Di casi se ne incontrano tanti sulla rete. Sulla stampa nulla. I casi che arrivano in televisione tendono a parlare delle condizioni di vita, quando accade, della storia personale di un connazionale recluso, ma non parlano mai del primo diritto che non deve essere violato: quella della presunzione di innocenza e il diritto ad un giusto processo.
Il sistema detentivo della California è stato giudicato dalla corte federale USA, anticostituzionale ed inumano. Ad Avenal, città della California, si trova uno dei carceri più sovraffollati e, quando alla pena si aggiungono la mancanza di cure mediche ed i soprusi da parte delle guardie carceriere, la vita diventa insostenibile. Se poi quella prigione è abitata da qualche innocente, 9 anni di detenzione rischiano di diventare la pena capitale. In queste critiche condizioni c’è un cittadino Italiano, Carlo Parlanti, difeso e sostenuto da migliaia di persone che dopo aver letto la documentazione del processo cerca in qualsiasi modo di aiutarlo. Sostenuto dall’associazione italiana “Prigionieri del Silenzio”, prima e unica con lo scopo di aiutare i cittadini italiani detenuti all’estero, e che per il suo “scomodo” caso non si risparmia nel cercare di far dichiarare la evidente e incontestabile innocenza del concittadino.
Il presidente di Prigionieri del Silenzio, Katia Anedda, è in questi giorni negli USA, con un preciso scopo: quello di denunciare i soprusi a livello detentivo e quello di denunciare i crimini perpetrati nei confronti di Carlo Parlanti, in sede di processo, prima del processo ed a seguito del processo.
Sono tante le storie dei nostri connazionali detenuti all’estero. Tra di loro c’è, ricorderete anche quella di Angelo Falcone, detenuto in India. Le difficoltà affrontate dalla famiglia di Angelo, sono purtroppo comuni a quasi tutti i nostri detenuti. Per ciò che riguarda Angelo però, la faccenda viene ulteriormente complicata dal fatto che l’Italia non ha particolari accordi con l’India.
Lo scorso 3 giugno, Giovanni Falcone ha intrapreso il suo terzo sciopero della fame, tuttora in corso. Non riesce infatti a comunicare telefonicamente con il figlio praticamente da un anno.
Ad oggi i giorni di protesta sono 15.
Vi invitiamo a seguirlo sul blog http://giovannifalcone.blogspot.com