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Con Putin

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Le ragioni dell’assedio terroristico, mediatico e politico subito dalla Russia. Come e perché è assurdo parlare di una “diversa soluzione” possibile della tragedia in Ossezia. Chi vuole il terrore.

“Sacrilegio !” Così il Presidente Putin ha definito la prosopopea di pessimo gusto dei ciambellani dell’Unione Europea. Il Capo di Stato russo ha ragione, ma non crediamo che sia sorpreso: non c’è da stupirsi che i politicanti dell’UE (che ben si differenzia dall’asse sostanziale Parigi-Berlino-Mosca ed è, al contrario di questo, alle strette dipendenze della finanza internazionale) si siano espressi criticando la Russia. Così vogliono i loro padroni. È difatti in atto da tempo una campagna di destabilizzazione del governo moscovita perché da quando comanda Putin non c’è molto da scialare per gli oligarchi, cioè per i magnati cosmopoliti che durante la fase di trapasso si sono arricchiti alle spalle dei popoli dell’ex Urss, ai quali miliardari (amici stretti degli americani e degli inglesi) Mosca ha di recente presentato il conto.


In particolare da quando Putin ha dato l’ultimo giro di vite alla Yukos, ben tre attacchi terroristici in una settimana hanno insanguinato la Russia. Dapprima i turbolev che, a detta del Mossad generalmente ben informato, sono esplosi (o sono stati abbattuti dalla contraerea ?) prima di raggiungere i bersagli previsti (che sarebbero stati la città di Mosca e l’abitazione del Presidente). Poi un’autobomba deflagrata nella capitale. Infine l’infame tragedia di Beslan. Oltre trecento morti, quasi tutti bambini. E viene da chiedersi cosa mai direbbe oggi quella stampa occidentale che si spertica nel proporre banali assurdità prive di fondamento a critica dei russi (“la forza non paga”) se gli attentatori fossero stati palestinesi e le vittime israeliane.


Che la Russia, principale ostacolo alla realizzazione della strategia di quell’egemonia planetaria designata da Brzezinski e avente come obiettivo il pieno controllo dell’Asia centrale, sia il principale bersaglio del terrorismo internazionale e, soprattutto, dei suoi registi holliwoodiani, non è cosa nuova. Addirittura l’inquietante ma ben informato Lindon Larouche sostenne, all’indomani dell’11 settembre, che quel colpo di stato a sensazione realizzato nelle alte sfere degli Stati Uniti, aveva come ulteriore obiettivo quello di creare un conflitto con la Russia. Quella Russia che, insieme con l’Argentina (che pagò immediatamente un salato dazio) minacciava tra l’altro con i suoi oleodotti (la cui costruzione è stata poi sospesa) alcuni interessi strategici americani ed israeliani.


“La Russia è oggetto di un’offensiva terroristica internazionale che viene dal di fuori della Federazione Russa”. Così sabato scorso si è espresso Putin che più chiaramente non avrebbe potuto parlare.


Intanto Aznar, che dopo la strage dell’11 marzo a Madrid ha dovuto lasciare il governo non ai suoi successori designati ma ai pacifinti (quelli cioè che “con l’Onu si può”…), diceva che “il terrorismo internazionale è coordinato ed ha un preciso scopo: quello di destabilizzare la democrazia”. Ora, se con ciò s’intende che si vuol vanificare ogni forma di partecipazione reale alla gestione sociale ed economica e che si pretende di liquidare ogni sovranità, la formula è giusta; del resto è espressa a chiare lettere nel programma della Commissione Trilateral pubblicato

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