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Il putsch di Monaco

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Che accadde quel 9 novembre 1923

Il putsch del 9 novembre 1923 non fu organizzato, come comunemente ed erroneamente si racconta, da Hitler, che intervenne invece per rettificare in corsa un progettato colpo di Stato separatista monarchico. Il luogo d’incontro dove Hitler prese il sopravvento, comune a varie destre, era la Bürgerbräukeller.
Oggi è stata rasa al suolo. Alla commemorazione del 1939 la birreria era stata danneggiata da un’esplosione causata da uno stragista antinazista che aveva provato a far saltare in aria il Cancelliere e i presenti, tal Johann Georg Elser, ora considerato “un vero eroe tedesco”. Da non confondere evidentemente con i vigliacchi che anziché seminare esplosivi nella folla combattevano soltanto contro i carri armati nemici.
Dal 1940 le commemorazioni del Putsch si tennero  alla Löwenbraukeller in Stieglmaierplatz.
La  Bürgerbräukeller che si trovava nella Rosenheimerstrasse, al numero 15, fu poi definitivamente demolita nel 1979. Ora lì abbiamo l’Hilton City Hotel.

Cosa avvenne? Una volta presa la testa della sommossa e avendole tolto la direzione reazionaria e monarchica, il capo del Nsdap fu costretto a improvvisare.
Dopo una serie di adesioni e defezioni delle diverse destre, i “congiurati”, guidati da Hitler e da Ludendorff decisero di provare ad occupare la città dove vari gruppi d’intervento si erano avviati a conquistare dei punti-chiave.
Un corteo di tremila uomini, alcuni dei quali armati, si diresse verso il centro imboccando il ponte sull’Isar più vicino alla birreria,  il ponte Ludwig che porta nella Zweibruckenstrasse.
Sul ponte, dei militi con la mitragliatrice sbarrarono il passo agli insorti ma dopo che Göring parlamentò li lasciarono passare senza sparare un colpo. La vulgata parla di un bluff di Göring che avrebbe minacciato di far fucilare dei presunti quanto inesistenti ostaggi, ma è da pensare altresì che i militi simpatizzassero per gli insorti e in particolare che provassero soggezione verso il luogotenente del Barone Rosso.

Passata la Isartor, attraverso il Tal raggiunsero Marienplatz. Qui Streicher, venuto da Norimberga, stava arringando la folla. Resosi conto dell’insurrezione, abbandonò il comizio e si unì ad Hitler.
Intanto nessuno dei gruppi d’intervento si era mosso tranne quello nazionalsocialista, guidato da Röhm, che aveva occupato il Ministero della Guerra. Era assediato dall’esercito ma, conoscendosi e stimandosi da ambo i lati, nessuno aveva osato aprire il fuoco.
A quel punto Hitler e Ludendorff decisero di portare la colonna degli insorti incontro agli assediati e di risolvere la situazione.
Intrapresero la Residentzstrasse e giunsero fino all’ingresso della Odeonplatz dove la polizia, nel luogo ove vi è oggi una placca commemorativa, sparò.
Gli agenti evitarono di prendere di mira Ludendorff e il suo aiutante ma non il resto dei manifestanti. Göring fu ferito, Hitler, trascinato nella caduta da Scheubner-Richter che camminava sotto braccio a lui e che venne colpito a morte, subì una lussazione.
Streicher si comportò in modo particolarmente valoroso e, si dice, che fu per questo che conquistò la stima imperitura del Fuhrer.

I militanti uccisi furono Felix Alfarth, William Ehrlich, Anton Hechenberger, Andreas Bauriedl, Martin Faust, Wilhelm Wolf, Theodor Casella, Theodor von der Pfordten, Johann Rickmers, Karl Laforce, Oskar Körner, Max Erwin von Scheubner-Richter, Kurt Neubauer, Lorenz Ritter von Stransky-Griffenfeld, Klaus Maximilian von Pape, Karl Kuhn. Vennero subito gettati in una fossa comune; i loro corpi saranno traslati, dopo la vittoria della NSDAP, ai templi dell’onore, gli Ehrentempel progettati dall’architetto Paul Ludwig Troost nella Königsplatz (fatti saltare in aria dopo la guerra) vicino alla Braunen Haus di Monaco, sede centrale del partito.
La bandiera con lo svastica caduta a terra e macchiata col sangue dei caduti, la Blutfahne, sarebbe divenuta l’emblema più sacro del movimento e sarebbe stata usata nelle cerimonie per consacrare gli altri stendardi del partito. 

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