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Finita anche la frutta

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La cura Monti-Letta ci ha distrutto anche nell’agroalimentare

La Coldiretti: dall’inizio della crisi ceduti marchi italiani di prestigio dell’agroalimentare per 10 miliardi: da Gancia a Riso Scotti, Fiorucci, Orzo Bimbo e Parmalat. “E’ un settore in attivo, che esporta nonostante il crollo dei consumi. Per questo dall’estero fanno incetta”:
Dall’Orzo Bimbo agli spumanti Gancia, dai salumi Fiorucci alla Parmalat, dalla Star al leader italiano dei pomodori pelati finito alla giapponese Mitsubishi. E nel 2013 è stato ceduto anche il 25 % del riso Scotti, mentre, per la prima volta la produzione di vino Chianti nel cuore della Docg del Gallo Nero è divenuta di proprietà di un imprenditore cinese. Sono molti e di grosso prestigio i marchi storici dell’agroalimentare italiano finiti silenziosamente in mani straniere dall’inizio della crisi. Il valore delle aziende cedute è stimato in circa 10 miliardi di euro. A sottolinearlo è il presidente della Coldiretti Sergio Marini sulla base di uno studio presentato all’assemblea nazionale oggi a Roma dove uno spazio è dedicato allo «scaffale del Made in Italy che non c’è più», evidenziando come nel mondo ci sia «fame di Italia con una drammatica escalation nella perdita del patrimonio agroalimentare nazionale». 
«I grandi gruppi multinazionali che fuggono dall’Italia della chimica e della meccanica, investono invece nell’agroalimentare nazionale perché, nonostante il crollo storico dei consumi interni, fa segnare il record nelle esportazioni grazie all’immagine conquistata con i primati nella sicurezza, tipicità e qualità» dice Marini. «Il passaggio di proprietà ha spesso significato svuotamento finanziario delle società acquisite, delocalizzazione della produzione, chiusura di stabilimenti e perdita di occupazione. Si è iniziato con l’importare materie prime dall’estero per produrre prodotti tricolori. Poi si è passati ad acquisire direttamente marchi storici e il prossimo passo è la chiusura degli stabilimenti italiani per trasferirli all’estero. Un processo di fronte al quale occorre accelerare nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che veda direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi». 
Se la settimana scorsa la multinazionale del lusso LVMH ha acquisito una partecipazione di maggioranza nel capitale sociale della Pasticceria Confetteria Cova proprietaria della societa’ Cova Montenapoleone Srl, che gestisce la nota pasticceria milanese, l’ultimo colpo nelle campagne toscane e’ stato messo a segno da un imprenditore cinese della farmaceutica di Hong Kong, che ha acquistato per la prima volta un’azienda vitivinicola agricola nel Chianti, terra simbolo della Toscana per la produzione di vino: l’azienda agricola Casanova – La Ripintura, a Greve in Chianti, nel cuore della Docg del Gallo Nero. Nel 2013 – continua la Coldiretti – si e’ verificato il passaggio di mano del 25% della proprieta’ del riso Scotti ceduto dalla famiglia pavese al colosso industriale spagnolo Ebro Foods. Nel 2011 la societàGancia, casa storica per la produzione di spumante, è divenuta di proprietà per il 70 % dell’oligarca Rustam Tariko, proprietario della banca e della vokda Russki Standard; la francese Lactalis è stata, invece protagonista – sottolinea la Coldiretti – dell’operazione che ha portato la Parmalat a finire sotto controllo transalpino; il 49 % di Eridania Italia Spa è stato acquisito dalla francese Cristalalco Sas e laFiorucci salumi è passata alla spagnola Campofrio Food Group, la quale ha ora in corso una ristrutturazione degli impianti di lavorazione a Pomezia che sta mettendo a rischio numerosi posti di lavoro. Nel 2010 il 27 % del gruppo lattiero caseario Ferrari Giovanni Industria Casearia S.p.Afondata nel 1823 che vende tra l’altro Parmigiano Reggiano e Grana Padano è stato acquisito dalla francese Bongrain Europe Sas e la Boschetti Alimentare Spa, che produce confetture dal 1981, è diventata di proprietà della francese Financie’re Lubersac che ne detiene il 95 %. L’anno precedente, nel 2009 – prosegue la Coldiretti -, è iniziata la cessione di quote della Del Verde industrie alimentarispa che è divenuta di proprietà della spagnola Molinos Delplata Sl, la quale fa parte del gruppo argentino Molinos Rio de la Plata. Nel 2008 la Bertolli era stata venduta all’Unilever per poi essere acquisita dal gruppo spagnolo SOS, è iniziata la cessione di Rigamonti salumificio spa, divenuta di proprietà dei brasiliani attraverso la società olandese Hitaholb International, mentre la Orzo Bimbo è stata acquisita dalla francese Nutrition&Sante’ S.A. del gruppo Novartis. Lo stesso anno è stata ceduta anche Italpizza,l’azienda modenese che produce pizza e snack surgelati, all’inglese Bakkavor acquisitions limited. 
Con l’inizio della crisi – informa la Coldiretti – si è dunque verificata una accelerazione nel processo di cessione dei marchi storici del Made in Italy che nell’agroalimentare era già in fase avanzata. Nel 2006 laGalbani era entrata in orbita Lactalis, ma lo stesso anno gli spagnoli hanno messo le mani pure sullaCarapelli, dopo aver incamerato anche la Sasso appena dodici mesi prima. Nel 2005 – continua la Coldiretti – la francese Andros aveva acquisito le Fattorie Scaldasole, che in realtà parlavano straniero già dal 1985, con la vendita alla Heinz. Nel 2003 hanno cambiato bandiera anche la birra Peroni, passata all’azienda sudafricana SABMiller, e Invernizzi, di proprietà dal 1985 della Kraft e ora finita alla Lactalis. Negli anni Novanta erano state Locatelli e San Pellegrino ad entrare nel gruppo Nestlè, anche se poi la prima era stata “girata” alla solita Lactalis (1998). Nel 1995 la Stock, venduta alla tedesca Eckes A.G, è stata acquisita nel 2007 dagli americani della Oaktree Capital Management, che lo scorso anno hanno chiuso lo storico stabilimento di Trieste per trasferire la produzione in Repubblica Ceca. La stessa Nestlè – conclude la Coldiretti – possedeva già dal 1993 il marchio Antica gelateria del Corso e addirittura dal 1988 la Buitoni e la Perugina.  
Una `fuga´ che si scontra con le preferenza dei consumatori tricolori: più di otto italiani su dieci (82 per cento) infatti cercano di riempire il carrello della spesa con prodotti Made in Italy al 100 per cento; di questi ben il 53 per cento li preferisce anche se deve pagare qualche cosa di più. Emerge da un sondaggio on line condotto sul sito www.coldiretti.it i cui risultati sono stati resi noti nel corso dell’assemblea dell’organizzazione agricola. 

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