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Cyberatttacco alla Nato?

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O come passare le informazioni al “nemico” senza pagare pegno

Entropiche fabulazioni stanno alzando l’allerta su possibili delatori impegnati nel furto di materiale classificato ”Top Secret” dalla Nato. La stampa britannica, al momento, riferisce che la sottrazione di dati riguarderebbe documentazione sensibile relativa ad un’operazione di “communications intelligence”, condotta in Estonia nel 2020 da una squadra aerea americana. Le analisi delle risorse aperte, invece, alzano l’allerta su manovre di hacker, presumibilmente ingaggiati dal Cremlino, con il fine di penetrare le cyber-difese della Nato. Al momento, infatti, le indagini di Washington punterebbero sul black market del web, ma fonti ufficiali dell’Alleanza Atlantica sembrerebbero negare tali notizie, alimentando sempre di più il giallo di una nuova cyber-intelligence-operation, che s’infittisce guardando ad Est.

Cosa è stato rubato?
Secondo prime indagini riportate dalla BBC risulterebbero essere stati trafugati i registri delle chiamate, il nome, il numero di telefono e le coordinate del GPS di una persona coinvolta nell’operazione segreta statunitense. Ed inoltre si fa riferimento a rapporti secretati di sistemi missilistici utilizzati in Ucraina. Altre letterature editoriali asiatiche confermano che i file in questione riguarderebbero dettagli particolari sul sistema missilistico di difesa Common-Anti-Air-Modular della società paneuropea MBDA. La stessa fonte, infatti, illustrerebbe che i presunti documenti segreti trafugati contenessero informazioni proprio sul funzionamento del Land Ceptor CAMM, includendo anche la sua posizione e la struttura elettronica da cui è composta.
Ulteriori agenzie battono la notizia che il bottino di questi s ammonterebbe, invece, solo ad 80 GB di dati, per un totale complessivo di circa 320.000 dollari americani. Secondo le rivendicazioni on line di questi combattenti informatici, tali files sarebbero già stati venduti sul dark web ad un acquirente anonimo. Il “presumibile” successo riguarderebbe anche l’ottenimento di altre informazioni riservate su dipendenti coinvolti allo sviluppo di delicate pianificazioni militari. Inoltre sembrerebbe che, in aggiunta a questo, ci sarebbe anche l’acquisizione di corrispondenza, contratti, materiale video e fotografico, oltre a progetti e disegni di altre società.

Guerra psicologica o disinformazione?
Dall’analisi delle risorse risulterebbe che il colosso di sistemi missilistici MBDA, condiviso tra Francia, Italia e Regno Unito, abbia realmente subito “una violazione” di alcuni dossier, che successivamente sono stati pubblicati on line. Differentemente da quanto si acquisisce da fonti editoriali, però, la società stessa, invece, avrebbe reso noto che “la sottrazione” di materiale sensibile sarebbe avvenuta solo a causa del furto di un disco rigido esterno, probabilmente asportato da un fornitore e non da una “penetrazione” delle reti informatiche dell’azienda. Quest’ultima, infatti, assicura di non aver riscontrato alcuna falla nelle sistema. E tutto ciò disegna, negli occhi degli analisti, un quadro ben diverso della reale situazione. La Bbc è riuscita a valutare alcuni dei file in questione. Tali documenti sono stati inviati via e-mail dagli hacker per una prima visualizzazione gratuita. E Secondo quanto riferito dalla testata britannica, parte di quest’ultimi risultava classificata come Nato Confidential, Nato Restricted ed Unclassified Controlled Information.
A chiarire la questione, però, ci sarebbero le dichiarazioni di un addetto dell’Alleanza Atlantica, il quale avrebbe riferito che la procedura di classificazione della Nato è molto articolata e nello stesso tempo complessa, in quanto, sembrerebbe essere consuetudine interna apporre, ad eccesso di zelo, classificazione anche a materiale non ritenuto particolarmente “sensibile”.
La Bbc, infatti, conferma che i livelli di classificazione importanti partono da “COSMIC Top Secret” ed al momento nessuna prova certa, nè dagli stessi hacker, nè da altri attori cibernetici proverebbe che il furto di questo tipo di materiale provenga da una penetrazione delle reti di sicurezza. A conferma di ciò proprio lo stesso portavoce avrebbe ribadito che seppur siano in corso indagini per verificare le violazioni informatiche della MBDA, non risulta alcuna infiltrazione a quelle di sicurezza della Nato. Eurasian Times riferisce che oltre a MBDA Missile Systems, anche la Lockheed Martin sarebbe stata messa sotto attacco sempre da presumibili hacker russi, in quanto quest’ultima era coinvolta nella produzione del sistema missilistico M142 -HIMARS-, fornito dagli Usa alle forze armate ucraine. Ma al momento, però, nessuna “altra evidenza” reale sembra poter confermare un palese e concreto successo militare attuato da una cyber-operation a danno della Nato.

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