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Il lungo ponte sullo stretto

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Storia infinita e costi infiniti

Il ponte sullo Stretto di Messina è un’opera che da anni fa discutere la politica, l’economia e gli italiani in generale.
L’idea di una connessione fisica tra la Calabria e la Sicilia è molto antica, risale addirittura all’epoca dei romani, ma solo negli anni ’80 è stata ripresa seriamente dal governo.
Da allora, sono stati spesi milioni di euro per studi di fattibilità, progettazione e finanziamenti. L’unica certezza è che il ponte ancora non è mai stato costruito. Restano ancora vaghi e indefiniti i costi. L’incertezza è stata messa nero su bianco ora anche da un dossier della Camera dei deputati, il numero 64 del 9 maggio.
Quanto è costato il ponte sullo Stretto sino ad oggi: dal 1981 ad oggi
Il ponte sullo Stretto di Messina è un progetto ambizioso che ha richiesto molti studi di fattibilità e progettazione nel corso degli anni.
Secondo una ricostruzione dettagliata pubblicata su “Il Sole 24 Ore“, tra il 1981 e il 1997 sono stati spesi 135 miliardi di lire per vari studi di fattibilità.

Governo Berlusconi
Il governo Berlusconi ha poi dato il via ai lavori, aprendo nel 2003 il primo cantiere a Cannitello per l’ancoraggio dei cavi. Nel frattempo, il costo dell’opera è già salito a oltre 130 milioni di euro.
Nel 2007, la società Stretto di Messina è stata controllata all’81,84% da Anas (oggi parte di Ferrovie dello Stato) e partecipata da Rete ferroviaria italiana (Rfi), Regione Calabria e Sicilia.
Tuttavia, il progetto ha subito una serie di rallentamenti politici e di polemiche, con diverse forze politiche che si sono espresse contro la costruzione del ponte, soprattutto in relazione ai costi e alla sostenibilità ambientale dell’opera.

Governo Monti
Nel 2013, il premier Mario Monti ha deciso di chiudere la partita e la società Stretto di Messina è stata messa in liquidazione. Secondo il bilancio del 2013, ai 342 milioni da dare alla società Stretto di Messina fra penali e indennizzi, occorre aggiungere gli oltre 130 milioni spesi fra studi e gestione degli anni ’80 e ’90. Inoltre, ci sono stati risarcimenti di parti terze poiché non sono stati fatti accantonamenti a garanzia, ovvero le cause legali fatte alla Stretto di Messina.
Ad esempio, il consorzio che aveva vinto l’appalto Eurolink – capitanato da Salini Impregilo, oggi WeBuild, partecipata anche da Cdp (quindi dallo Stato) – ha in sospeso un appello con una richiesta di 657 milioni di euro per illegittimo recesso.
Inoltre, ci sono altre cause legali da affrontare, come quella da 90 milioni intentata da Parsons, colosso dell’ingegneria civile Usa.

I costi da sostenere in caso di realizzazione: si stimano 10 miliardi
Tuttavia, i costi già sostenuti per il Ponte sullo Stretto di Messina sono solo una parte del conto totale.
Secondo il progetto originario, il costo totale dell’opera sarebbe stato di circa 6 miliardi di euro, ma negli anni questo costo è aumentato, arrivando a 13,5 miliardi di euro, secondo quanto prevede un allegato del Def (Documento di Economia e Finanza). A tale costo vanno aggiunti i costi delle opere complementari e di ottimizzazione alle connessioni ferroviarie, lato Sicilia e lato Calabria, che dovranno essere oggetto del contratto di programma con Rfi. Si stima un costo di 1,1 miliardi.
Al finanziamento dell’opera, puntualizza il documento, “si intende provvedere mediante: le risorse messe a disposizione dalle Regioni a valere, in particolare, sui Fondi per lo Sviluppo e la Coesione; l’individuazione, in sede di definizione della legge di bilancio 2024, della copertura finanziaria pluriennale a carico del bilancio dello Stato; i finanziamenti all’uopo contratti sul mercato nazionale e internazionale: saranno a tal fine considerate prioritarie le interlocuzioni con finanziatori istituzionali quali la Banca europea degli investimenti e Cassa depositi e prestiti; l’accesso alle sovvenzioni di cui al programma Connecting Europe Facility – Cef (partecipazione al bando entro settembre 2023). Ricordiamo che giovedì c’era stato l’ok della commissione Trasporti a Bruxelles sul progetto.

Le critiche di Montecitorio
Ora sono arrivati anche i rilievi di Montecitorio, che lamentano la mancata indicazione dei costi di costruzione del ponte:
“Pur rilevando che la quantificazione dei costi dell’opera resta rinviata al futuro piano economico finanziario della concessione (e, in questo senso, la disposizione così introdotta non dovrebbe comportare effetti di carattere diretto ed immediato), tuttavia il meccanismo prefigurato dalla norma ha l’effetto di includere nel costo dell’opera nuove voci di spesa precedentemente non considerate in quanto i contratti caducati ope legis hanno cessato di produrre effetti e i relativi indennizzi, ai sensi dell’articolo 34-decies del DL n. 179/2012, avrebbero dovuto costituire l’unica pretesa dei soggetti interessati». In sostanza la norma, dice il dossier, produce nuovi effetti sui conti pubblici la cui definizione viene rinviata a una fase successiva. Tenuto conto di tali considerazioni, sia del fatto che i relativi dati dovrebbero essere disponibili, trattandosi di contratti già esistenti e noti alla parte contraente risulta necessario acquisire elementi conoscitivi circa gli effetti finanziari che le disposizioni in esame produrranno sul costo complessivo dell’opera, ciò anche in considerazione del fatto che, come già rilevato in occasione dell’esame del testo iniziale del decreto-legge in esame, ai sensi della direttiva del Parlamento europeo n. 2014/24/UE (attuata con il codice dei contratti pubblici di cui al D. Lgs. n. 50/2016) i contratti e gli accordi quadro possono essere modificati senza una nuova procedura d’appalto nei casi ivi previsti e purché l’eventuale aumento di prezzo non ecceda il 50% del valore del contratto iniziale (cfr. art. 106 del codice dei contratti pubblici)”.
In parole povere, dal decreto non ci comprendono i costi del progetto del ponte, sebbene il governo assicuri che l’opera non costerà più di 13,5 miliardi di euro. Inoltre, la Camera sta esaminando  la norma di adeguamento dei prezzi schizzati per via dell’aumento delle materie prime e dell’inflazione grazie agli indici Istat e a un aggiornamento “a corpo” parametrato in base alla media delle variazioni del valore dei primi quattro progetti infrastrutturali banditi da Rfi e Anas nell’anno 2022 (su 2021 e 2023).

 

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