Buddanate

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Se tradisce anche Lui…

Il Dalai Lama annuncia la fine, con lui, della catena di reincarnazioni e il Partito comunista cinese lo stoppa: il nuovo Buddha lo attribuisce Pechino. Punto e basta. Apparentemente, questa storia, potrebbe raccontarsi come una sorta di regolamento dei conti tra materialisti, quelli del Nirvana e quelli del maoismo post capitalista ma c’è qualcosa di più. C’è la gara tra lo stucchevole Dalai e gli sbrigativi cinesi che – forti del ruolo di cattivi – sanno mettere le cose a posto. Questo Dalai, insomma, è solo un agente della sovversione. E si capisce da un pezzo. Piace a tutti, tanto per cominciare. Dopo di che, si sa: dice quelle sciocchezzuole buone al più per il bla bla occidentale. Del tipo, “sono democratico” o, peggio, “il prossimo Dalai Lama potrebbe essere una donna”. Pare che da qualche parte abbia pure detto: “Chi sono io per reincarnarmi?”.

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