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C’erano una volta i play boys

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Poi castrammo il maschio

C’erano una volta i playboy. E c’erano i leggendari bagnini di Rimini, croce e delizia delle germaniche villeggianti.
Specie entrambe, ormai in via d’estinzione, presumibilmente confinate in qualche stabilimento balneare periferico e in fatiscenti locali notturni. Lo diciamo senza alcun particolare rimpianto, solo come presa d’atto del mutare rapido dei costumi.
Perché, in effetti, anche l’arte della seduzione e la figura stessa del seduttore sono specchio di un’epoca e dei suoi “mores”, con declinazioni, nella storia, ben più alte e nobili dei bagnini e dei playboy da spiaggia stile musicarelli anni ’60. Perché la seduzione è uno stile, anzi una vera e propria arte, avente a che fare con il mistero della Donna, cui abbiamo già accennato in precedenza.
In un certo qual modo tutto è cominciato con Ovidio. Certo, prima, greci e latini, già avevano trattato il tema. Gli elegiaci erotici, Tibullo, Properzio, il Circolo di Messalla Corvino… e prima ancora Catullo. Ma lì si parlava soprattutto di amore, di passione, generando i “topoi” giunti sino ai nostri giorni. Alle liriche di Pablo Neruda, tanto per fare un esempio.
Ma Ovidio fu il primo a porre il tema della seduzione, e la correlata figura del seduttore, sul piano di un’arte da apprendere e praticare con acribia. Qualcosa che richiama mondi e culture lontane. Le opere erotiche indiane, Kamasutra e Kamashastra fra tutte, il classico proibito cinese, il famoso/famigerato Tappeto da preghiera di carne. Tuttavia questi erano manuali di erotismo. Un eros sacro, connesso con le potenze generatrici del Cosmo e della Vita, la danza e gli amplessi di Shiva e Shakti. Alla seduzione, alla conquista della Donna veniva concesso ben poco.
Dunque, per farla breve, Ovidio fu il primo. Il primo a delineare la figura del Seduttore e a teorizzare l’arte della seduzione. Con eleganza non disgiunta da ironia. Rileggetevi, o leggete per la prima volta il passo dell’Ars amandi ove si parla di come sedurre la donna a teatro. Rivisitato per altro da F.T. Marinetti in quella sua ironica e sfrenata ripresa dell’Ars ovidiana che intitolò “Come si seducono le donne”. Dove spiega che ai tempi antichi la seduzione si poteva svolgere nel tempo. Ma ora il tempo si è contratto, dice FTM, si deve agire nella velocità, senza tanti indugi. Sedurre una donna nel breve lasso di tempo di un viaggio in treno, ad esempio. Ed erano i treni del primo ‘900: immaginiamoci cosa si sarebbe inventato oggi, con le Frecce, l’Alta velocità e TAV varie.
Comunque la seduzione era arte elegante. Il modo in cui l’uomo metteva alla prova se stesso e si misurava con la vita e il destino. Che è poi quello che la Donna sempre, in fin dei conti, rappresenta.
Prendiamo la figura canonica del libertino, nata nel secolo XVII, figlia del razionalismo e della perdita di ogni senso di sacralità dell’Amore. Il libertino seduce per dar prova della propria aristia, ovvero del proprio valore erotico. Anticipato in questo dal Giasone di Apollonio Rodio, che conquista il Vello d’Oro non per valore guerriero, ma per la sua capacità di seduttore. E come Giasone il libertino è cinico e disperato. Un predatore, un vampiro che trae piacere, effimero, solo dal conquistare e distruggere le sue vittime. Il Don Giovanni, nelle varie declinazioni, da Tirso de Molina a Mozart, ne rappresenta il paradigma.
Diverso il nostro Giacomo Casanova, che seduceva le donne perché le amava, traendo da loro felicità, e rendendole però felici. Perché Casanova era un innamorato, uno spasimante, un amante. Non un libertino. Come si evince da quel capolavoro che sono le sue Memorie. Lo colse bene Osvaldo Bagnasco, che dopo una vita ad occuparsi di ben altro, scrisse uno straordinario, e purtroppo dimenticato romanzo, Vetro, immaginando la sfida fra Don Giovanni e Casanova per il cuore e il corpo di una Dama sullo sfondo di una Venezia settecentesca e delle vetrerie di Murano.
La sfida tra la capacità di amare, e l’impotenza gelida e predatoria. Alla fine, ovvio, vince Casanova, con il suo gusto per la vita e la sua passione per le donne.
Casanova che, sia detto per inciso, ha avuto certo molte donne, ma, a far di conto, tutto sommato meno di quelle di un bagnino di Rimini lungo la sua carriera. Ma ha lasciato ben diverso ricordo. Perché quello che davvero conta, che distingue l’Ars Amatoria dalla volgare predazione, è lo stile. E l’autenticità della passione. Cose, entrambe, dimenticate da troppo tempo.

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