Berlusconi denuncia il complotto. Non ha tutti i torti ma rasenta il ridicolo.
Non ha tutti i torti
Non ha tutti i torti perché inglesi e americani stanno speculando contro l’Euro e tentano di spaccare la Ue; e questo ringalluzzisce ora i lacché della City che contro il premier congiurano da sempre. Ciò indebolisce anche la posizione italiana, fatta d’improvvisazione e di smarcamento continuo tra i giganti continentali, perché oggi chi resiste, ovvero Francia e Germania, pretende che ci si accodi. Tra i due litiganti il terzo non gode: né Berlusconi che non ha più sponde, né gli euroscettici come i destroterminali che, con Marine Le Pen in testa, si sono appecoronati un’altra volta dietro allo Zio Sam contro l’Europa. Ma su questi qui non è nemmeno il caso di soffermarsi troppo.
Non ha tutti i torti perché gli attacchi dell’ultimo mese sono mirati e puntano ai pilastri del Cavaliere al fine di destrutturarlo: mirano a Bertolaso e Letta.
Non ha tutti i torti perché la minoranza organizzata nei media sta offrendo un’immagine distorta e fa apparire ruberie, arroganze e violazioni come figlie di Berlusconi quando sono evidentemente bipartisan.
Non ha tutti i torti perché è chiaro che gli attrezzi buffi che dovevano presentare le liste elettorali sono individui disinvolti e pecionari da sempre ma, stavolta gli altri, probabilmente ben istruiti, li attendavano al varco.
Non ha tutti i torti perché al momento di raccogliere i cocci Napolitano ha ondeggiato, oscillato e giocato in modo non cristallino e perché i giudici hanno interpretato il decreto legge a loro arbitrio.
Non ha tutti i torti ma, soprattutto, rasenta il ridicolo.
Rasenta il ridicolo
Rasenta il ridicolo perché sarà pur vero che le ruberie, le arroganze e le violazioni sono bipartisan, ma questa non è una buona ragione per assolvere chi le commette.
Perché sarà pur vero che molti degli inquisiti sono innocenti e alcuni addirittura galantuomini – probabilmente è il caso di Bertolaso – ma di sicuro c’è chi è stato preso letteralmente con il sorcio in bocca.
E sarà pur vero che tra i presi con il sorcio in bocca ci sono esponenti sindacali e politici di sinistra, ma ciò non risalta affatto, dunque è come se non fosse così.
Rasenta il ridicolo, anzi nello specifico ci è sprofondato, per come ha giustificato la cialtroneria dei suoi peones nel Lazio. Perché sarà pur vero che c’è stata anche violenza dei radicali, e personalmente ci credo, ma se ciò è vero non è affatto verosimile. E in propaganda è il verosimile che fa fede.
In ogni caso la violenza dei radicali non è che un elemento di una tragicommedia alla burina, con annesse tutte le motivazioni che van di bocca in bocca (vox populi vox dei…).
E non si può rispondere a una tal figuraccia cambiando continuamente angolo d’attacco, come fa da giorni Berlusconi (perché gli altri, furbi e codardi, tacciono): è prova di debolezza e d’insicurezza.
Così come non si può cercare di parare tutto con un provvedimento straordinario dall’alto, impopolarissimo tra i propri elettori, né riuscire, colmo dei colmi, a partorire un decreto che viene persino bocciato!
Rasenta inoltre il ridicolo perché, cercando disperatamente e confusamente d’incollare i cocci, ha fatto sì che la pretesa assurda di Bersani e Di Pietro di vincere a tavolino, i loro deliri su colpi di Stato, ahimé irreali, che in un momento di normalità li avrebbero coperti di ridicolo, le loro esortazioni a istituire, essi, una democrazia protetta e guidata da un’oligarchia tecnogiuridica, tutto ciò è passato liscio e tranquillo e nell’occhio del ciclone ci è rimasto Berlusconi. Da solo.
Perché i leghisti si sono giustamente smarcati dal Lazio e gli altri continuano a fischiettare. Come sempre: in attacco e in difesa c’è soltanto lui.
E stavolta non ha nemmeno più l’appoggio dei suoi uomini di fiducia.
La ruota gira
In pochi mesi la ruota è girata ancora. In autunno sembrava che i Proci avessero avuto la meglio su Berlusconi, da dicembre a febbraio questi li aveva letteralmente sgominati, ora i rapporti sono inversi di nuovo.
Siamo arrivati al punto che le elezioni regionali, che fino a un paio di settimane fa non rivestivano alcun significato strategico, diventano importanti politicamente anch’esse, e ciò al di là dell’imperativo democratico della distribuzione dei poteri (le amministrazioni a chi non governa).
