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In missione suicida

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I nostri immolati all’uranio impoverito per difendere gli interessi degli atlantici

 

In questi giorni l’attenzione dei media è tornata sull’ uranio impoverito, dato il numero dei decessi che continua a crescere  tra i militari Italiani.
Circa 300 tonnellate di questo minerale sono state esplose durante la prima guerra del Golfo e quantità altrettanto rilevanti sono state impiegate in Bosnia, nella guerra del Kosovo e nell’Operazione Enduring Freedom.
Infatti per “Sindrome dei Balcani” si intende quella serie di malattie, per lo più linfomi di Hodgkin e altre forme di cancro, che hanno colpito i militari italiani al ritorno dalle missioni di pace internazionale.
Il Ministero della Difesa ha sempre negato che i contingenti italiani abbiano fatto uso di munizioni all’UI, ma restano da spiegare i numerosi casi di tumore che si sono verificati tra il personale militare e civile delle basi militari, soprattutto in Sardegna. Al momento non esiste un trattato ufficiale sul bando delle armi all’uranio impoverito, né leggi internazionali che le vietino espressamente.
Secondo i dati della Direzione di Sanità militare, sono 255 i malati di cancro, tra i militari italiani che negli ultimi dieci anni hanno partecipato a missioni all’estero, nei Balcani, in Afghanistan, in Iraq e in Libano nel periodo 1996-2006, 37 sono deceduti.
Questo è quanto emerge dai dati ufficiali diffusi dal ministro della Difesa , nel corso di un’audizione davanti alla commissione d’inchiesta sull’Uranio impoverito del Senato.
Numeri, questi, assai inferiori rispetto a quelli forniti dall’Osservatorio militare che, infatti, li contesta frontalmente e parla di almeno 2.500 malati e 150 morti.
Il Ministro assicura anche che nell’impiego di soldati “in zone critiche”, la Difesa “sta applicando ogni misura precauzionale”. Sono stati già stanziati centosettanta milioni di euro  per risarcire le vittime del dovere, compresi i militari italiani morti o malati per presunta contaminazione da uranio impoverito.
La somma, ha spiegato il ministro  è stata stanziata dal decreto legge del 28 settembre scorso, con cui viene rifinanziata la legge riguardante le vittime del dovere. La legge si applica anche a chi ha riportato infermità conseguenti a causa di servizio. Una causa di servizio, ha spiegato il Ministro, il cui riconoscimento è meno complesso che in passato, perchè basato solo ” sull’evidenza di partecipazione ad attività in particolari condizioni di ambiente operativo “.
C’è insomma “una presunzione di causa, fidando nel fatto che se non è possibile dimostrare una chiara connessione causa-effetto, non è neppure possibile dimostrare il contrario.”
Per identificare eventuali responsabilità dei vertici militari italiani e della Nato, il Governo italiano ha istituito una Commissione d’inchiesta al Senato sull’UI.
La relazione tecnico-scientifica ha stabilito che “non sono emersi elementi che consentano di affermare che le patologie in questione siano da attribuire ad effetti tossicologici o radiologici derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti o alla contaminazione chimica dovuta a questo tipo di munizionamento”.
I primi casi segnalati in Italia risalgono al 1999, quando il soldato cagliaritano Salvatore Vacca morì di leucemia al ritorno della missione in Bosnia.  Molti studi sulla Sindrome dei Balcani e sulla Sindrome del Golfo indicano le nanopolveri inorganiche (non necessariamente contenenti uranio), indipendentemente dalla loro tossicità, come possibili cause delle patologie.
Eppure è dimostrato che l’UI è un metallo pesante radioattivo: il contatto diretto e prolungato con munizioni o corazzature all’UI può causare effetti clinici nefasti e raggiunge il suo massimo potenziale di danno quando frammenti o polveri penetrano nel corpo.
La tossicità chimica dell’UI rappresenta la fonte di rischio più alta a breve termine, ma anche la sua radioattività può causare problemi clinici nel lungo periodo. Il pericolo principale di contaminazione è l’inalazione, seguito dal contatto e dall’assorbimento mediante il ciclo alimentare o attraverso l’acqua. Un pericolo particolare deriva dall’incorporazione di particelle di uranio impoverito attraverso le ferite, che le porta direttamente a contatto con i tessuti vitali.
Perchè quindi la Commissione d’inchiesta si è dimostrata così scettica sul rapporto causa-effetto?

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