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L’amicizia italiana con la Russia, le nuove prospettive energetiche e il timore della reazione americana nelle risposte dell’ambasciatore all’Onu

Intervista raccolta da Alfonso Piscitelli
Poco prima di volare a New York, dove è in programma l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l’ambasciatore italiano all’Onu Maurizio Massari ha concesso al Predellino una intervista che prende spunto dal suo recente saggio “Russia: democrazia europea o potenza globale?” (Guerini editore) e tocca i punti cruciali dell’agenda politica internazionale: Iran, Afghanistan, rapporto Europa-Russia, questione energetica. Maurizio Massari, napoletano, già capo della missione OSCE a Belgrado è oggi il portavoce del Ministero degli Esteri italiano.
Ambasciatore, l’amministrazione americana ha preso una decisione importante, dichiarando la sua rinuncia a schierare le batterie antimissili a ridosso del confine russo. Questa decisione si inserisce nell’ambito di una triangolazione diplomatica tra Wahington, Mosca e Teheran?
La decisione americana è frutto innanzitutto delle valutazioni tecnico-strategiche e dei costi-benefici complessivi del progetto. Non c’è
dubbio tuttavia che la questione iraniana abbia giocato un ruolo nell’equazione complessiva, incluso il fatto che quelle difese missilistiche tanto avevano irritato Mosca. La priorità dell’amministrazione Obama è oggi que lla di risolvere positivamente il dossier iraniano e in questo senso l’intesa con la Russia è una condizione indispensabile. Non dimentichiamo che la Russia è anche membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Ma questa nuova distensione tra America e Russia su un problema cruciale di armamenti è anche la dimostrazione che lo spirito di Pratica di Mare vive. Lo sforzo del governo italiano di portare a un punto di incontro i due grandi dà i suoi frutti.
Il governo italiano ha giocato un ruolo molto importante nel tener vivo il rapporto tra la NATO e la Russia. Ricordiamo l’azione diplomatica svolta dal presidente Berlusconi al consiglio NATO – Russia che si è tenuto a Corfù nel giugno scorso per sbloccare le relazioni tra i due interlocutori dopo il grande freddo conseguente alla guerra in Georgia. Ora si profila una più ampia cooperazione, anche sulla questione afghana.
Riguardo all’Afghanistan la stampa in questi giorni si sta interrogando sulla strategia di uscita, forse bisognerebbe abbozzare una strategia di ri-uscita. Quale è il ruolo della Russia in questo punto dello scacchiere?

Piuttosto che di exit-strategy bisognerebbe parlare di una transition-strategy in Afghanistan, ovvero dell’adattamento dell’insieme degli strumenti alla nuova situazione sul terreno. Bisogna responsabilizzare maggiormente l’esecutivo afghano nel controllo sul territorio e capire con più accuratezza le questioni sociali ed economiche del territorio. In tutto ciò la Russia cosa centra? La Russia è una grande potenza che è prossima all’Afghanistan e in quella regione ha una lunga esperienza storica di presenza, sia pur conclusasi negativamente come tutti sappiamo ed è un partner assolutamente cruciale anche per le facilitazioni logistiche all’accesso in quell’area . Il Consiglio NATO – Russia, rivitalizzato grazie agli sforzi della diplomazia italiana, si occuperà anch’esso nei prossimi mesi di Afghanistan, a partire dalla riunione del 23 ottobre prossimo che ha all’ordine del giorno i punti riguardanti Pakistan e Afghanistan.
Si è parlato ultimamente di una diarchia anche tendenzialmente conflittuale tra Medvedev e Putin. I due esprimerebbero oggi tendenze delle élites politiche russe non sempre sovrapponibili. Quale è la sua percezione di ciò che accade adesso nelle stanze del Cremlino?

