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Proprio quelli che scatenarono la guerra mondiale ora fanno da servi e da battistrada alle cosche dell’anti-Europa

Vent’anni fa, dopo la caduta del Muro di Berlino, decisero di buttare giù le statue di Lenin e di Marx e di seguire le democrazie occidentali. Adesso i politici polacchi hanno presentato un breve emendamento che mette al bando qualsiasi simbolo comunista dal paese dell’Est europeo. Il Senato ha infatti approvato una modifica all’articolo 256 del codice penale che dichiara illegali tutti i simboli comunisti. Chiunque li utilizza o ne è in possesso rischia fino a due anni di carcere per aver commesso il reato di “glorificazione del comunismo”. Il Presidente della Repubblica Leck Kaczynski lunedì prossimo dovrebbe firmare la legge che probabilmente entrerà in vigore dal prossimo anno. A questo punto anche indossare t-shirt con l’immagine di Che Guevara o solamente canticchiare l’Internazionale nelle strade di Varsavia sarà considerato un crimine in Polonia.
EMENDAMENTO – La nuova legge infatti proibisce espressamente tutte le immagini che inneggiano a sistemi antidemocratici: l’articolo afferma che è vietata “la produzione, la distribuzione, la vendita o il solo possesso di oggetti che richiamano al fascismo, al comunismo o ad altri simboli di totalitarismi”. Uno dei principali promotori della norma è Jaroslaw Kaczynski, fratello gemello del Presidente della Repubblica e capo del partito di opposizione “Legge e Giustizia”. Secondo Kaczynski questa legge è sacrosanta perché il comunismo è uno dei simboli negativi del ‘900: “Nessuna immagine del comunismo ha diritto di esistere in Polonia – ha spiegato ai media locali il leader dell’opposizione – Il comunismo e il suo sistema genocida deve essere comparato al nazismo”. Molti storici polacchi condividono la tesi di Kaczynski: “Quello comunista era un sistema terribile e omicida che ha causato la morte di milioni di vite” ha dichiarato lo storico Wojciech Roszkowski. “Non è sbagliata la comparazione con il nazismo – sottolinea lo studioso polacco – e per questo i due sistemi e i loro simboli devono essere trattati allo stesso modo”. PASSATO CHE NON PASSA – Sebbene i comunisti non abbiano più alcuna influenza politica, in Polonia sembra che il passato non voglia proprio passare. Nelle scorse settimane la Polonia infatti è stato il Paese che più si è battuto contro la candidatura di Massimo D’Alema a Ministro degli Esteri dell’Ue. L’ambasciatore della Polonia presso la Ue Tombinski definì D’Alema un problema per il suo passato comunista e precisò che era più adatto a quest’incarico una persona la cui autorità non può essere contestata a causa delle sue appartenenze politiche passate.
LIBERTA’ D’ESPRESSIONE – Come sottolinea il Times di Londra lo scopo dei politici polacchi è chiaro: rendere invisibile il comunismo. Il ministro degli Esteri Radoslaw Sikorski ha ribadito che il Palazzo della Cultura e della Scienza, il più alto grattacielo in Polonia, deve essere abbattuto solo perché è un regalo fatto da Stalin ai cittadini di Varsavia. Non importa che, nel corso degli anni, sia diventato una delle strutture simbolo della città: “Se lo abbattessimo, anche la Polonia avrebbe il simbolo della fine del comunismo come la Germania ha i resti del muro di Berlino. Poi in termini ecologici è anche una costruzione molto inquinante”.
Francesco Tortora (Corriere della sera)
Proprio quelli che scatenarono la guerra mondiale fanno, ancora una volta, da servi e battistrada alle cosche dell’anti-Europa.
La legge “anti-totalitaria” che s’iscrive appieno nelle utopie nevrotiche e liberticide di ogni tabula rasa, serve a glorificare la mitologia e il totem del sistema dei padroni Wasp di Varsavia. Lo scopo è allargare questa demenza al resto dell’Unione Europea.

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