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Come una cozza allo scoglio

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Non solo non si sono dimessi ufficialmente ma conservano tutti i vitalizi

 

Altro che dimissioni. Nessuno ha firmato nulla: né la Polverini, tantomeno i consiglieri del Pd che avevano cominciato una raccolta di firme sbandierata ai quattro venti. É stato un gigantesco bluff mediatico e la conferma è venuta dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno che spiegato: “Ho sentito che Polverini vuole fare un ultimo consiglio straordinario prima di andarsene, in cui decidere ulteriori tagli. Prima delle dimissioni formali della Polverini si possono prendere misure straordinarie”: E poi ha aggiunto: “Anche se la Polverini si è dimessa i vitalizi ai consiglieri regionali restano”.

Le dimissioni entrano di diritto nel mondo della favole. Ad oggi nessuna lettera è stata formalmente consegnata al Presidente del Consiglio regionale, Mario Abruzzese, in modo da avviare le procedure previste dallo Statuto per lo scioglimento del Consiglio. “Renata la sciupona” ora diventa “Renata la furbona”, poiché la Regione Lazio è ancora una macchina a pieno regime.

E se non bastasse la “mossa del cavallo”, al Consiglio regionale gli uffici legali sono in pieno subbuglio. Da due giorni sono alla ricerca di una soluzione istituzionale e giuridica al problema delle Commissioni, ufficialmente decadute tutte dopo l’assemblea di venerdì scorso e quindi da rinnovare al più presto. Ma con le dimissioni alle porte, non avrebbe senso rimettere in piedi una macchina che dovrebbe funzionare solo per l’ordinaria amministrazione. E così il dubbio resta, almeno sino a quando nessuno dei protagonisti della storica boutade, deciderà di consegnare la la lettera per ora fantasma.

Anche sulla data delle elezioni c’è un giallo: chi deve decidere la data? A sentire le dichiarazioni dei politici dovrebbe essere uno dei compiti del ministro degli Interni, in realtà chiarezza arriva da Francesco Storace: “Lo Statuto ha valore di Costituzione – spiega il leader de La Destra – e prevede che la convocazione elettorale sia un atto del presidente uscente d’intesa col Governo. É uno di quegli atti che rientra nella cosiddetta leale collaborazione tra le istituzioni”. E sul voto aggiunge: “Se fosse per me voterei subito, non possiamo stare 6 mesi in quello che sembra un cortile di Guantanamo”.

Insomma, dimissioni mediatiche e pieno controllo di tutti gli atti ufficiali: dalle delibere di spesa, sino alla potestà legislativa del Consiglio. Un grande bluff nel quale è caduta tutta Italia. Per Fiorito, Battistoni, la Colosimo, Bernaudo, De Romanis e tutti i protagonisti del Laziogate nulla è mutato: prendono sempre lo stipendio e in caso di convocazione del Consiglio pure la diaria.

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