Abbiamo esaminato di recente come l’essenziale, il concreto, il sostanziale, sia costantemente coperto da una cortina di fumo grazie alla quale le oligarchie al potere riescono a volgere il malcontento non contro di esse ma contro chi fa loro ombra.
Si può dire che a questo si riassume la funzione costante del comunismo e, in modo più frammentario, di tutte le altre reazioni: sanfediste, monarchiche, sovraniste.
Abbiamo affrontato la questione tanto dal punto di vista delle linee politiche reali (liberista, codina, comunista, socialdemocratica e fascista), quanto da quello degli schemi ingannevoli dell’imperialismo con le sue pantomime dei blocchi per gli allocchi.
Resta da analizzare un ulteriore aspetto, molto attuale, dell’inganno politico: la tribalizzazione nel contesto di una realtà virtuale che si sovrappone al reale.
La società si è sgretolata dal punto di vista della comunicazione diretta, della socialità, della forza organizzativa e rappresentativa dei corpi intermedi, e questo ha prodotto tribalizzazioni.
Le sole espressioni sociali e politiche che sussistono sono appunto delle tribù urbane che si politicizzano tribalmente (da cui la necessità di tatuarsi come riti di passaggio e di appartenenza). Le azioni delle tribù urbane, qualunque sia il loro riferimento simbolico o ideologico, sono orientate a farsi riconoscere al di fuori, a marcare il territorio. Poiché il territorio ormai quasi non esiste, gli stessi quartieri essendo sempre più spesso dei dormitori senza una vita sociale, esso si identifica nella rete. Da cui le tribù passano ai selfies e alle esibizioni teatrali. Vale per destre e sinistre, tanto estreme quanto terminali, ma anche per le sardine e per gli esibizionisti ecologici.
Ciò non ha soltanto il difetto di trasformare la politica in una pagliacciata, ma anche quello di moltiplicare gli effetti di abbrutimento nei confronti di una realtà sempre più immaginata e sempre meno percepita direttamente.
La tribalizzazione politica ha progredito di pari passo con lo sviluppo della realtà virtuale sulla rete. L’Intelligenza Artificiale con i suoi algoritmi altro non ha fatto che raggruppare in ghetti informatici i profili simili ed ha quindi espresso mondi paralleli, vicoli ciechi assolutamente minoritari, nei quali i simili si esaltano con likes e condivisioni reciproche credendosi al centro dell’opinione pubblica quando si trovano sì e no sotto un tombino.
Fermo restando che il passo della folla è sempre quello del più lento, la democrazia di base ha poi fatto sì che in questi circuiti ognuno, anche se non ha alcun titolo per permetterselo, abbia diritto di parola e di esprimere giudizi, nonché di proporre iniziative o rivoluzioni. Quando ragiona la folla, prevalgono la stupidità e i dolori di pancia. Ergo, la tribalizzazione non solo si è trasformata in ghettizzazione ma, nel virtuale, ha visto prevalere l’imbecillità.
Purtroppo però, coloro che non hanno altra relazione con la politica se non la rete, si ritrovano a vedere la realtà attraverso le lenti del proprio ghetto social, laddove a volte si superano i mille likes per le cose più insulse. Di qui le profonde delusioni che avvengono ogni qualvolta la prova dei fatti interviene a dimostrare implacabilmente che quanto sembrava maggioritario, unanime o di tendenza, perché affermato con eccitazione all’interno del proprio ghetto virtuale, non coincide affatto con il reale di cui ci si era fatta una raffigurazione tutta propria. E di lì partono le accuse alla vigliaccheria, al tradimento o al broglio. Difficilmente ci s’interroga per rispondersi fino a che punto la raffigurazione della realtà, sociale, culturale, internazionale, economica, che sia, abbia un’attinenza con il reale e non sia il frutto di una masturbazione psicotica di comitiva.
