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Il culto del Duce

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L’Inghilterra espone e s’interroga ma non può capire

Il culto e la figura del Duce sono al centro di studi e  ricerche anche in Inghilterra, dove la storiografia, sia pure più  intenta a demolire che a capire, non cessa di scavare intorno a un tema
che l’affascina. Scriveva Richard Lamb nella sua eccellente analisi  Mussolini and the British (John Murray, 1997), “la popolarità di  Mussolini, soprattutto durante i primi anni al potere, non può essere  sopravvalutata. Era dotato di un notevole charme e di una personalità  ipnotica. La sua tecnica oratoria era superficiale, chiassosa e volgare, ma funzionava”.
E paradossalmente continua a funzionare, se con gli auspici dell’Arts  and Humanities Research Council è stato lanciato un progetto di ricerca  col titolo “The Cult of the Duce: Mussolini and the Italians, 1918-2005”, curato da Stephen Gundle dell’Università di Warwick con la collaborazione dello storico Christopher Duggan dell’Università di  Reading e Giuliana Pieri dell’Università di Londra, che si prefigge di  studiare in profondità l’impatto del culto della personalità di  Mussolini dal 1918 al 1945, e il persistere dei suoi effetti fino ai  nostri giorni. Un fenomeno non puramente politico, osservano gli storici  in questione, ma peculiarmente moderno e guidato nelle sue innumerevoli  sfaccettature da fattori che andavano oltre il regime stesso.
Al centro del progetto la rassegna aperta dal 23 settembre all’Estorick Museum di Londra, Against Mussolini: Art and the Fall of a Dictator  (fino al 19 dicembre), una disamina dell’arte antifascista prodotta in  Italia e all’estero prima del 1943 e subito dopo, che vuole far luce,  dicono gli organizzatori, su una pagina ancora poco esplorata della  cultura moderna italiana. All’Estorick dunque è di scena il declino del  culto, con disegni, dipinti, satire e caricature che denunciano in modi  diversi le vanità della dittatura. Nell’insieme le opere, siano le satire che traducono il Duce in una figura grottesca e tragicomica  oppure le meditazioni sulla Guerra civile, presentano un raro spaccato delle reazioni delle arti figurative in un  periodo di transizione ancor oggi controverso.
(…)Il disprezzo viene dall’estero, nella prospettiva prevalentemente  anglosassone, con i disegni satirici pubblicati sulla rivista Punch e  con altre caricature che calcano sullo stereotipo del “carattere italiano”, il Duce “buffone”, il “Falstaff of the fascists”.. “L’impatto  in Italia delle caricature straniere fu quasi zero — osserva Stephen  Gundle -, ma all’estero ebbero il ruolo di formare e col tempo minare la  reputazione del fascismo e del suo leader”. Alla fine colpisce invece
l’intensità della tela The execution di Merlyn Evans, testimone oculare  dello spettacolo di Piazzale Loreto, le cui forme astratte contorte e sovrapposte, nei toni bruni, si tingono di un cupo espressionismo.

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