sabato 20 Luglio 2024

È un incendio che mi brucia l’anima

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Le fiamme che devastano il pianeta

Amazzonia, Siberia, California, Australia, India: gli ultimi anni ci hanno abituato a vedere diverse zone del nostro Pianeta in preda a incendi catastrofici, con ripercussioni drammatiche sulla vita di intere popolazioni, sulla sopravvivenza degli ecosistemi e della biodiversità. Un report pubblicato oggi dall’Agenzia per l’ambiente delle Nazioni Unite (Unep) fotografa con metodo scientifico l’aumento dei grandi incendi che stanno affliggendo il Pianeta, con frequenza sempre maggiore, per un effetto combinato dell’attività dell’uomo e del riscaldamento globale.
“Il pericolo per le persone e per l’ambiente legato agli incendi sta cambiando a causa di diversi fattori”, commenta Andrew Sullivan, uno degli autori dello studio, ricercatore del Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation, istituto di ricerca con sede a Canberra. “Un ruolo centrale è legato ai cambiamenti climatici, ma anche il fattore umano incide direttamente, in particolare per il cambio d’uso dei terreni e per la crescita demografica”.
Il rapporto “Spreading Like Wildfire: The Rising Threat of Extraordinary Landscape Fires” è stato realizzato da 52 autori in 17 Paesi del mondo, e lancia un chiaro monito per un fenomeno che rischia di peggiorare ulteriormente nei prossimi decenni: “I cambiamenti climatici e il cambio d’uso del suolo stanno rendendo gli incendi più frequenti e di portata maggiore, con un incremento globale di incendi su vasta scala del 14% entro il 2030, del 30% entro la fine del 2050 e del 50% entro la fine del secolo”.

I motivi degli incendi
Lo studio analizza le ragioni che hanno determinato i principali eventi catastrofici legati agli incendi negli ultimi anni. “Il modo in cui gli uomini stanno cambiando la terra è uno dei maggiori fattori di influenza per gli incendi”, si legge nel dossier. “Il cambio d’uso del suolo in genere riguarda la conversione di territori, spesso ricoperti di foreste, in terreni agricoli, per monocolture o pascoli”.
Secondo una recente stima della FAO “quasi il 90% della deforestazione tropicale è legata all’espansione dell’agricoltura”, con i principali (ma non unici) imputati che sono i pascoli bovini, la coltivazione di soia destinata alla produzione di mangimi e quella di palme da olio. “Il cambio d’uso dei suoli può innescare gli incendi quando si usano le fiamme per deforestare o per gestire le aree produttive”, scrivono i ricercatori, “ma può anche esserci un effetto legato alla frammentazione degli ecosistemi (…). Nelle foreste fitte, la frammentazione può aumentare la capacità dei roghi di innescarsi e propagarsi”. Al “fattore umano”, protagonista nelle aree tropicali del Sud America, dell’Africa o del Sud Est asiatico, si aggiungono gli effetti del cambiamento climatico, responsabili di roghi anche in altre aree del Pianeta, come l’Australia o persino l’Artico.
“Nell’ultimo decennio il numero dei roghi è aumentato sia nelle regioni abituate agli incendi stagionali che in altre zone”, scrivono i ricercatori. “L’Australia orientale e la costa occidentale degli Stati Uniti sono aree spesso soggette a incendi, ma la stagione 2019-2020 ha registrato dimensioni record per la superficie e il numero di incendi”. “L’Artico e l’Amazzonia al contrario in genere non sono soggette a incendi su larga scala, ma hanno subito roghi record negli ultimissimi anni. Un fattore comune in tutti questi eventi sono state le condizioni di siccità e di vento, particolarmente forti nel 2019-2020”, affermano i ricercatori. In particolare l’aumento degli incendi nella regione artica negli ultimi anni è il segno inequivocabile dell’effetto dei cambiamenti climatici. “L’ondata di calore che ha colpito nel 2020 la Siberia è alla base degli incendi che hanno colpito il circolo artico”, si legge nel report. “Simili eventi sarebbero stati praticamente impossibili senza il riscaldamento globale”.
Nel 2020 gli incendi nella zona centro settentrionale dell’Artico, in Russia, hanno mandato in fumo decine di milioni di ettari. Nel corso dello stesso anno la regione siberiana aveva vissuto temperature anomale, di 4-6 gradi sopra la norma, con meno precipitazioni e più vento.
Secondo Andrew Sullivan il numero e l’estensione di questi eventi continuerà ad aumentare nei prossimi decenni, “in proporzione agli scenari del cambiamento climatico: anche nel caso migliore, con minori emissioni, dobbiamo comunque aspettarci un significativo aumento degli incendi nei prossimi decenni”.

Le conseguenze dei roghi
Se da una parte gli incendi su vasta scala stanno aumentando per effetto dei cambiamenti climatici, dall’altra gli stessi incendi rischiano di incentivare ulteriormente il riscaldamento del Pianeta, rilasciando in atmosfera enormi quantitativi di carbonio.
“Gli incendi possono avere un impatto significativo sul ciclo del carbonio”, si legge nel rapporto. “In particolare in alcuni ecosistemi come le aree umide e le foreste tropicali, che racchiudono enormi quantità di carbonio, i roghi rilasciano grandi quantità di CO2 in atmosfera, accelerando ulteriormente il riscaldamento globale”.
Gli incendi hanno ricadute anche di altro tipo, sulle comunità e sugli ecosistemi, secondo quanto racconta Glynis Humphrey, ricercatrice dell’Università di Città del Capo che ha partecipato allo studio con particolare focus sul continente africano. “In realtà le ripercussioni riguardano tutti gli Obiettivi di sviluppo delle Nazioni Unite, ci sono ricadute sui sistemi alimentari, sul clima, sulle piogge, sulla vita e sul lavoro delle persone, sulla salute di intere comunità”, afferma Humphrey.

Investimenti e lungimiranza
Nel report gli esperti stilano una serie di raccomandazioni, con cui invitano le istituzioni nazionali e internazionali ad “abituarsi a convivere con il fuoco” e ad avere più lungimiranza, invece che gestire i roghi come situazioni emergenziali o impreviste. “Spesso i governi rispondono al problema degli incendi allocando risorse dalla parte sbagliata”, commenta Inger Andersen direttore esecutivo dell’Unep. “I soccorritori e i vigili del fuoco che lavorano sul fronte degli incendi a rischio della propria vita devono essere sostenuti”. Ma, secondo Andersen, “dobbiamo ridurre al minimo il rischio di incendi catastrofici, preparandoci meglio: investendo di più nella prevenzione degli incendi, lavorando con le comunità locali e aumentando gli impegni globali contro il cambiamento climatico”.

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