L’abbandono pigro alla logica di ghetto virtuale si è progressivamente riflessa nelle espressioni politiche, che sono divenute megafoni delle ubbie e delle psicopatie e hanno cessato di occuparsi della realtà. Trinceratisi dietro una pigra e infondatissima pretesa di onniscienza, in molti hanno iniziato a comportarsi come i Testimoni di Jehowah di certe bibbiette scritte da apprendisti sociologi, economisti, politici, filosofi, all’ultimo gracchìo, in genere niente altro che patetici pagliacci. Hanno così smesso definitivamente di guardare alla realtà delle cose per arroccarsi in astrazioni mai verificate. Non si è ovviamente più pensato ai contenziosi reali, le cui notizie non sono mai in prima pagina in quanto gli stessi giornalisti sono ormai megafoni di eccitazioni subitanee, ma si trovano comunque con un minimo di pazienza, specie se si masticano le lingue. O ancora alla guerra monetaria del Dollaro all’Euro, alle linee d’indipendenza strategica europea contrastate dagli americani, dagli inglesi e dai russi. O ai conflitti sotterranei in Africa, dove gli europei devono tenere testa agli americani (con i loro mercenari coloniali della Wagner) e ai cinesi. Mi riferisco alle battaglie strategiche, anche sul piano migratorio, che si svolgono nel Sahel o a quella di proiezione di potenza che ci vede attualmente impegnati sul Canale del Mozambico. È comunque logico che argomenti del genere siano da sempre appannaggio di minoranze ristrette che, secondo ogni logica organica, dovrebbero poi dettare le linee per le basi emotive. Cosa che non può accadere in democrazia in quanto sono l’ignoranza e il prurito i soli cocchieri della diligenza.
Se poi non si hanno formazione, carattere e personalità, ci si lascia trasportare dagli umori e dalle parole d’ordine che ci circondano, ragion per cui nella quasi interezza, la destra terminale ha operato questo rovesciamento gerarchico e le sue “guide”, palesemente inadeguate, si sono trasformate in portavoce della propria base informe, formattata dalla cultura dominante in una sua falsa opposizione, garanzia di lunga vita.
C’è però qualcosa di ancora più semplice ed elementare che viene ignorato sistematicamente.
Chi, pur sano di mente e di spirito, si ritrova a informarsi e a rapportarsi quasi esclusivamente sulla rete, deve sapere che vi troverà sempre una manifestazione falsatissima anche della stessa tribù sociale e politica di cui fa parte, anche del suo stesso ambiente.
Perché in rete si agitano soprattutto quelli che non hanno molto da fare. Nelle stesse formazioni, chi agisce in quartieri o in scuole, in università o in contesti politici, è concentrato sull’essenziale e posta l’essenziale, mentre chi non agisce si spertica in proclami virtuali. Osservando la rete, l’impressione che se ne ricava è che i primi non esistano o quasi e che i secondi siano predominanti. Esattamente l’opposto di quello che è, perché silenziosamente gira il mondo intorno a chi crea nuovi valori.
L’incredulità la riscontro anche sui fatti più semplici, come le tendenze di una certa area.
Scrivevo quasi due anni fa, quando in rete sembrava che la stragrande maggioranza di essa appoggiasse l’aggressione russa all’Ucraìna, che ciò non era vero.
Chi si facesse un giro dietro le quinte a parlare con le persone che nel quotidiano militano, si renderebbe conto di quanto sia reale quello che dicevo allora. La questione è stata divisiva perché c’è (stata) una deformazione concettuale del rapporto con gli Stati Uniti, sia nostro (come europei) che russo. Ma la realtà prova esattamente quello che affermavo fin da subito: la maggioranza relativa è neutrale (questo non è edificante) mentre i filorussi sono piuttosto dei boomers lontani dalla politica reale ma i più giovani e più impegnati, dunque i più attivi e fertili, sono prevalentemente pro-ucraìni.
Non è tanto la questione in sé ad essere importante in questo contesto, quanto il fatto che la rete esprima una realtà del tutto ingannevole che fa sì che chi la beva non si accorga neppure di quanto accade nello stesso mondo di riferimento.
Un mondo di riferimento che nelle giovani generazioni sta cambiando in positivo e con una certa vitalità come si comprova nei cambi di mentalità politica, molto più sinergica, ma anche per il coraggio e l’energia, come recentemente dimostrato in Grecia, Spagna e Francia.
Perfino il rapporto con la realtà virtuale è più interattivo, funzionale e intermittente di quello dei boomers ghettizzati, e anche questo lascia ben sperare.
La mia esortazione è semplice: non limitatevi alla rete e non cercate esclusivamente la compagnia di quelli che vi danno ragione in quello che vi siete costruiti nella testa: non c’è nulla di più deviante, perdente e sbagliato. Frequentate invece, parlate, interrogate senza partito preso: vi accorgerete che il disfattismo che si accompagna al fanatismo teorico e all’apatia, cioè quanto caratterizza la destra terminale sui social, non ha proprio ragione di essere e che a ingannarvi è proprio la bolla in cui vi siete rinchiusi.