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Il silenzio di quelli del femminicidio

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Mentre qui si esaltano le contrapposizioni sessuali a capriccio nessuno si occupa di quanto accade lì

Un documento pubblicato oggi dalla Lega delle Donne di Birmania (WLB) denuncia almeno 100 casi documentati di stupri commessi da parte dei soldati birmani e avvenuti nelle aree “etniche” dalla dichiarazione del cosiddetto “cessate il fuoco” annunciato due anni fa.

Per 47 dei casi documentati si è trattato di stupri di gruppo, 28 dei quali si sono conclusi con la morte delle donne coinvolte, assassinate direttamente dai loro assalitori oppure lasciate morire a causa delle emorragie subite. Alcune delle vittime erano bambine, le più giovani avevano 8 anni.

Nel dossier sono coinvolte unità di ben 38 battaglioni dell’esercito, e i casi sono avvenuti in 35 differenti distretti. Queste cifre fanno ritenere che alla base di queste azioni ci sia ancora la precisa strategia seguita per decenni dal governo birmano finalizzata a terrorizzare, demoralizzare e distruggere le comunità etniche.

Questo è l’interlocutore con cui, secondo alcune associazioni democratiche, femministe, antifasciste e pacifiste dell’Occidente, i movimenti di Resistenza patriottica dovrebbero trattare, ovviamente deponendo prima le armi e rinunciando alla lotta. Ma cosa c’è nella testa di questi tristi figuri ? Troppo impegnati a stilare “documenti” (copia e incolla) sul “pericolo nero” e “tartarugato” nelle regioni Karen, scandalizzati per il fatto che chi porta farmaci, dottori e infermieri nelle aree etniche lo faccia passando clandestinamente il confine (e qui esce tutta la loro molle essenza borghese), si bevono passivamente la storiella del nuovo corso democratico birmano, la favola dei Generali diventati mammolette, la barzelletta della libertà portata dalle multinazionali. E vorrebbero darla da bere anche a chi sta pagando sulla propria pelle i crimini di cui sono complici.

Quello che sta succedendo in Birmania è una cosa seria. Non è roba da funzionari di sindacato, da portaborse di Maastricht, da finti rivoluzionari psicologicamente fragili.

L’unica speranza di pace per i Popoli di questa parte di mondo è legata alla determinazione e al valore di chi ancora combatte armi in pugno contro la violenza e l’oppressione.

Franco Nerozzi 

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