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Europa mon amour

Un saggio nel segno della Terza Posizione

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Ricapitolare, riprendere fiato e fornire proposte, soluzioni e soprattutto una concezione politica che leghi il passato con il futuro.
Questo ha dettato il saggio di Giancarlo Ferrara Europa mon amour edito da Passaggio al Bosco.

Rappresenta al tempo stesso un punto di arrivo e di partenza all’interno di un percorso iniziato nel 2018 con il convegno che organizzai a Roma dal titolo “Riconquista” che, allora si riferiva alla riconquista dell’ideale europeo negato dalla destra terminale in avvitamento. Un percorso che abbiamo proseguito più o meno tutti, talvolta insieme e talaltra in parallelo. Giancarlo ha mantenuto in vita la chat Europa Rivoluzione ed ha animato Kulturaeuropa, che già nel nome contiene il suo ideale. Di lì, tra dibattiti e convegni, già sortirono due saggi a più mani Eurotecnica e PotenzaEuropa- Linee costituenti per la costruzione dell’Europa, editi anch’essi da Passaggio al Bosco.

Cosa dire di questo saggio?

C’è innanzitutto il desiderio di una riproposizione politica che si chiude con dieci proposte. A prescindere dalle quali, l’importante sono le riflessioni che le precedono. Ne ho estrapolate alcune che mi sembrano particolarmente pertinenti.

Intanto riguardo all’antieuropeismo che permane e ristagna al riparo di pretesti banali, l’autore scrive: “In sintesi, è come se nel 1860 si fosse equiparata l’Italia al Regno di Sardegna, in termini ideali e politici. (…) non si comprende come mai la forma di governo transeunte di un determinato periodo storico debba deterministicamente condizionare e coincidere – per taluni– con la scelta di campo per l’Idea-Forza che si vuole sostenere.
Per fare un rapido rimando ai miei anni giovanili: migliaia di giovani non si sarebbero dovuti battere nelle piazze e nelle scuole contro i “rossi”, perché la loro azione indirettamente avrebbe sostenuto l’Italia del pentapartito e della Nato. Per alcuni forse, si sarebbero dovuti far ammazzare, possibilmente ammettendo il loro “errore di analisi” in punto di morte.

L’evidente illogicità di un tale ragionamento non è neppure da prendere in considerazione, come non lo è oggi quella di considerarsi contro l’Europa. Anche contro questo abbozzo di Unione Europea, che tale non è, perché – lo ricordo – parliamo giuridicamente di una Unione di Stati membri, per ora. Si deve essere, al contrario, per l’Europa comunque, perché essa è la nostra carne, il nostro sangue e la nostra Idea-Forma, che plasma la nostra Psyché millenaria e che nessun Trattato o legge potrà modificare. Qualcosa che solo noi – dunque – possiamo ripudiare o attuare pienamente. E non si utilizzi, per ripudiare le proprie Origini, la furbizia dialettica della forma di Governo che non ci piace o non ci rappresenta, magari con qualche slogan antiamericano maldigerito”.

Al contempo Giancarlo esprime una serie di critiche all’attuale sistema

riproponendo un’azione socializzatrice. Interessante è come liquida le opposizioni binarie di presunti modelli nei quali oggi si langue. “Nessun sistema autocratico è europeo, come non lo è quello democratico-parlamentare”.
E ancora: “La democrazia rappresentativa continua a fagocitare anche i movimenti alternativi, che si ripropongono in modo ciclico, ma sempre meno lucidi e radicali nelle analisi e nelle conclusioni. Se non si riuscirà a porsi la questione del superamento dell’orizzonte costituito: se non si riescono cioè a immaginare altre e nuove istituzioni, stabili e rappresentative del nuovo paradigma alternativo, si rimanderà all’infinito in quella dualistica dei potere, che è il sonnifero per ogni spinta in avanti”. Si esce dal dualismo sempre e solo in un modo. E così: “la sintesi è il punto di approdo di posizioni diverse, a volte apparentemente inconciliabili, ma che nascondono tutte parti di verità”.

Pone l’accento sul recupero della concezione del Lavoro e sulla necessità di un nuovo corporativismo.

Non meno interessante l’introduzione

di Francesco Ingravalle, come al solito profondo e concreto, che propone modelli di riarmo intelligente, non in corsa impossibile su cinesi, americani o russi, ma per una soluzione probabile che già in passato permise alla Jugoslavia di essere centrale tra i non allineati. Essa “poté guadagnare una certa autonomia – al punto da porsi alla guida dei Paesi non-allineati dopo la Conferenza di Bandung- rispetto agli U.S.A. e alla Russia, grazie alla strutturazione militare di un sistema di difesa territoriale che avrebbe reso particolarmente penosa un’occupazione russa o un’occupazione statunitense. In effetti, i russi invasero prima l’Ungheria (1956), poi la Cecoslovacchia (1968) ma mai la Jugoslavia”.

Anch’egli mette l’accento sulla necessità di superare le cesure sociali. E conclude così l’introduzione: “Soltanto in questi termini è possibile guidare lo sviluppo tecnologico sotto il controllo del potere centrale, un potere strutturato federalmente. Questo, a mio avviso, è l’angolo visuale di questo saggio che riconduce le fila dei problemi dello sviluppo europeo alla loro dimensione politica, in particolar modo attraverso le dieci proposte per l’Europa di domani”.

Personalmente ho qualche remora sul potere strutturato federalmente tant’è che ho lanciato da poco lo slogan “Andare oltre la UE”, non nel senso di abbandonarla, ma di praticare un pragmatismo che ne forzi i vincoli. Qualcosa che si sta già abbozzando di fatto, la combinazione di un approccio comunitario a un approccio intergovernativo che ha rimesso in moto le principali nazioni europee, obbligandole però al coordinamento, malgrado gli ostacoli oggettivi dei Trattati.
Conto molto sulla forza delle necessità e reputo che la soluzione sarà mista ma soprattutto dovrà ergersi sulla logica d’Imperium.
Tutto questo però è secondario perché non stiamo in un’assemblea costituente e sono i nostri impulsi e i nostri orientamenti comuni che contano, soprattutto in veste di rivoluzione culturale.

Mi si conceda un po’ di soddisfazione

nel rimarcare come sia Giancarlo Ferrara che Francesco Ingravalle abbiano militato in Terza Posizione; alcuni dei principali articoli del nostro movimento di allora sono stati raccolti ed editi da Passaggio al Bosco per sua spontanea volontà.

Il che conferma che fummo avanguardie, che non passammo invano e anche che la scelta di non rifondarla perché i suoi semi avrebbero poi dato vita altrove a nuove sintesi, fu giusta.

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