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Crollano i ponti

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perché sono crollate le fondamenta

Su google avevo trovato cinque ponti crollati ed era già un primato mondiale, ma sono ben dieci in cinque anni!

Visto che è un fatto tipicamente italiano dovremmo affrontarlo dalle fondamenta. Che sono anche di sistema economico e politico ma soprattutto di stoffa umana. In altri Paesi le privatizzazioni (che non condivido) non conducono a questo. E il settore pubblico, esclusa l’area di tradizione austrungarica, in Italia è anche peggio. Se lo confrontiamo non dico con quello tedesco o austriaco, o, calando di livello, con il francese o l’inglese, ma addirittura con lo spagnolo, il belga, il portoghese, dobbiamo vergognarci. Nel pubblico come nel privato non c’è in Italia alcun senso comunitario; ci sono soltanto egoismi furbetti.

Il punto è che quando si finge di aver vinto, o almeno pareggiato, una guerra persa e quando si getta l’anima alle ortiche lustrando scarpe si parte in caduta libera verso il precipizio. Così sono 75 anni e tre settimane che abbiamo intrapreso una linea retta di caduta continua. Stiamo ancora pagando il prezzo di tanta infamia e tutte le storture che si sono accumulate da allora nel nostro vivere e nella nostra educazione.

Un invito a coloro che si riconoscono nel neologismo sovranisti: non provocate l’ultimo cedimento strutturale! Questa popolazione per diventare popolo si deve riscattare e va fustigata: bisogna rendere uomini gli italiani, cosa che non sono quasi più. Se li si ama li si disprezza, li si fustiga, li si pungola e così forse la nostra gente si rialzerà. Ma se continuate a scaricare colpe altrove, in un estero più o meno immaginario, se li coccolate, allora li state viziando e incoraggiando nella piccolezza e nell’impunità. Serve a questa gente perché torni ad essere popolo un’avanguardia rivoluzionaria non un sindacato di presunti diritti.

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