Tendo a dare poco peso a queste speculazioni giornalistiche dietrologiche. Siamo abituati a considerare la Russia come una realtà monolitica e piramidale da mille anni a questa parte. Ma la Russia di oggi è una società complessa esattamente come le nostre società europee occidentali. Non c’è un unico, esclusivo centro decisionale, ma ovviamente c’è un establishment con tutte le sue diversificazioni interne. Io credo che oggi ai vertici della Russia vi sia una sostanziale identità di vedute riguardo al corso delle riforme interne e alle decisioni per tutelare lo status di grande potenza dello Stato russo. Nei dettagli le opinioni possono poi variare, ma non si può pensare a una sorta di discordia ai vertici delle istituzioni.
La popolarità di Putin è ancora oggi altissima?
L’ascesa di Putin ha coinciso con una ripresa della Russia dopo lunghi anni di declino e dopo la crisi degli anni Novanta, che da alcuni sono stati definiti un nuovo ‘periodo dei torbidi’, con riferimento a un momento buio della storia russa. Il ripristino da parte dello Stato del controllo sul territorio e sulle risorse energetiche è stato apprezzato dalla popolazione, che ha colto sul piano concreto le conseguenze di questi successi.
Il miglioramento della condizione economica della popolazione russa è indubbiamente legato all’impennata degli energetici. Ma l’economia russa è ancora ferma al livello dei paesi del terzo mondo che puntano tutto sulla esportazione di gas e petrolio o si sta evolvendo in maniera strutturale verso forme di produzione propria?
Nella rinascita economica russa l’elemento energetico rimane ancora predominante. Eccessivamente predominante. Ma non dimentichiamo che il commercio russo è rinato dal nulla dopo decenni di immobilismo e si possono comprendere gli indugi nello sviluppare la necessaria diversificazione dei settori economici. Ora però per i Russi diventa prioritario rafforzare uno Stato di diritto con regole trasparenti, per realizzare la cornice necessaria ad una sana economia di produzione. In questo senso Medvedev ha posto l’accento sulla lotta alla corruzione.
Si apre uno spazio di inserimento per noi che abbiamo ingegni imprenditoriali più rodati? Si può prospettare un processo di integrazione bipolare per cui l’energia scorre da Oriente a Occidente e le nostre risorse imprenditoriali possono essere da stimolo sui mercati dell’Est?
Assolutamente sì, c’è una naturale interdipendenza tra Italia, Europa da un lato e Russia dall’altro. E si può prospettare un circolo virtuoso tra offerta russa di energia e iniziativa europea volta ad esportare il know-how manageriale. Già oggi si profilano cooperazioni in settori delicati come le telecomunicazioni, l’aereospaziale ed altri ambiti che richiedono alta tecnologia. E’ importante raggiungere oggi un accordo organico di partnerariato tra Unione Europea e Russia che può preludere domani alla creazione di un’area di libero scambio.
Lei però scriveva nel suo libro che i Russi sono scettici riguardo alle trattative con le burocrazie europee. Preferiscono trattare con i governi nazionali.
Le diffidenze persistono e credo che per questo euro-scetticismo i Russi abbiamo anche un po’ ragione. L’agenda degli incontri UE-Russia si è molto spesso burocraticizzata, e si è perso di vista l’essenziale del dialogo. Però è necessario che da parte russa si capisca che oltre alle grandi decisioni politiche è anche necessaria la messa a punto di regole precise sulle quali incanalare la cooperazione.

E’ pur vero che l’Unione Europea, per quel deficit di sovranità politica che caratterizza le sue origini, tende spesso a dissolvere l’ambito politico delle decisioni nell’ambito burocratico delle regolamentazioni. Al contrario, nella Russia odierna si sta attraversando una fase di decisionismo che a volte calpesta anche un po’ le regole dei diritti umani.
Il problema dei diritti umani?

E’ assolutamente cruciale. L’Europa si fonda su alcuni valori e principi etici e ci si aspetta che i nostri partner più stretti siano capaci di rispettarli.
Però, è pur vero che a volte Bruxelles utilizza la tematica dei diritti umani come una clava politica. Noi Italiani ne sappiamo qualcosa per la vicenda dei respingimenti.
E’ importante che la materia dei diritti umani sia affrontata per cercare spunti di avvicinamento, non per puntare un dito inquisitore nei confronti del nostro partner. Poi è chiaro che, per non incorrere nell’accusa di ipocrisia occidentale e di utilizzo strumentale della tematica dei diritti umani, lo stesso metro deve essere utilizzato nei confronti di tutti i grandi partner economici dell’Occidente.
Come esce la Russia di Putin dalla crisi finanziaria?
La Russia ha subito un colpo non indifferente, esattamente come le nostre economie più industrializzate. Però la crisi può rappresentare uno stimolo ad accelerare le riforme interne e ad effettuare quella differenziazione dei settori dell’economia a cui si accennava prima. La crisi potrà essere la molla della definitiva ristrutturazione? Questa è la scommessa delle classi dirigenti russe di questa fase storica. La crisi dovrebbe anche essere uno stimolo affinché la Russia condivida ed interiorizzi le regole che reggono il mercato internazionale. L’ingresso del WTO ci sembra assolutamente indispensabile per un reale salto di qualià per quanto riguarda l’integrazione di Mosca nell’economia globale.
Quale sarà l’occasione del prossimo incontro del presidente Berlusconi con Medvedev o Putin?
Di sicuro l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in programma a New York in questi giorni. Il rapporto tra il presidente Berlusconi e Putin è così forte che sicuramente anche quella cornice sarà occasione per un incontro amichevole. Segnalo anche come appuntamento importante il prossimo G8 dei ministri degli esteri, presieduto dal nostro ministro Frattini. Le porte del dialogo italo – russo sono aperte oggi più che mai.
Come interpretare l’osservazione del nuovo ambasciatore statunitense a Roma, che ha parlato di relazioni un po’ troppo intime e potenzialmente ‘dangerous’ tra Roma e Mosca?

Da quello che ho letto sui giornali, mi sembra che ci si riferisse principalmente alla tematica energetica. Su questo bisogna fare la necessaria chiarezza. Innanzitutto sulla questione della sicurezza energetica l’Italia ha con gli Americani un dialogo continuo che continuerà ad avere. Il secondo punto da sottolineare è che la politica energetica italiana è basata sul principio della differenziazione energetica: non vogliamo essere dipendenti da una sola fonte o da un solo paese. La Russia è un importante partner energetico ma non è il solo, abbiamo rapporti molto stretti con la Libia, con l’Algeria, con i paesi del Golfo. La scelta del governo di rivitalizzare l’apporto del Nucleare si inserisce in questa strategia. Siamo anche per la pluralità delle vie di trasporto dell’energia: per cui va bene South Stream, ma anche il Nabucco.

Nb. Il Nabucco viene però penalizzato e messo in forse dal South Stream cui si è dedicato Berlusconi. Questo nessuno lo ignora, men che meno gli americani, gli inglesi e gli israeliani.

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