Akragas
Un chiodo viene piantato nel suolo e un fuoco viene acceso, prima di rifare il pavimento di una stanza; qualche mese più un là un dado è tirato sul tavolo, nella stessa stanza, e una voce allegra esclama di un punto conquistato: la vita degli antichi greci di Akragas riaffiora pian piano nella Valle dei Templi (in foto), dove si scava tra il tempio di Giunone e quello della Concordia.
La pazienza degli archeologi, e la loro cura e decisione nel maneggiare palette, secchi, spazzole, e cazzuole (l’attrezzo indispensabile è la trowel, una sorta di cazzuola inglese con lama da 10 cm e piatto a forma di rombo, robustissima ma elastica e con una punta arrotondata per non danneggiare i reperti) riportano alla luce gli oggetti della quotidianità greca, che non hanno la spettacolarità di altri grandiosi ritrovamenti ma raccontano, forse più di questi, come si viveva nel V secolo avanti Cristo e in cosa noi possiamo riconoscere.
Il chiodo, racconta il sacro
Il team di scavo, diretto dall’archeologa Maria Concetta Parello nel Parco Archeologico diretto da Roberto Sciarratta, lo ha trovato nella casa settima B. Era sotto una coppetta in ceramica. “Si tratta di una casa – spiega Parello all’AGI – le cui ultime fasi si concludono alla fine del V secolo avanti Cristo. È un edificio che ha una storia e come tutte le case ha visto rifacimenti, restauri, tanti interventi che ne hanno modificato l’aspetto. Tutte le volte che i greci dovevano passare dal disordine all’ordine, intervenivano con un’azione rituale. Nel mondo greco, e anche in quello romano, il rito voleva propiziare il favore degli dei e veniva fatto nel momento precedente l’avvio del restauro o del rifacimento di una parte: nel nostro caso, un pavimento che di lì a breve avrebbero innalzato. Piantato il chiodo, che simbolicamente, sigilla il momento dell’azione rituale, vi hanno acceso sopra un fuoco di legna e, probabilmente, di essenze; poi lo hanno spento con una coppetta rovesciata. In una casa come questa i greci del V secolo avanti Cristo vivevano la loro quotidianità: sono gesti che ci raccontano una vita in cui oggi potersi riconoscere”.
“Chi visita i resti di una città o un museo – dice all’AGI Sciarratta, che guida il più grande parco archeologico d’Europa – vuole sapere, guardando un cratere (un antico vaso usato per mescere vino e acqua per i banchetti, ndr), chi erano e cosa facevano i proprietari di quel cratere, com’era quella città a quei tempi. Abbiamo la fortuna di avere trovato in quest’area di scavo, quasi perfettamente conservate, testimonianze di un’epoca di grande vitalità, che oggi possiamo narrare e far vedere attraverso cantieri aperti al pubblico”.
Così, con lo stesso approccio divulgativo e rigoroso al tempo stesso, il Parco racconta la storia antica attraverso progetti educativi per bambini e ragazzi; con il Giadino della Kolymbetra, il paesaggio e le sue colture producendo prodotti come vino, olio, farine e, ultimamente, un panettone con canditi e mandorle della Valle dei Templi.