venerdì 19 Luglio 2024

Cercasi Führer disperatamente

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Un doganiere belga alla ricerca degli eredi di Hitler. Volesse clonare il dna?

                    Non è ben chiaro che co­sa voglia da loro, a parte una goccia di saliva. Ma, da dieci anni, Marc Vermee­ren, 51 anni, insegue eventuali discen­denti di Adolf Hitler per dimostrare che il Dna dell’uomo probabilmente più dete­stato della Storia è ancora in circolazione su questa terra. . Si sa, o perlomeno si ritiene, che il Führer non abbia avuto figli. Però ave­va un nipote, dal lato paterno, William Patrick Hitler, che ne mise al mondo quattro, dopo essersi dileguato negli Stati Uniti sotto l’innocente cognome di Stuart-Houston; e poi aveva una schiera di zie e cugine prolifiche, sul fronte materno.

Marc Vermeeren, meticoloso funziona­rio delle dogane belghe (per coinciden­za, la stessa professione del padre di Hit­ler, Alois), ha contabilizzato, nel suo tem­po libero dalle bolle di accompagnamen­to, non meno di 39 eredi viventi, e non propriamente fieri dei cromosomi e del cognome che fecero tremare il mondo 70 anni fa. Frugare tra certificati di nasci­ta, di morte e matrimoni, negli archivi parrocchiali, tra 20.000 documenti e 500 biografie, non pareva però conclusivo al ricercatore, che voleva di più: cercava la prova regina di tutti i processi indiziari, il responso delle analisi sul Dna. Aiutato dal giornalista fiammingo Jean-Paul Mul­ders, il doganiere di Bruxelles sostiene di essere riuscito a decifrare quello, finora misterioso, del cancelliere del Terzo Rei­ch, incrociando le impronte genetiche dei rami austriaci, tedeschi e statuniten­si, accomunati (solo per parte maschile) dallo stesso cromosoma Y.

Ciò gli avreb­be permesso anche di smentire definitiva­mente un’ipotesi circolata fra gli storici, secondo la quale il padre (illegittimo) del dittatore fosse un ebreo, o addirittura un Rothschild, da cui mamma Klara lavora­va come donna di servizio quando restò incinta. Il test del Dna avrebbe certificato invece che Hitler era davvero un Hitler. Per la coppia di investigatori belgi re­cuperare un frammento organico della discendenza maschile hitleriana è diven­tata un’ossessione che li ha portati ad at­traversare l’Atlantico, a impossessarsi di mozziconi di sigarette e a trafugare tova­gliolini di carta unti di pollo, a rischiare le martellate di indiziati poco collaborati­vi, ma dai cognomi evocativi, come “Hüt­tler”. Soltanto uno, Andreas, ha conces­so volontariamente un campione di sali­va. Finalmente, hanno raccontato al quo­tidiano spagnolo El Mundo , sono certi di disporre ora della più dettagliata, com­pleta e inconfutabile ricostruzione dell’al­bero genealogico della famiglia Hitler, fi­no alla sesta generazione.

Nessuno dei due si sente colpevole per aver divulgato i nuovi cognomi, gli indirizzi e i mestieri dei titolari del cro­mosoma che li marchia come una croce uncinata. E, a dire il vero, i fratelli Stuart-Houston erano già stati scovati dai cronisti americani, prima che alla porta delle loro villette di Patchogue, a Long Island, si presentassero i due segu­gi belgi. L’assedio è durato una settima­na, sotto una tormenta di neve, finché il primogenito, Alexander, un giardiniere sessantenne, non si è avventurato fino a un vicino drive-in per ordinare un car­toccio di pollo fritto, commettendo l’at­teso passo falso: si è pulito la bocca con un tovagliolino di carta e l’ha gettato sull’asfalto, da dove Vermeeren e Mul­ders, equipaggiati con pinzette e guanti di lattice, lo hanno recuperato per inviar­lo al laboratorio di analisi. Il cromosoma Y era lo stesso di quello carpito ai lonta­ni cugini Hüttler, distribuiti nelle campa­gne dell’Austria meridionale.

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