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Facciamo passato

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Se il futuro assomiglia a questo presente e se lo edificano costoro…

Il 28 ottobre del 1922 fu la “marcia su Roma”. Comunque un evento destinato ad influire per sempre nella storia di questa nostra terra. (…)ottantotto anni dopo un altro fondamentale evento è, di fatto, la  nascita  ufficiale del partito dei finioti, “futuro e libertà”, con  tanto di simbolo calibrato con o senza il nome del fondatore.
Interessanti le dichiarazioni di “apertura” alla maggioranza che li  aveva eletti: “gli faremo un c. così”. Da notare che il brindisi per il  neonato simbolo intercambiabile, era stato preceduto, due domeniche fa,  da un’assemblea a inviti (duecento) in un teatro romano. In  quell’occasione, su sette intervenuti, quattro si erano direttamente  manifestati come rappresentanti di varie “istanze della società  civile”:  in particolare: della compagnia delle opere, della  confindustria, dell’opus dei e della comunità ebraica. (…) Infine, la decisione di Sergio Marchionne di porre in cassa
integrazione da fine novembre altri 1200 operai Fiat. La Fabbrica  Italiana Automobili Torino, preferisce trasferire le produzioni  dall’italiana Torino a Kragujevac, o a Tychy, o a Betin, o a Cordoba. O  in Turchia: dove un lavoratore costa molto, ma molto, di meno e non  chiede che i propri diritti siano tutelati.
Torniamo a ottantotto anni fa.
Anzi, al 5 luglio del 1927.  Il capo di quel nefasto regime, Benito  Mussolini, inviava istruzioni al prefetto di Torino, che qui  riassumiamo, citandole: “ad evitare il grave e assurdo pericolo che la
Fiat finisca per considerarsi una istituzione intangibile e sacra dello Stato, bisogna considerare la Fiat come una intrapresa privata simile a  migliaia di altre, del destino delle quali lo Stato può anche
disinteressarsi… i progettati licenziamenti hanno l’aria di un ricatto  che il Governo fascista non subirà mai… Il problema della  disoccupazione sarà affrontato dal regime con i suoi mezzi al momento  opportuno… Questa specie di ossessione – a fondo ricattatorio – su quello che fa o non fa, farà o non farà l’impresa privata della Fiat deve finire”.
In un altro telegramma al prefetto di Torino, del 16 luglio 1937, Mussolini dichiarava: “Comunichi al senatore Agnelli che nei nuovi  stabilimenti Fiat devono esserci comodi e decorosi refettori per gli
operai. Gli dica che l’operaio che mangia in fretta e furia vicino alla macchina, non è di questo tempo fascista. Aggiunga che l’uomo non è una  macchina adibita ad un’altra macchina”.

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