Successivamente, in teoria, ci saranno tre anni senza elezioni. Ma cosa accadrà? Difficile che Berlusconi abbia la forza di avviare le purghe interne. Difficile che il suo scontro con buona parte dei poteri forti e il suo richiamo al populismo possano produrre auspicabili lacerazioni.
Se anche dovesse risorgere una volta di più, è improbabile che vada al redde rationem.
D’altronde alla mafia del sottopotere e all’immobilismo delle nomenklature finora egli ha opposto la sua energia e il suo egotismo e i pieni poteri, dove possibile, concessi a qualche decisionista efficiente, come Bertolaso. A questo si aggiungono delle ottime opzioni politico/culturali: il craxismo, l’anticomunismo il non/anti-fascismo e le scelte estere ad est.
Ma la sua classe degli ufficiali è da Prima Repubblica. E’ gente intrisa di democrazia: ovvero palsmata su di un’etica di patteggiamenti, di lottizzazioni, di scambi, di ni (mai sì o no), di percentuali, di accordi, di dialettiche oblique.
Perché questa è la democrazia, che è corruzione, sempre.
Lessicale, mentale e morale prima che economica. Ce lo dimostra la storia fin dai tempi di Atene quando mandò a morte Socrate perché onesto, esiliò Aristide perché giusto e visse tra sfarzi e acquisti di cariche. E lo dimostra la cronaca, con un’Italietta di ladri e ruffiani subentrata ai gerarchi assassinati che non avevano intascato un centesimo ed erano riusciti a chiudere in attivo – in guerra! – i conti della RSI. In ogni latitudine la democrazia è ruberia, si salva appena appena solo nei paesi dov’è retta da una rigida morale puritana, buona per l’amministrazione, deleteria per altri versi.
Corruzione e cialtroneria
Gente corrotta, a destra come a sinistra, oggi come in Prima Repubblica, ma con una differenza: se quelli erano corrotti questi sono corrotti e cialtroni. E se la corruzione il popolo la può anche perdonare perché in fondo è corrotto anche lui, il ridicolo non lo accetta.
Non si può andare avanti con i cialtroni: ma di cialtroni ce ne sono a bizzeffe. Come riconoscerli direte voi? La cartina di tornasole sta nell’antifascismo. L’antifascismo di oggi, per chi non rappresenti un dogma isterico della fede, è pura cialtroneria. E’ sul come si pronunciano sull’antifascismo che si misurano oggi gli uomini.
Chi ha un minimo di spina dorsale, anche se fascista non è, persino se in fondo è antifascista, non accetta di prosternarsi e di strisciare: non lo hanno fatto i leghisti, non lo ha fatto Berlusconi, non lo hanno fatto diversi forzaitalioti. Ma chi non ha attributi, chi ha i polsi che gli tremano, chi ha le ginocchia che gli si abbassano, chi ha la vocazione di pietire un riconoscimento altrui, chi canta a comando, chi riscrive addirittura il suo passato per mondarsi persino ai propri stessi occhi di valletto, è cialtrone.
E non è un caso che il massimo della cialtroneria di queste regionali sia maturato proprio nell’ambiente più cialtrone del centro-destra. Non è un caso per niente.
Una cultura anti-democratica
Non sappiamo come andrà in futuro e, in fondo, ci preoccupa poco.
Non sappiamo se si avranno rese di conti tra quelli che con poche mosse hanno gettato al vento il sostegno di cui godevano fino a due settimane fa.
Fortunatamente non abbiamo mai creduto che le cose in Italia si sarebbero rivoluzionate per intervento dei politici e abbiamo sempre osservato le evoluzioni, individuato le faglie – e tifato per le lacerazioni – avendo a mente al tempo stesso il bene della Nazione e della Tortuga.
Un bene da costruire negli spazi che si aprono e nelle condizioni che si vengono a creare.
Ergo, di quanto accadrà dopo questa buffonata poco ci cale.
Se mai ci sarà una lotta intestina tra i componenti della parte oggi in difficoltà, ovvero il centro-destra, sia chiaro che, dato per postulato che siano corrotti in gran numero gli uni e gli altri, auspichiamo che a cadere siano soprattutto le teste di chi è anche cialtrone, i neo-antifascisti.
Per il resto, per quanto ci compete, per quanto possiamo, è necessario che si dia ogni giorno l’esempio di una viva cultura anti-democratica.
Ovvero: onesta, responsabile, generosa, efficiente e partecipativa.
La democrazia la lasciamo tutta a chi l’ha partorita e ci sguazza dentro: alla cultura clericale, massonica, mafiosa, e gangsteriale. Bipartisan e corrotta.
Se poi la democrazia continuerà su questa china, se si mostrerà, cioè, anche cialtrona non ne soffriremo: può anche darsi che così sia costretta a togliere il disturbo e a restituirci la libertà.