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I simpson e la matematica

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Come pretendere che a farci ridere non sia l’immedesimazione nel politicamente scorretto

«Non posso vivere una vita convenzionale… Io voglio tutto: le discese ardite, le risalite stordite, e la crema in mezzo». Così parlò Homer Simpson, e questa sua battuta apre «I Simpson e la filosofia» (W. Irwin, M.T. Conard, A.J. Skoble; in italiano presso Isbn Edizioni, Milano 2005), dove i celebri personaggi inventati da Matt Groening si misurano con tipi come Aristotele a Heidegger. Ma il gusto filosofico di Homer, falso sempliciotto, si adatta altrettanto bene agli enigmi della matematica. Numerosi specialisti delle «matematiche severe» sono passati da prestigiose sedi universitarie al gruppo di sceneggiatori dei Simpson.
«Avrei preferito vivere la mia intera vita come ricercatore – dichiara David X Cohen, uno di loro (la X non è un omaggio all’eroe della liberazione nera Malcolm X, bensì a quella che nell’usuale pratica matematica è l’incognita per eccellenza!). – Ma penso che i Simpson rendano divertente la matematica». E aggiunge: «Con quest’idea in testa dormo tranquillo, e non mi rimorde la coscienza».Gli spettatori dei Simpson vengono così sorpresi da scene e battute apparentemente innocenti che alludono a difficili questioni e problemi di geometria differenziale o magari allo stesso bosone di Higgs (la famigerata «particella di Dio»).
In un episodio compare la relazione trovata da Eulero tra pi greco (il rapporto della circonferenza al suo diametro), l’unità immaginaria i (ovvero la radice di -1) e la base dei cosiddetti logaritmi naturali (indicata usualmente con e), tre delle entità matematiche più affascinanti ed elusive. Lo stratagemma più amato da questi matematici giocherelloni è basato sul fermo-immagine: senza interferire con la trama, numeri e figure vengono «contrabbandati» in singole immagini, riconoscibili a patto di «stoppare» il video (con dvd o videoregistratore), in modo da decifrare i segni arcani.
In «Matematica proverbiale» (Ponte alle Grazie, Milano) due eccellenti divulgatori, Riccardo Bersani e Ennio Peres, ricordano come per le scoperte matematiche non valga tanto l’adagio «chi sa il gioco non l’insegni» quanto quello «sapienza occulta, capitale improduttivo»! Ricordate la storia del cosiddetto «ultimo teorema di Fermat»? Il grandissimo matematico francese, contemporaneo e amico di Pascal, aveva raggiunto la constatazione che è facile trovare soluzioni intere al problema di esprimere un quadrato come somma di altri due (provateci con i numeri 5, 3 e 4: il quadrato di 3, cioè 9, sommato al quadrato di 4, cioè 16, dà 25, che è appunto il quadrato di 5); ma aveva supposto che l’analogo non fosse possibile per potenze superiori alla seconda. Tuttavia, «gli mancava la carta per scriverne la dimostrazione»! Solo alla fine del Novecento il britannico Andrew Wiles è riuscito nella titanica impresa, che aveva eluso gli sforzi dei più illustri matematici del passato. Però del teorema è stata apparentemente fornita un’eccezione: da Homer in persona nell’episodio «L’inventore di Springfield»! Qui il patriarca dei Simpson, sotto l’abile guida di Cohen e soci, scribacchia una relazione numerica in fondo a una lavagna che sembrerebbe invalidare la sentenza di Fermat, in particolare per la dodicesima potenza.
Simon Singh, che ha dedicato alla congettura di Fermat e alla dimostrazione di Wiles un best seller («L’ultimo teorema di Fermat», Rizzoli, Milano 1999), confessa che all’inizio quasi non credeva ai propri occhi. Ma niente paura! La relazione numerica di Homer non era un’eguaglianza esatta, anche se lo scarto era piuttosto piccolo per esser scoperto dai calcolatori da cellulare. Ecco dunque un caso di humour matematico, che lo stesso Singh ha segnalato nel recente «The Simpsons and Their Mathematical Secrets». Il che vuol dire che nella scienza i segreti sono davvero preziosi, soprattutto perché è possibile rivelarli.«Non posso vivere una vita convenzionale… Io voglio tutto: le discese ardite, le risalite stordite, e la crema in mezzo». Così parlò Homer Simpson, e questa sua battuta apre «I Simpson e la filosofia» (W. Irwin, M.T. Conard, A.J. Skoble; in italiano presso Isbn Edizioni, Milano 2005), dove i celebri personaggi inventati da Matt Groening si misurano con tipi come Aristotele a Heidegger. Ma il gusto filosofico di Homer, falso sempliciotto, si adatta altrettanto bene agli enigmi della matematica. Numerosi specialisti delle «matematiche severe» sono passati da prestigiose sedi universitarie al gruppo di sceneggiatori dei Simpson.

 

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