Larghe mire e spazi angusti per il Cremlino
Fino ad oggi l’invasione lampo dell’Ucarìna da parte dei russi non è andata molto bene e ci si chiede se avrà una soluzione nel breve o se, come affermano gli inglesi, durerà anni. Se si tratterà, cioè dell’ennesima balcanizzazione, come avviene negli altri scenari caldi.
L’interesse generale del sistema è che duri a lungo per motivi geopolitici, finanziari, economici e per favorire la reinizializzazione mondiale, consentendo psicologicamente e giuridicamente di proseguire con l’emergenza; Draghi ha infatti colto subito l’occasione.
Se Putin non è caduto in una trappola alla greca come ipotizzamo l’altro giorno ma si è prestato a questo gioco vuol dire che è un complice della casta dominante ed è una specie di Al Capone in una sorta di Sinarchia banditesca. Tenderei a non accettare questa lettura così come quella secondo cui sarebbe impazzito.
A che gioco sta allora giocando?
L’ennesima Jalta di Putin
Che la scelta unilaterale russa di rompere la rinnovata intesa con Parigi e Berlino accettando come unico interlocutore gli Usa abbia il sapore di una nuova Jalta tra le due potenze è ormai una convinzione non solo mia ma abbastanza diffusa: ci si crede in Cina, in India e in Iran.
Ma di che accordo si tratta? Di una Jalta minor perché il disegno americano (e inglese) è quello di congelare l’Europa nello scenario ritenuto secondario, distrarla dalle sue influenze nel primario, ovvero l’Indo-Pacifico, e cercare di spingere India e Giappone a tutti i costi nel Quad, varando una Jalta maior con la Cina.
Va detto che la Ue sta facendo di tutto per sottrarsi a questo quadro ed entrare in gioco come soggetto autonomo dalla Nato e dagli stessi americani, ma fino a quando non otterrà sponda da Mosca il dispositivo terrà.
Una Jalta di serie B
A detta degli analisti che avevano preceduto le mosse russe, con Jalta minor Mosca, a parte gli introiti moltiplicati del gas e delle forniture energetiche, dovrebbe ottenere via libera in diverse zone geografiche e una sponda economica americana per liberarsi dalla sottomissione alla Cina.
Dobbiamo ricordare che le sanzioni a questo sono servite finora: a spezzare i legami eurorussi e a far prosperare cinesi ed americani sugli stessi mercati.
Va anche detto che il Centro Studi legato al Cremlino e presideuto da Kortunov paventa da oltre quattro anni la fine della potenza russa e il suo essere risucchiata da Pechino e insiste per un’intesa preferenziale con la Ue. Intesa preferenziale di cui si trova eco addirittura nel contratto di governo firmato dai partiti tedeschi.
Putin ha operato un’altra scelta che gli sarà parsa più conveniente. Il ritorno di fiamma alla Jalta però va stretto alla Russia perché, diventando l’antagonista scenico e il soggetto di contenimento dell’Europa, si assesta a un livello di potenza secondaria e con molta meno mano libera e trasversalità dell’altro soggetto individuato in Usa per i giochi di equilibrio tra players: la Turchia. Ed è così che Putin ha giocato una nuova carta che ha però l’aria del rilancio di un giocatore in difficoltà.
L’Antifascismo per tornare tra i grandi
Il Presidente russo ha lanciato l’idea di una Conferenza Mondiale Antifascista per colpire i nazisti in tutti il mondo. Vuole denazificare quanto non è nazificato, è un po’ come se organizzasse un coordinamento mondiale per salvare le etnie dalla sostituzione etnica che viene praticata dai pellerossa. Ovviamente è pretestuoso, non soltanto perché usa un termine evocativo che non può conoscere obiezioni e consente di vincere facile, ma anche perché sta facendo sempre più leva sulla retorica sovietica. I russi che continuano a non riuscire ad espugnare Mariupol vanno all’attacco con le bandiere sovietiche e gridando Hurra!
La ragione ideologica e psicologica interna di questa scelta vale forse più di quella esterna.
Ma alla fin fine a che servirebbe questa conferenza?
Se leggiamo la lista degli invitati capiamo che il tentativo è quello di tornare in serie A.
Il solo soggetto che ha qualcosa da dire sul fascismo è infatti l’Etiopia. Per il resto l’invito è rivolto a governi dell’Est e del Sud. Si rispolvera la retorica antimperialista e terzomondista nella tradizione sovietica. Le scelte sono mirate e significative visto che ci sono l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi: è un messaggio a Israele. Otto anni fa quando Putin si era posto come il difensore della causa ebraica contro l’antisemitismo nel mondo, Tel Aviv aveva bloccato gli invii di armi all’Ucraìna e aveva inviato volontari nel Donbass dal lato russo. Oggi che il governo è cambiato è mutata anche la linea israeliana. Opporsi al “nazismo” insieme agli alleati wahhabiti dello stato ebraico è una mossa di riconciliazione abbastanza evidente, anche se un po’ grossolana.
Putin non si limita certo a questo poiché spera di attirare in questa logica bipolare assoluta, in questa sua Jalta superior, l’India e la Cina. Non vi è però alcuna ragione perché l’India si lasci chiudere in una logica che non le conviene, né perché la Cina, pur con la sua netta superiorità riconfermata, debba accettare una partnership così sfacciata con Mosca, a scapito oltretutto dei suoi interessi nell’altro polo e delle spinte economiche e diplomatiche dell’Unione Europea che mettono i bastoni tra le ruote alla strategia angloamericana per Pechino.
Se l’invito di Putin verrà colto ognuno se la giocherà a modo suo e la Russia, comunque, non tornerà mai più in serie A. Come crede Kortunov lo potrebbe fare solo con l”intesa strategica con l’Europa. Ma per mettere assieme i cocci ce ne vorrà di tempo.