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Chi ha più filo tesserà

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Sul rapporto con Salvini

Un vecchio adagio, quello citato nel titolo, che ben si attaglia al momento politico che stiamo vivendo.

Un articolo di Gabriele Adinolfi dal titolo ”A braccetto con la reazione” comparso ieri sempre su Noreporter mi ha indotto a qualche riflessione sulla prospettiva che si è aperta con la discesa in campo di Salvini e della sua Lega a trazione nazionale.

Ritengo, innanzitutto, che il momento politico per chi si pone come alfiere di un “nuovo populismo “ sia ottimo, sotto tutti i punti vista , sia dal punto di vista sociale, che economico e culturale poiche’ l’Europa è oggi nuda davanti allo specchio, senza piu’ alibi ne’ morali ne’ economici , rattrappita su se’ stessa , incapace di ogni progettualita’ e di sognare il futuro. Stesso discorso vale per l’Italia.

In questo senso ne’ l’Euro ne’ Bruxelles , per quanto a trazione tedesca , possono invertire la menopausa del Vecchio Continente che tra tentennamenti e contraddizioni in politica estera che Gabriele giustamente tratteggiava e patetiche politiche monetariste con qualche formale concessione sui parametri di Maastricht, di certo oggi non è in grado di aspirare a nessuna “volonta’ di potenza o vocazione imperiale”.

Immigrazione, poverta’ e disoccupazione diffusa, imposizione di folli politiche di gender, e debolezza nella questione ucraina e jihadista , mi sembra che bastino e avanzino a fotografare bene questa Europa.

Se poi vogliamo ricorrere al leninismo come strumento ermeneutico dello stato di cose presente e di capacita’ di sfruttare a proprio vantaggio le opportunita’ che si presentano e non quelle che vorremmo che si presentassero, dobbiamo prendere atto che l’attuale momento politico è potenzialmente piu’ fecondo di quello che abbiamo vissuto nel 1994 dove il patto tra i rinnegati di AN e l’astro nascente Berlusconi aveva arato la prateria prima che qualcuno potesse solo ipotizzare di cavalcarla e chi ha cercato di cavalcarla , ha presto scoperto di aver cambiato cavallo e direzione di corsa, finendo dalla prateria al deserto.

Salvini ha piu’ volte pubblicamente sostenuto che vuole vincere le prossime elezioni (quando e se ci saranno) con il 51% e non ridursi a capo di un opposizione sterile relegata ad una comoda “opposizione di Sua Maesta’” come si è ridotto a fare il Movimento 5 Stelle con il 25%, che a parte qualche bagarre in Parlamento, è congelato e funzionale a Renzi.

Una petizione di principio chiara e inequivocabile che informa la sua tattica di questi giorni.

Infatti,per raggiungere questo obiettivo, Salvini sta abilmente rottamando il centrodestra che fu, attirando nella sua orbita e sotto la sua leadership , pezzi di centrodestra, anche attraverso accordi come con la Meloni, ma anche svuotando dall’interno sia Forza Italia che FDI e puntando direttamente al loro elettorato, confuso dalle giravolte di Berlusconi e della Meloni stessa.

Questi partiti, infatti, essendo composti nelle strutture di vertice, da persone senza grandi idealita’ politiche, ben si prestano a cambiare cavallo, soprattutto dopo aver constatato che il cavallo precedente non corre veloce come una volta. Ma non è detto che nel cambio occupino le medesime posizioni di prima.

Una tecnica quella salviniana, legittima, pragmatica ed efficace se svolta in questo momento di “si salvi chi puo’” che sta scuotendo il centrodestra.

Ora, venendo a noi, che il rapporto con uno schieramento “populista” cosi’ come si va delineando, debba essere improntato ad una sana dialettica autonoma, che sappia discernere i motivi sostanziali di accordo con quelli invece di disaccordo, mi sembra evidente, che si debba agire in un’ottica di fermezza di principi e di saldo ancoraggio anche, ma soprattutto che si debba avere chiaro l’obiettivo che si vuol raggiungere, tenendo conto che oggi nessuno puo’ ragionevolmente ipotizzare quel che accadra’ domani e quali dinamiche si potrebbero aprire è altrettanto importante.

In questo senso, bisogna avere capacita’ di analisi, di previsione e di relativo intervento.

Un gradualismo guizzante quindi che non significa ne’ adattamento o peggio appiattimento sull’altro, ma capacita’ di arare il terreno in anticipo e se possibile costituire la punta di lancia culturale e politica di uno schieramento ampio, di natura identitaria e popolare, che oggi ha indubbiamente piu’ opportunita’ di ieri, di affermarsi, non tanto per meriti propri, quanto per le dinamiche che si sono messe in moto .

Restando saldi e ancorati, ma con la giusta visione prospettica di “fare tempesta” e di essere corsari al momento opportuno, ritengo che si possano cogliere delle buone opportunita’,anche forse modificando quel che oggi ci sembra negativo. Con chiarezza e decisione, innalzando subito bandiera nera.

L’alternativa è rimanere in rada a guardare le navi che passano, perche’ se aspettiamo che il mare sia come le nostre previsioni auspicherebbero che fosse, potremmo restare in porto in eterno, con la bandiera a mezz’asta.

 

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