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Età d’argento

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Theodor Kittelsen (Kragerø 1857 – Oslo 1914) : alla radice del nostro imaginario, un magnifico trascrittore di favole per l’infanzia, dalla Norvegia delle vastità e del silenzio, immolato sul rogo dall’eterodossia del conformismo.

viene riconosciuto sia in Norvegia che all’estero come uno dei maggiori illustratori di favole e si ritiene che sia stato l’autore di molte delle più famose raffigurazioni contenute nella raccolta di fiabe popolari di Asbjørnsen e Moe. Kittelsen era estremamente sensibile e suscettibile, il suo carattere passionale e malinconico celava energie deleterie (come tutti i grandi) e del resto è capibile viste le lunghe lotte tenute durante la sua carriera per ottenere qualche riconoscimento.
Nato nella città costiera di Kragerø, si distinse presto a scuola per le sue doti artistiche ispirate soprattutto dal suo paese che offriva ottimi spunti. I suoi genitori non condividevano la sua passione, volevano imparasse un mestiere utile, quindi lo mandarono ad Arendal come apprendista orologiaio da un certo Stein. Il suo capo presto intuì il suo talento e lo spinse verso il suo destino che sembrava già segnato. Dimorò grazie alle raccomandazioni del gentile orologiaio, da uno degli uomini più abbienti di Arendal, Diedrik Maria Aall che divenne il mecenate che sostenne il giovane Kittlesen e che dopo qualche anno convinse lo stesso a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Kristiania. Quello che sappiamo è che si distinse molto come studente a Monaco e che in seguito si sposò e che ebbe diversi figli. E tutto questo penso interessi poco il nostro lettore che vuole sapere più delle mere notiziuole da manualetto bibliotecario…
Il segreto per comprendere la magia di Kittelsen è la Norvegia. In un Europa sovrappopolata, la Norvegia è ancora il regno della natura. Nel folto delle sue immense foreste, il silenzio ha da sempre il sopravvento. Qui la vita moderna non conta. Il silenzio dinnanzi al ritmo vigoroso della Natura fa sì che l’uomo moderno, abituato a pensare in termini di ore e minuti, si senta impotente. Camminando per campi e foreste, Kittelsen vedeva esseri soprannaturali ovunque: nelle foschie sovrastanti gli acquitrini, nel crepuscolo che avvolge vecchi pini schiantati al suolo e negli abeti gocciolanti nei giorni di pioggia. La Natura che egli descrive è pura e mai doma e necessaria al suo genio che esige la Norvegia anche quando è lontano dalla patria: “Quello che mi strugge è il misterioso, romantico, e magnifico aspetto dei nostri panorami, ma se d’ora innanzi non riuscissi a combinare questo sentimento con un salubre studio della Natura, temo che mi incamminerò verso la stagnazione. Mi diventa sempre più chiaro quello che dovrò fare ed ho avuto molte ispirazioni – ma io devo, devo tornare a casa, altrimenti non produrrò nulla…”.

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