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Ich habe einen Kamprad

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Ogni tanto ci provano a dar fastidio al patron d’Ikea

È uno degli uomini più ricchi del pianeta, al settimo posto per Forbes nel 2008,  famoso per il suo “pauperismo”, pare conseguenza di una incredibile tirchieria. Ingvar Kamprad, il “signor Ikea” vive in una casa normale in Svizzera, con mobili aziendali che monta da solo. Si racconta che un divano “Klippan” vecchio di 30 anni arreda ancora il suo salotto, a testimonianza della longevità e affidabilità dei suoi prodotti. Ma all’alba dei suoi 83 anni, sulla vita spartana e apparentemente integerrima del Paperone svedese arriva una sciabolata da far tremare i polsi. Tanto più che il mettente è Johan Stenebo, per anni braccio destro del signore dei mobili low cost

UNA VENDETTA PRIVATA? – Ha dato alle stampe il libro «Sanningen om Ikea» (la verità sull’Ikea), accusando il suo ex mentore di menzogne, razzismo e metodi degni della Stasi (i servizi segreti della Germania dell’Est). Entrato vent’anni fa all’Ikea di Amburgo ha fatto una rapida carriera che lo ha portato ai vertici dell’azienda, fino a diventare l’assistente personale di Kamprad. Nove mesi fa la rottura. È una resa dei conti – scrive il sito dello Spiegel -, una stroncatura, una montagna di biancheria sporca in 14 capitoli. «La ditta si fa guidare meglio, se Kamprad si presenta come un asceta e uno vecchio sciocco» afferma Stenebo. Il dubbio è più che lecito: si tratta di una vendetta personale? Lo stesso Spiegel dice che le sue rivelazioni sembrano accordarsi con «la logica del figlio perduto». L’autore si toglie molti sassolini dalle scarpe, anche nei confronti dei figli del capo, Mathias e Peter Kamprad, da 5 anni promossi alla guida del colosso. Soprattutto con Peter, il più grande, che si sente il «principe della corona», mentre Stenebo lo definisce un «razzista incompetente».

«LEALTÀ FINO ALLA MORTE» – L’ex braccio destro scrive nel libro di temere ritorsioni. Perché l’Ikea – dice – non è un colosso qualsiasi: con i suoi 135mila dipendenti in 44 Paesi è di proprietà esclusiva della famiglia ed è guidata dall’«onnipotente» Ingvar Kamprad come fosse una setta: «C’è una legge non scritta per i vertici da Ikea: lealtà a Ingvar fino alla morte». L’83enne non rilascia quasi mai interviste e, nel caso, solo a giornalisti selezionati. Utilizza metodi da Stasi – accusa Stenebo -, ha una fitta rete di informatori che riferiscono per telefono o per fax direttamente nella residenza privata di Kamprad in Svizzera. E per i dipendenti non svedesi, che sarebbero chiamati «negri», sarebbe impossibile fare carriera. Per il momento queste accuse, pesanti come macigni, non hanno trovato conferme né smentite. Quel che si sa è che Stenebo era dal 2008 a capo della divisione GreenTech, nata da pochi mesi con il compito di portare entro 2-4 anni sugli scaffali Ikea materiali ecologici come i pannelli solari. La multinazionale aveva annunciato l’investimento di oltre 50 milioni di dollari in cinque settori chiave da sviluppare in 250 punti di produzione: oltre al fotovoltaico, la conservazione dell’energia, il risparmio di risorse idriche, l’illuminazione alternativa e nuovi materiali. Chissà se in questa occasione il “guru” Kamprad metterà il naso fuori dal suo buen retiro per raccontare una diversa versione dei fatti?

LA REPLICA DI IKEA – Per il momento arriva a Corriere.it un comunicato da Ikea Italia: «In riferimento a recenti commenti sulla politica delle risorse umane del gruppo, Ikea Italia precisa che nei suoi negozi, così come nelle altre realtà in cui opera, la politica di reclutamento e i percorsi di carriera valorizzano in modo assoluto l’integrazione tra cittadini di sesso, nazionalità e etnie diverse. Tanto che Ikea è spesso citata fra i migliori esempi per l’applicazione del concetto di diversità sui luoghi di lavoro. L’obiettivo dichiarato è che le risorse umane in Ikea, in qualsiasi Paese e continente, siano lo specchio del territorio e della società in cui Ikea opera. Attualmente, a livello di gruppo, 234 dei 267 negozi in tutto il mondo sono diretti da manager non svedesi, così come non sono svedesi 17 dei 25 amministratori delegati nelle nazioni in cui Ikea è presente con la sua rete commerciale».

Ci provano sempre. Il vecchio Ikea era già stato attaccato dalla stampa internazionale una decina anni fa per il suo impegno nazionalsocialista durante la guerra. La sua replica fu: “Non solo: sono anche un alcolista non pentito!”

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