Oggi che invecchia eccola a chieder conto, dimentica di chi era.
Oggi che ha 64 anni la sua sostanza rancida straborda, non piace, così prova ad accattivare col moralismo giustizialista. Per sgherri non i giovani virgulti di un tempo, ma vecchi rottami dei soviet, e quelli che la bramavano, repressi, sotto le insegne del MSI.  Con lei, a strillar di forche per il feto abortito.
Un tempo, si dice, far la puttana era opera di gran dignità.

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