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Dite a Teheran che l’amo

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  Hillary Clinton scopre le carte della comunanza d’interessi tra Usa e Iran

          Fino a questo momento Washington aveva sempre e solo ripetuto che “tale prospettiva è inaccettabile”. “Se gli Stati Uniti – ha invece detto Hillary Clinton parlando alla tv in Tailandia – estenderanno un ombrello difensivo sulla regione, e incrementeranno le capacità militari degli Stati nel Golfo, è improbabile che Teheran diventi più potente. L’Iran non sarà in grado di intimidire e dominare i suoi vicini se riuscisse ad ottenere la bomba”.

Sull’ipotesi di un dialogo diretto con Teheran (che ostacolerebbe il business e la mossa strategica dello scudo stellare), appellandosi alla repressione dei manifestanti, la Clinton ha fatto capire che non è questo il momento per mandare messaggi a Khamenei e Ahmadinejad.

Ciò che Hillary fa trapelare è l’inzio di un ripensamento dell’approccio della Casa Bianca all’Iran: se prima del voto la realpolitik di Obama portava a voler raggiungere un accordo sul nucleare, oggi che il negoziato diretto si allontana lo scenario che si profila è simile a quanto già avviene in Estremo Oriente dove Washington ha esteso il suo “ombrello nucleare” sugli alleati Giappone e Corea del Sud per proteggerli dai rischi portati da missili e armi nucleari della Nord Corea.

Non sappiamo chi sarà sorpreso da queste sconvolgenti rivelazioni di “cambio di strategia”. I lettori di Noreporter e di Orientamenti & Ricerca erano al corrente da mesi di quanto ha appena affermato la Clinton. L’unico dubbio di tutta questa storia sta a Tel Aviv. Malgrado i legami di collaborazione commerciale, l’anti-arabismo e gli intenti di spartizione regionale che accomunano Israele e Iran, il Paese ebraico sarà comunque riluttante a lasciar armare nuclearmente, sia pure a livello qualitativo discutibile, una potenza vicina, a prescindere dal grado di cooperazione sostanziale con la stessa. Un rovesciamento di relazioni sostanziali (non di quelle sceniche e pagliaccesche di simulata aggressività reciproca che si ripetono sui media) diviene da oggi possibile proprio in reazione alla scelta americana.

Questa è la sola, vera, ma pesante incognita della tragicommedia in scena.

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