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Et dona ferentes

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I doni avvelenati di Trump e le stolide espressioni di giubilo nella Penisola

 

Se è mio destino andare sempre controcorrente devo dire che amo il mio destino. Dopo l’incontro imbarazzante di Washington nel corso del quale Conte ha rinnovato la tradizione post-bellica degli sciuscià, in molti sono esaltati dalle parole di Trump, che è stato bravo a motivare i suoi pupazzi, e adesso sognano una riscossa italiana nella logica degli ascari di Oltreoceano; io ci vedo soltanto umiliazione e fregature. Da un bel po’ di tempo ho preso a considerare la sostanza delle cose e non il loro enunciato e ho anche decodificato il doppio linguaggio in maniera sufficiente per capire cosa in realtà si è detto.

In breve:

Trump ha parlato al nostro orgoglio servile nei medesimi toni tenuti dai governi britannici quando si rivolgevano ai loro luogotenenti africani sul posto. Ci ha riconosciuto il ruolo primario in Libia e ha detto che la Ue deve piegarsi alla nostra linea sull’immigrazione. Fantastico e motivante! A chiacchiere però, perché in sostanza questo si traduce nell’incepparla.

Innanzitutto la “nostra” linea sull’immigrazione non è nostra che in quanto siamo noi a trovarci sulla linea del fronte, ma rispecchia lo stato d’animo generale di oggi dei diversi Paesi europei con rarissime eccezioni formali e quasi inesistenti eccezioni sostanziali. Il problema è che se ognuno si chiuderà a riccio, come vorrebbe Trump, chi pagherà i costi e verrà sommerso saremo proprio noi. Viceversa, sia pur con narrazioni diverse, tutti i centri che contano, ovvero Berlino, Parigi e Roma, prospettano una soluzione condivisa con blocchi e filtri sull’altra sponda. L’endorsemnet di Trump, massimo esponente di una nazione composta per il 99,99% d’immigrati che hanno sterminato gli autoctoni, punta precisamente a impedire la nostra concertazione e, quindi, è un boomerang anche sul piano migratorio. Lo è per l’Europa e specialmente per l’Italia.

In quanto alla nostra luogoteneza americana sulla Libia, spacciata come una sorta di leadership limitata, al netto delle eiaculazioni di quelli che si sentono virili su delega, rischia di trasformarsi in una fregatura. Non abbiamo potenza militare sufficiente per giocare da soli in Libia e men che meno contro i principali clan. Poiché è in Libia che si gioca la partita (ed è per questa ragione che fecero cadere Berlusconi), il solo pericolo per gli interessi americani e dei mercanti di schiavi è la concertazione eurafricana. Giocare da un lato i francesi contro gli italiani e dall’altro gli italiani contro i francesi è la mossa logica per gli americani. Trump Mangiafuoco vuole incassare nello spettacolo delle legnate tra Arlecchino e Pulcinella (scegliete voi chi è Macron e chi è Conte).

Poi ci sono le altre “convergenze” tra il padrone e il suo pupazzo, quel Conte che, non dimentichiamolo mai, ha già neutralizzato una volta i risultati ottenuti da Salvini sulla questione dei rifugiati ed è un personaggio uscito dalla tecnocrazia progressista scopertosi “populista” all’improvviso, imposto dall’alto….

La convergenza commerciale altro non è che l’offerta all’Italia di sostenere gli interessi americani nella partita di ristrutturazione che tende, secondo Washington, a rintuzzare e frantumare tutte le minacce, tra le quali la principale è quella europea. Insomma in poche parole è l’offerta di un osso del banchetto lanciato ai cani oggi per tenerseli buoni ben sapendo che domani non mangeranno più. D’altronde l’osso è più promesso che lanciato visto che Trump ci ha messo sotto il naso il nostro surplus commerciale verso gli Stati Uniti di 31 miliardi di dollari e in pratica batte cassa,

Il Tap. Non è male se si realizzerà nell’ottica della non dipendenza energetica unilaterale, ma Trump punta a rilanciare la Yalta energetica, ovvero tende ancora una volta al Divide et Impera e allo scardinare il nemico che cresce. La Germania locomotiva di un’Europa che cerca di acquisire autonomia è un po’ il vassallo che si ribella al padrone e questi che fa? Punta ovviamente sul servo della gleba (noi), per sfruttare le sue gelosie e invidie nei confronti del vassallo e utilizzarlo contro di esso per conto del padrone. Con un risultato morale indecente e anche con effetti pratici devastanti perché la liberazione del vassallo è quella che può determinare anche la crescita e l’emancipazione dell’asservito.
Tap sì, perché no, ma solo se c’è un’architettura comune e se un insieme coeso sviluppa il North Stream. Altrimenti è solo mettersi in ginocchio.

Sull’Iran Conte è invitato a prosternarsi e il dubbio che lo faccia è grande se teniamo conto che i Cinque Stelle applaudirono entusiasti al bombardamento americano in Siria.
In ogni caso Conte sembra ben disposto ad aumentare le nostre spese per la Nato.

Nel derby del sinedrio l’Europa subisce oggi due attacchi uguali e contrari, uno dei quali proviene da Trump, e l’Italia è l’anello debole della catena. Come negli anni Quaranta è il ventre molle nel quale affondare. Nessuno s’illuda dunque che le pacche sulle spalle da parte di un padrone, qualunque esso sia, possano prospettare un buon futuro per chi non sia intimamente servo. Né la pretesa che uno sia meno peggio dell’alto (cosa oltre tutto discutibile) è una buona ragione per fare gli schiavi contenti e i traditori della propria missione storica e geografica, perché di questo si tratta.

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