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Il vero problema è a Roma

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Gli errori di Salvini e Di Maio

Il quadro politico in Italia, dopo il tentativo di formare un governo a trazione Lega e 5 Stelle bocciato domenica dal Presidente della Repubblica, contiene degli spunti assai interessanti di riflessione.
Anzitutto va notato che dopo settimane di snervanti trattative tra i due partiti vincitori delle elezioni, gli “errori”, voluti o meno, compiuti da Salvini e Di Maio, sono stati almeno tre.
Il primo è stato di far trapelare alla stampa diverse bozze del famoso contratto con gli italiani, che hanno cambiato versione almeno tre volte, ma che ad un certo punto contenevano l’esplicita richiesta di rinegoziare il debito italiano con la BCE. Punto, poi, svanito nel dimenticatoio, ma non per tutti…
Anticipare in un contratto un punto non previsto nei rispettivi programmi elettorali per di più così dirompente, non poteva non mettere in allarme i paesi partner dell’Unione, Germania in primis.
Nonostante ciò, sia Macron che la Commissione Europea avevano salutato il varo del nuovo Governo con l’auspicio di una proficua reciproca collaborazione.
Cosa è successo poi è quindi frutto di dilettantismo politico o calcolo ben studiato?
Secondo “errore”: il Governo era stato presentato urbi et orbi, come politico a forte trazione rinnovatrice e marcatamente sovranista, ma a guidarlo è stato chiamato un “tecnico” semisconosciuto come Conte, che evidentemente doveva fungere da parafulmine di eventuali fallimenti.
Un premier comunque debolissimo che non aveva alcuna esperienza ne’ delle stanze del Palazzo ne’ tantomeno di Bruxelles e dei suoi meccanismi di funzionamento.
Terzo “errore”: si è invece insistito sul nome dell’antitedesco Savona, riesumato dopo quasi trent’anni di letargo politico, proprio in virtù della sua presunta influenza in Europa, dove peraltro in trent’anni molte cose sono cambiate dai tempi del Governo Ciampi. Tanto per dirne una, non esisteva neppure l’Euro nel 1992,tanto caldeggiato dal Savona stesso all’epoca dei suoi numerosi incarichi governativi e non.
Il balletto sugli altri nomi che sarebbero stati detti o meno, a seconda delle versioni quirinalizie o di Salvini e di Maio, non interessano granché, se non nella misura in cui evidenziano, ancora una volta, la tendenza tutta italiana alla reciproca querela facile. Di qui le stupidaggini sull’impeachment, dal sen fuggite alla Meloni, a Di Maio e ad altri che hanno la stessa consistenza giuridica di un ricorso al VAR in Roma-Lazio.
Quel che preme sottolineare, invece, è il grande danno all’Italia ed al suo peso politico internazionale che tutta questa vicenda sta recando. 
L’Italia è debole politicamente ed economicamente perché dagli anni sessanta non ha un ceto dirigente, né politico né imprenditoriale capace di gestire non solo le crisi, ma anche le fasi di crescita e di innovazione capitalistica.
In questi ultimi anni dopo la crisi del 2008, i bassi tassi di interesse, il quantitative easing della BCE e la ripresa degli investimenti hanno fatto sì che in tutta Europa, persino in Portogallo, sia ripresa la crescita, tranne in Italia, ed i motivi sono storici.
L’Italia, come detto, è rimasta ferma in termini infrastrutturali agli anni sessanta, ha rinunciato agli asset più significativi dell’industria sin dal 1992 (ricordate il yacht Britannia e la privatizzazione dell’IRI? ) e quando aveva la Lira dovette, ancora nel 1992, ricorrere allo SME( sistema monetario europeo) per salvarsi dalla speculazione di Soros che con Ciampi Governatore di Bankitalia, dovette bruciare un quarto delle riserve auree per mantenere a galla la moneta italiana.
Qualcuno, probabilmente in modo inconscio, oggi vorrebbe completare l’opera di consegnare definitivamente l’Italia alla speculazione internazionale sotto le mentite spoglie di un “sovranismo” pasticcione, incompetente e dal naso corto che si ammanta di un antigermanesimo d’antan e senza senso politico, e che a parole dice di volere un Italia più forte in Europa. E che, come contraltare, ha partiti cd “europeisti” come il PD e Forza Italia che in tutti questi anni non hanno fatto altro che impedire un’autonoma ed originale politica europea dell’Italia, se non a chiacchiere.
Il tutto non tenendo conto di alcuni fattori: essere antitedeschi e antiEuro sono due cose profondamente diverse. La prima posizione è insensata in termini geopolitici, culturali e politici per chi conosca l’abc della storia del Continente europeo ed evidentemente confonde struttura e sovrastruttura ( cioè il Governo tedesco in carica ed il ruolo vettore della Germania in Europa) consegnandoci al ruolo di deboli piagnoni, la seconda si può discutere, ma tenendo presente per realismo politico, che l’unico ancoraggio attuabile al momento nei mercati valutari internazionali, nel caso di ritorno alla Lira, sarebbe al dollaro, come qualsiasi paese sudamericano in crisi negli anni ’90.
Il peso politico dell’Italia in Europa si ottiene prima di tutto a Roma e in seconda battuta a Bruxelles, avviando un’inversione di rotta rispetto alla politica assistenzialista e clientelare degli ultimi 70 anni, avviando un processo di modernizzazione industriale e delle infrastrutture con asset strategici in mano pubblica, e non svendendo il patrimonio pubblico ai partner della Morgan Stanley o della Goldman Sachs, come è avvenuto in Italia dagli anni ’90, attraendo gli investimenti al Sud liberando quella parte del paese dalla criminalità organizzata che impedisce ogni sviluppo, utilizzando finalmente i fondi europei come si è fatto per l’ammodernamento (durato 30 anni!) della famigerata autostrada Salerno-Reggio Calabria. Tutte queste cose si decidono a Roma, non a Bruxelles e tantomeno a Berlino.
Un ultima notazione: i mercati internazionali di cui si parla tanto non sono a Bruxelles ma sono i terminali di un mercato finanziario mondializzato in cui i principali operatori sono le banche d’investimento angloamericane ed i fondi pensione americani. Anche per difendersi dagli attacchi speculativi di queste entità è nata la moneta unica europea, con tutti i suoi difetti. Questo va tenuto sempre a mente e lo dovrebbero tenere a mente sia i partiti che ci hanno ridotto a debolissimi partner in Europa, ma anche la Lega e i 5 Stelle. Tutto il ceto politico nostrano, da sinistra a destra, a forza di tatticismi politici ad uso interno e di scarsissima profondità strategica, potrebbero consegnare l’Italia a breve ad essere facile preda della speculazione mondiale. Con conseguenze disastrose per tutti, ed allora, sarà inutile prendersela con qualcuno a Bruxelles o a Berlino. Il nostro  problema è a Roma.

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