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Diario di viaggio – II puntata

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Diario di viaggio – II puntata

Ci siamo svegliati presto anche questa mattina. D’altronde quando vai a dormire alle 19 viene quasi automatico. Andare a dormire con il tramonto e svegliarsi con il sorgere del sole: la cultura tradizionale insegna appunto questo, e non solo la cultura tradizionale karen.
Siamo pronti per affrontare un lungo cammino. Siamo quasi un’ottantina qui sul piazzale. Una pattuglia della Black legion è già partita in avanscoperta, ci precede di una mezz’ora. Lo fanno per tutelare noi. I soldati ci sorridono, fumano delle lunghe sigarette bianche e sono ricchi di premure nei nostri confronti.
Iniziamo a camminare. Fa molto caldo anche se sono le 8 del mattino. E’ piovuto  gran parte della notte, quindi un buon tratto del tragitto sarà ricoperto di fango. Il primo panorama che ci si prospetta davanti è una distesa sconfinata di granoturco. E’ granoturco piantato dai nostri karen. E’ granoturco per biodiesel.
Verso i primi di dicembre ci sarà il raccolto e il ricavato sarà molto importante per questi villaggi. Preoccupazione più che motivata di Nerdah è che i birmani cercheranno di incendiare tutto questo proprio in quei giorni. Ecco perché sin d’ora i campi sono pattugliati da squadriglie armate pronte a difenderle.

Il cammino prosegue e ci troviamo in fila indiana distanziati uno dall’altro di circa 3 metri. Funziona cosi quando ci sono “campi aperti” da affrontare: nessuno parla. Il silenzio viene interrotto esclusivamente dal rumore dei nostri jungleeboot e dal suono cadenzato dei respiri. Il territorio è prevalentemente pianeggiante con improvvise salite e discese. Si passa dai campi di granturco all’interno di vere e proprie foreste piene di suoni e richiami di animali sconosciuti. Ogni tanto si trova qualche soldato sul lato destro o sul lato sinistro che ti fa capire che non si può andare in quella direzione perché ci sono le mine. E’ importante seguire la fila, non rimanere isolati e stare in silenzio.

Dopo circa 5 ore di cammino, il comandante Nerdah Mya decide di accamparsi lungo un fiume: fa notte presto e questo è il posto ideale per una sosta. Iniziamo a montare le nostre amache mimetiche con zanzariera inclusa. Nel giro di pochissimi minuti ognuno ha la sua cuccia per la notte con tanto di telo impermeabile a copertura in caso di probabile temporale. Come ho già detto è la stagione delle piogge, anche se a dire il vero da quando siamo partiti questa mattina della pioggia neanche l’ombra.
Gli addetti al rancio si mettono a cucinare. Si mettono anche a bollire l’acqua del torrente per renderla bevibile in modo tale da poter riempire le tante borracce ormai a secco. A guardare bene in giro ti rendi conto che i nostri soldati sono appostati in tutti i punti cardinali a decine e decine di metri. Puliscono le armi: ak47, rpg, m16, fucili di precisione, pistole di vario calibro. Ma lo fanno sempre lontano da noi civili. Forse è una sorta di tutela nei nostri confronti o forse è la consegna.

Il pranzo è a base di noodles, bambù, pollo. Ci portano anche il bis visto che questa sera non ci sarà cena. Ci facciamo un bel bagno nel torrente e l’acqua è ghiacciata. E non c’è cosa più bella al mondo dopo ore di marcia nel caldo più opprimente.
Insetti di ogni colore, forma e dimensioni volano a filo d’acqua. La natura ha donato a questi ragni, a questi grilli colori allucinanti: viola e azzurro, bianco e celeste, rosso acceso e verde smeraldo. Abbinamenti curiosi, improbabili. Come per i frutti. Gustosissimi frutti dalla buccia color fucsia e dal contenuto bianco a puntini neri, che ricorda la “stracciatella” delle nostre gelaterie.
Con l’arrivare della sera arriva la stanchezza. Nella mia amaca dondolo appena, scorgendo attraverso il filtro della zanzariera giovani soldati ridere intorno a un fuoco tenuto basso per cacciare gli insetti. Parlano sottovoce di amore e di guerra. E si mostrano le ferite nella carne.

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