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Il tradizionalismo evoliano

Una critica da destra

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di Jan Lis

Julius Evola, nelle sue opere, criticava le idee della Terza Via, come il fascismo e il nazionalsocialismo, per il loro carattere “plebeo”. Non si può non concordare sul fatto che questa critica fosse, in larga misura, giustificata, poiché le ideologie della Terza Via spesso sminuivano l’importanza dell’aristocrazia, degenerando talvolta in retorica proletaria. Non c’è dubbio che elevare la classe operaia allo status di fondamento della società sia, in sostanza, un costrutto ideologico anti-tradizionale e modernista.

Ma Evola stesso era privo di questo modernismo, e fino a che punto le sue idee corrispondono alla tradizione indoeuropea, specialmente riguardo al cosiddetto “naturalismo”? Mircea Eliade, nella sua critica a Evola, osservava che nelle sue opere il barone riduce l’intera tradizione esclusivamente alla metafisica, negando il significato della terra, della lingua e della “patria”, considerando quest’ultima come “materia matriarcale” priva di valore. In realtà, nella tradizione indoeuropea non esiste opposizione tra materia e metafisica: si tratta di un sistema olistico in cui questi elementi interagiscono, piuttosto che essere in contrapposizione. Questo non annulla la gerarchia, in cui la metafisica sta sopra la terra, la lingua e altri attributi dell’identità etnica, ma non ne riduce il valore.

Per i popoli baltici, ai quali mi identifico e che ho l’onore di rappresentare

una formula che neghi il valore della terra e della lingua è inconcepibile. Ciò è particolarmente vero considerando che l’Europa nord-orientale ha conservato una porzione molto più ampia dell’arcaico indoeuropeo rispetto all’Europa occidentale: tutte le tendenze decadenti, dall’adozione del cristianesimo all’arrivo del liberalismo politico ed economico, hanno raggiunto le nostre terre secoli dopo che in Occidente. La lingua lituana è una delle fonti più preziose per le ricostruzioni indoeuropee e mostra una conservatività straordinaria, paragonabile al greco antico e al sanscrito.

In effetti, la critica al naturalismo estrae intere porzioni dalla visione olistica del mondo dei popoli indoeuropei e rappresenta un’idea personale di Evola o, nel migliore dei casi, l’Advaita Vedanta (un’interpretazione molto più tarda dell’induismo), piuttosto che una vera continuazione di una tradizione indoeuropea, figuriamoci di una “primordiale”, se mai sia esistita.

Un’altra idea estremamente controversa di Evola è la sua apologia dell’individuo differenziato, distaccato dal mondo materiale più basso, dalla nazione, dal popolo e dalla tribù, che Evola considera manifestazioni del naturalismo sopra descritto. Questo è motivato dall’avvento del Kali Yuga e dall’inutilità della lotta politica in un contesto di decadenza universale. La soluzione proposta è la formula del “being true to oneself” e la concentrazione sulla conoscenza e lo sviluppo personale. Tutto questo sarebbe accettabile se si trattasse dell’opera di un altro dilettante americano, scrivendo nello spirito puramente liberale di “be true to yourself”, e non di un mastodonte del tradizionalismo europeo che dichiara questo liberalismo quasi come l’ultimo stadio

Le culture tradizionali, sia dell’Occidente sia degli europei

in senso ampio, sono completamente estranee alla formula dell’uomo differenziato che si dichiara centro dell’universo. In quasi tutte le tradizioni, l’uomo non è una moderna “personalità illuminata”, libera da tutti gli attributi dell’identità collettiva, ma parte di una comunità olistica, definita pienamente dal suo rapporto con le strutture sovraindividuali. Nessuna “personalità” può stare sopra la società, la tribù o lo stato intero, soprattutto se appartiene all’aristocrazia. In ultima analisi, il pensiero aristocratico è caratterizzato da anti-egoismo e persino irrazionalità, da sacrifici per obiettivi il cui valore supera di gran lunga quello della vita di un singolo individuo.

L’avvento dell’Età del Ferro non era un segreto nelle religioni indoeuropee, poiché il periodo di decadenza è descritto in molti testi sacri, dalla Rigveda alle saghe scandinave, ma non vi si trovano richiami al “ritiro nella foresta” dell’uomo differenziato. Nonostante la sua incompatibilità con la visione tradizionale del mondo, tale archetipo di comportamento è sorprendentemente vicino all’individuo atomico moderno, che vive secondo principi essenzialmente borghesi, senza però gravarsi della giustificazione della propria vita attraverso argomenti “kshatriya”.

Sorprendentemente, le idee di solidarietà e corporativismo

proprie delle ideologie della Terza Via, nonostante il loro contesto modernista, si adattano molto meglio alla natura olistica delle società indoeuropee — sia dei popoli romano-germanici e cultici dell’Occidente, sia dei popoli baltici, fino-ugrici e slavi dell’Est. L’unione di tribù strettamente correlate sulla base di credenze religiose e mitologiche condivise è parte integrante della nostra tradizione comune e l’unico vero compito di uno Stato autentico. La forma più alta di Stato, nel sistema di valori tradizionale, è l’Impero, che unisce i logoi preservandone l’unicità — un punto su cui Evola non discute. Tuttavia, la manifestazione del logos e del sacro avviene precisamente attraverso la lingua e la terra, che Evola non riconosce come valori, e tramite la partecipazione di tutti gli ordini sociali nella struttura gerarchica del popolo, che egli rifiuta.

Va sottolineato che Evola non rimase privo di critici anche all’interno della destra intellettuale. Alain de Benoist osservava: “Evola è un esempio di individualismo metafisico, privo di qualsiasi struttura sociale reale, e il suo concetto di ‘uomo che sta sopra la storia’ va oltre la tradizione” (Alain de Benoist, Vu de droite). Un’osservazione simile è stata fatta da Giorgio Locchi: “Il risultato dell’applicazione politica della tradizione evoliana è stato fallimentare: disimpegno metafisico o avventura volontaristica scollegata dalla tradizione collettiva” (Giorgio Locchi, Sul senso della storia). Queste valutazioni confermano che la critica all’individualismo radicale di Evola proviene non solo da posizioni liberali moderne, ma anche dalla destra stessa, che valorizza la collettività e l’integrazione dell’individuo nel sistema olistico.

Questo testo non è un tentativo di abbattere l’autorità del Barone Evola, ma un invito a distinguere le idee puramente personali dal contenuto della tradizione anche quando si tratta delle opere di autorità inamovibili.

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