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I profeti del debito

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Travestiti da antagonisti

 

O come dice Battiato: “abbocchi sempre all’amo!”

Una enorme confusione sta addensandosi tra le fila dei sedicenti “economisti alternativi”, ed il rischio concreto è che proprio dalle fila di costoro possano emergere i nuovi profeti del debito che rafforzano l’attuale sistema anziché minarlo alla base.

Anzitutto c’è un filone che definirei dei “keynesiani storici” o neo-keynesiani, con in testa Paul Krugman. Si tratta di keynesiani puri, si potrebbe dire dei nostalgici del pensiero storico di Keynes. Ritengono necessario che lo Stato si sostituisca temporaneamente al mercato replicandone alcune funzioni quando si crea uno squilibrio tra domanda e offerta di beni e servizi. Chi crede che ci siano qualcosa di “statalista” o peggio ancora di “socialista” nel pensiero di Keynes è un ignorante o un illuso. Keynes, storico, ha fornito una ricetta alternativa ai monetaristi per governare un’economia perfettamente di mercato che non ha nulla di intenzionalmente sociale.

Poi ci sono i “fondamentalisti keynesiani”, che estremizzano le ricette di Keynes e le applicano su obiettivi solo apparentemente “sociali”. Uno di questi gruppi è rappresentato dalla MMT (Modern Monetary Theory) propugnata dal banchiere Warren Mosler ed importata in Italia dal giornalista Paolo Barnard. La ricetta di MMT è raddoppiare, decuplicare il deficit pubblico e aumentare vertiginosamente il debito pubblico. Con la scusa che la moneta serve a scopi sociali, che se ne usi quanta ne serve per stimolare la domanda interna e raggiungere obiettivi di piena occupazione. Già, ma gli interessi sul debito chi li paga? Intanto, i banchieri che prestano moneta agli Stati ringraziano MMT!
Infatti, né i neo-keynesiani né i fondamentalisti keynesiani accennano al problema della moneta a debito, cioè all’attuale meccanismo per il quale la BCE crea moneta dal nulla e la presta alle banche commerciali che a loro volta la prestano agli Stati ed alle famiglie, trattenendo per sé i profitti derivanti dall’attività di signoraggio, ovvero gli interessi attivi guadagnati sul prestito della moneta. Quindi né gli uni né gli altri hanno mai menzionato il fatto che tutta la moneta immessa nel sistema dalla BCE dall’entrata in vigore dell’Euro ad oggi è a fronte di debito pubblico o privato, sul quale gli Stati ed i privati pagano interessi che finiscono in mani private.

Poi ci sono i “positivisti monetari” (dal loro nome “positive money”) che non citano mai il tema del signoraggio ma propongono una soluzione che almeno sulla carta limita il signoraggio cosiddetto “secondario” cioè quello esercitato dalle banche commerciali a causa del loro potere di concedere prestiti tenendo in garanzia un capitale inferiore al 10% della somma prestata. Lodevole la proposta, ma richiederebbe una virata a 360% delle regole di Basilea ed una revisione profonda del sistema bancario, che è politicamente irrealizzabile. Inoltre, non prendono una posizione netta sul problema della moneta a debito emessa dalla BCE che rappresenta la maggiore fonte di creazione di moneta dal nulla e quindi di debito pubblico per gli Stati.

Troviamo infine chi più o meno sistematicamente ha capito il problema di fondo e cita finalmente il tema del signoraggio che con la BCE è diventato definitivamente privato. Dunque, se gli utili accumulati da Banca d’Italia (negli anni in cui ha emesso moneta e l’ha prestata al Tesoro) sono ancora nei forzieri della ex-banca centrale ed in qualche modo si può ancora sperare che tornino ad essere impiegati a beneficio dei lavoratori, degli imprenditori e dei professionisti che li hanno generati, sugli utili conseguiti dalla BCE questa speranza non c’è, quantomeno relativamente alla quota della BCE non detenuta da Banca d’Italia, e cioè circa l’85%, dato che Bankit possiede circa il 15% della BCE.

Il rischio è quindi che si formi un’alternativa all’establishment di governo basata su idee solo apparentemente innovative ma che non risolvano il problema della moneta a debito. Ricordiamolo: il problema di oggi è la scarsità indotta di liquidità nel sistema operata tramite una politica di indebitamento dell’intero sistema, sia a livello statale (debito pubblico), che aziendale e familiare. Questo debito drena liquidità dal sistema ed impoverisce il Paese.
L’unica soluzione è che si “sdebiti” l’economia, che lo Stato “esca dal debito” introducendo una moneta senza debito, ovvero strumenti di pagamento non emessi a fronte di debito da parte di chi li riceve, quali banconote di Stato e monete complementari emessi da consorzi locali.
Le uniche critiche possibili alla moneta senza debito sono due: la possibilità di un conflitto di interessi da parte della politica ed il rischio di creare inflazione. La prima critica è facilmente gestibile rimettendo a commissioni di tecnici la determinazione e la gestione dei meccanismi di emissione di moneta. La seconda è risolvibile ancorando la quantità di moneta emessa al valore reale di assets privati e pubblici esistenti. Una moneta senza debito è l’unico punto dal quale si può ripartire.

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