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Poco e niente torna nella ricostruzione delle stragi norvegesi

Un attentatore autodidatta oppure una persona inserita in un gruppo strutturato e organizzato in Norvegia? All’indomani degli attacchi di Oslo sono tanti i dubbi sulla dinamica di quanto accaduto e su Anders Behring Breivik, l’uomo arrestato per l’autobomba ad Oslo e per la strage sull’isola di Utoya.
Ma per il generale del Genio Fernando Termentini, considerato uno dei massimi esperti italiani di esplosivi, è difficile pensare che l’uomo abbia fatto tutto da solo: “E’ necessaria la massima cautela per capire cosa effettivamente sia successo e le origini ed i possibili collegamenti eversivi dell’attentatore. Qualsiasi ipotesi allo stato attuale è lecita, meno quella che ci troviamo di fronte ad ‘un artigiano autodidatta’ che ha agito da “lupo solitario'”.
“Sicuramente – spiega il generale in pensione – l’attentatore è persona preparata nel settore esplosivistico, se viene confermato l’utilizzo di fertilizzanti per preparare la carica esplosiva. Si tratta di tecniche non semplici e che richiedono anche attrezzature adatte. Molti di questi prodotti chimici sono caratterizzati da sostanze di base comuni a molti esplosivi anche potenti e la cosa è nota agli “addetti ai lavori'”.
Ma è un altro l’elemento che rende poco convincente l’ipotesi che Breivik abbia fatto tutto da solo. “Se venisse confermato che è stata utilizzata una grande quantità  di esplosivo, i dubbi sui possibili collegamenti di chi ha compiuto l’attentato e di un supporto logistico a suo favore, aumentano in quanto per ottenere l’esplosione di una grossa carica, peraltro artigianale, occorre un’azione innescante potente, cioè detonatori che non possono essere autocostruiti né è semplice trovare sul libero mercato, a differenza dei fertilizzanti”.
Detonatori che per essere utilizzati “con efficacia ed in sicurezza richiedono una precipua preparazione”, e per un’esplosione come quella di Oslo ne sarebbe servito “un numero considerevole”.
Gli altri dubbi riguardano l’autobomba: se ne parla “ma dalle immagini che è dato vedere, non si riscontrano crateri sulla strada, residui di autovetture o quanto altro di simile e peraltro nel caso specifico per ottenere gli effetti che sembra siano stati raggiunti si deve parlare di un camioncino piuttosto che di un’autovettura seppure di grosse dimensioni”.
E non è tutto: “I danni provocati sull’edificio concorrono inoltre ad aumentare i dubbi. Le immagini riportano un palazzo con i vetri rotti, gli infissi divelti, molti calcinacci sparsi sulla strada, ma i danni strutturali più evidenti sono evidenti in una zona di spigolo dell’edificio sicuramente al terzo-quarto piano, mentre i sottostanti piani seppure molto danneggiati evidenziano solai integri e strutture portanti non toccate dall’esplosione”.
E invece “nessuna autobomba puà provocare un danno concentrando l’efficacia dell’esplos ione su un punto alto di un edificio lasciando di fatto sostanzialmente integri i sottostanti. Basta pensare alle immagini di via d’Amelio: distruzione a livello piano stradale, pezzi dell’autobomba da tutte le parti in un largo raggio, pochissimi i danni strutturali all’edificio se non la rottura dei vetri e qualche danno alla facciata a livello primo-secondo piano”. 

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